Sono il padre con un figlio gay come devo comportarmi in un ambiente di lavoro omofobo?
Articolo di Karen Thompson pubblicato sul sito My Kid is Gay (Stati Uniti), liberamente tradotto da Chiara Benelli
“I miei colleghi fanno dichiarazioni omofobe in mia presenza, e a me dà un gran fastidio, ma non me la sento di dire loro che sono il padre di un figlio LGBTQIA, perché non sono cose che li riguardano. Come posso farli smettere?” Anonimo
Karen Thompson risponde:
Ricordo quando questa situazione l’abbiamo vissuta io e mia figlia. In quel momento prestavo servizio sulle ambulanze, e anche se la compagnia per cui lavoravo era abbastanza tollerante, c’erano comunque colleghi che dicevano cose molto brutte quando i dirigenti non sentivano.
Ricordo ancora di un incidente avvenuto durante l’annuale parata del Gay Pride. La sfilata ha sempre seguito lo stesso itinerario; quell’anno, la sera prima dell’evento, qualcuno sparse del letame di cavallo lungo il percorso, in modo che i partecipanti dovessero camminarci sopra. Questo fatto ha avuto una forte eco a livello regionale.
La mattina dopo, uno dei medici di turno entrò in ufficio e strinse la mano a un mio collega, visibilmente divertito da quello che era successo a “quei froci e alla loro parata”. Non molto tempo prima di questo fatto, mia figlia transgender si era confidata con me sul suo genere. Non lo sapeva nessuno al lavoro e, proprio come te, io non sapevo se dovevo comunicarlo, anzi non sapevo nemmeno se volevo comunicarlo. Era tutto ancora molto nuovo per me, e anche se ero certa di amare mia figlia, sinceramente non ero del tutto sicura di come fare per difenderla, o per difendere noi stessi. Sono rimasta immobile mentre il dottore e il mio collega se la ridevano sotto i baffi. Non ero coinvolta in quella conversazione, ma sentivo comunque ogni loro parola.
Tenni a lungo nascosto il processo di transizione di mia figlia a colleghi e familiari. Non ero pronta, non sapevo cosa avrebbero detto la gente, come ci avrebbero giudicato e, nello specifico, come avrebbero giudicato me come madre.
Ci è voluto un po’ prima che mi sentissi abbastanza sicura e forte da dire al lavoro che mia figlia era transgender. Ma vivere una doppia vita è dura, e alla fine tenere nascoste le cose iniziò a fare più male che raccontarle.
Piano piano, iniziai ad aprirmi con coloro che consideravo più di semplici colleghi. Poco alla volta, raccontai tutto su mia figlia. Ho incontrato persone straordinarie, comprensive nei confronti di mia figlia e della sua identità. E non solo, furono tutti molto comprensivi anche sulle mie dichiarazioni pubbliche da madre.
Ma prima di considerare questa opzione valida anche per te stesso, è importante che ne parli con tuo figlio e cerchi di capire se è pronto a farlo sapere anche alla tua cerchia di amici e conoscenti. Magari non lo è, e non ci sarebbe nulla di male. Ma se entrambi invece lo siete, inizia parlandone con qualcuno al lavoro, qualcuno che secondo te possa comprendere e che magari si sente a disagio tanto quanto te di fronte ai commenti omofobi.
Se non sei pronto a dire apertamente al lavoro che sei il genitore di un figlio LGBTQIA, o se tuo figlio non è pronto a condividere queste informazioni con i tuoi conoscenti, puoi comunque rispondere ai commenti senza necessariamente rivelare nulla della tua vita privata.
A volte buttare lì un commento a favore della comunità LGBTQIA su una notizia che hai sentito, per esempio, può dare inizio a un dialogo, o accendere una spia in qualcun altro che, come te, è infastidito dai commenti omofobi. Non so di chi sia questa frase, ma una volta ho letto che la rivoluzione inizia con un sussurro. È stata una rivelazione importante per me, forse anche più importante di tutti i proclami altisonanti che spesso leggiamo nelle relazioni ufficiali.
Ci vuole tempo per lavorare su questa forma sottile di farsi sentire, e inizialmente può sembrare un modo nascosto o indiretto di agire. Ma alla fine si tratta di trovare un modo per esprimerti che ti metta a tuo agio. Forse, come a me, nemmeno a te piace urlare, o parlare come un fiume in piena.
Questo metodo si adatta bene a una personalità come la mia, che rifugge lo scontro aggressivo e si caratterizza per uno spiccato timore a esprimere un’opinione contraria, per paura di venire emarginata. Sono molto più brava a esprimere un’opinione contraria se parlo in privato con qualcuno; considero quella conversazione privata come la base di partenza per un cambiamento più incisivo nell’opinione generale del mio interlocutore.
È anche un buon metodo per trasformare un’ondata di dicerie in un elemento che ti sia favorevole e non sfavorevole. A meno che tu non chieda esplicitamente di mantenere il segreto, magari la persona con cui ti confidi potrebbe dire a qualcun altro come la pensi sulla libertà che dovrebbero avere secondo te le persone LGBTQIA di vivere la propria vita apertamente, con i diritti fondamentali di cui godiamo tutti. La notizia potrebbe poi arrivare all’orecchio di altre persone nel tuo ufficio, e quando finalmente tutti si renderanno conto che non sei l’ascoltatore ideale dei loro commenti omofobi, tendenzialmente cercheranno di non farlo più in tua presenza, perché non troveranno il consenso di cui vanno in cerca.
Ricapitolando, io non posso sapere com’è il tuo luogo di lavoro, o se magari è quel tipo di ambiente in cui essere sostenitore della comunità LGBTQIA può portare a conseguenze che non ci si può permettere di pagare. Ti auguro però di poter stare sempre al sicuro e di poter sempre fare quel che senti sia meglio per te e per tuo figlio.
Penso però che a un certo punto, se le tue intenzioni sono quelle di rimanere nel luogo in cui lavori, dovrai trovare un modo per essere ciò che sei davvero, che concili la tua vita familiare con la tua vita professionale. Personalmente non avrei mai accettato che si parlasse male dei bambini con disabilità, degli anziani o delle persone di colore, e questo mi ha aiutato a capire come avrei dovuto rispondere a tutti i commenti di odio nei confronti delle persone transgender come mia figlia. Per il suo bene, volevo solo che la smettessero, e che lei potesse vivere in un mondo più sicuro, e ho dovuto trovare un modo per farlo.
Testo originale: Lidiando con Compañeros de Trabajo Homofóbicos