Come mettere fine alla cultura gay? Basta solo un po’ di tolleranza
Riflessione* tratta dal sito The New Republic del 24 ottobre 2005
Per tanti la cultura gay fatta di manifestazioni come il Pride, di locali a tema e di associazioni rivendicative è qualcosa di scandaloso. Mentre per molti gay è solo un ghetto dorato che, come ci ricorda questo articolo, sta scomparendo in quelle città degli Stati Uniti dove c’è la piena accettazione delle persone omosessuali. Peccato che gli stessi benpensanti che si scandalizzano della cultura gay poi lottino con tutte le loro forze perché i gay non escano dai loro ghetti. Come dire “vi accettiamo solo se non esistete”.
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La cultura gay sta lentamente ma inesorabilmente scomparendo. Partendo dalla descrizione di quello che avviene in una cittadina del Massachusetts, il giornalista conservatore Andrew Sullivan racconta com’è cambiata negli ultimi vent’anni la condizione degli omosessuali statunitensi, soprattutto nelle grandi città.
La visibilità sui mezzi d’informazione, i primi successi delle battaglie per i diritti civili e la diffusione di nuclei familiari gay hanno inserito gli omosessuali nel quadro sociale americano. Paradossalmente anche l’aids ha favorito questo processo: quella che poteva essere percepita come “la giusta punizione” per la comunità gay, ha finito per renderla più visibile, responsabile e unita. Inoltre la morte di una generazione di uomini omosessuali ha avuto l’effetto di farne emergere una di leader lesbiche.
Diversamente dalle comunità etniche, la minoranza gay nasce e cresce in seno alla maggioranza, e questo favorisce enormemente la sua integrazione. Il costo dell’assimilazione, però, è quello dell’inevitabile perdita di una specifica identità gay.
La cultura che per anni è stata il luogo e lo strumento di emancipazione di generazioni di attivisti tra qualche anno non esisterà più.
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* Traduzione e adattamento della rivista Internazionale