Betlhel, il gruppo di credenti omosessuali di Genova boccia monsignor Rigon
Articolo di Miriana Rebaudo tratto da Corriere Mercantile del 22 febbraio 2011, pag.21
Non è facile essere gay ma nello stesso tempo credere nella parola di Cristo, continuando a sentirsi parte della chiesa.
Lo sanno benissimo i membri del gruppo Betlhel (che in ebraico significa ‘la casa di Dio’) che si riuniscono in una parrocchia genovese per discutere della loro situazione, confrontarsi e pregare insieme.
Erano una decina solo due anni fa, si sono già triplicati oggi: “Alle riunioni variamo da 25 a 30” dice Laura Ridolfi, portavoce del gruppo di preghiera.
Per gli omosessuali cattolici (non sono pochi, sopratutto in Italia) e che intendono vivere la loro vita, le parole di monsignor Paolo Rigon, hanno causato uno sconcerto ancora più grande.
“La sua è un affermazione che non sta né in cielo, né in terra” osserva Ridolfi, con una frase che dice già tutto.
“Esiste un sito ‘terapie non riparative’ – prosegue – che dice già tutto su questo tema e nel quale l’Ordine degli psicologi si è espresso dichiarando la propria contrarietà ad intervenire con ‘cure’ nei confronti degli omosessuali. Questo perché, invece che guarire, producono danni”.
A fare male, però, è il fatto che, ancora una volta, si sono sentiti esclusi dalla loro chiesa.
“Diciamo che purtroppo siamo abituati a questi atteggiamenti; non ci aspettiamo grosse aperture” afferma Laura che, però, come tutti quelli del suo gruppo, non intende assolutamente rassegnarsi e racconta del progetto Gionata, nel quale tutti i gruppi di gay cattolici si riunisce e che ha anche un vivacissimo sito: “si è creata una rete”.
Quanto alle posizioni come quella espressa da monsignor Rigon, la reazione è netta: “Ognuno va per la propria strada, queste parole non toccano la nostra fede”.
Una fede che intendono vivere pienamente, senza rinunciare però ad avere una vita affettiva piena. “Noi vogliamo sentirci cristiani e cattolici a pieno titolo, non credenti di serie B” si legge sul sito di Progetto Gionata.
L’obbiettivo resta quello dell’accoglienza che peraltro lo stesso cardinale Bagnasco non ha mai negato.
“La chiesa non è contro i gay, non è contro nessuno, tantomeno contro le persone di qualsiasi orientamento sessuale esse siano” ha detto in più occasioni il presidente della Cei, condannando anche la violenza e l’aggressione omofobiche, specificando però che “la chiesa ritiene poi che la sessualità sia l’incontro tra persone di sesso diverso.
Si può non condividere questa lettura , ma la chiesa non può venire meno a questo dato, che propone a tutti senza discriminare nessuno”.
Quanto a Rigon, la portavoce di Bethel non ha dubbi: “Certe affermazioni non riescono a scardinare la nostra convinzione”.
“Non entro nel merito legato al problema delle cause di nullità – interviene don Piero – ma l’esperienza di due anni di incontro con uomini e donne che hanno faticato a ritrovare la loro identità scoprendosi omosessuali e lesbiche, mi pone di fronte ad un fatto umano tale che non mi permette di dare un giudizio, ma anzi mi porta ad accoglierli nella linea evangelica” per poi chiudere cosi: “Ho trovato persone che hanno sofferto.
Il gruppo non prende in considerazione chi ‘gioca’ con l’omosessualità o la maschera, ma chi deve fare i conti con se stesso”.
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