Come vivrà mio figlio che è gay in questa società così intollerante?
Testimonianza n.13 di Vaida, una madre lituana con un figlio gay, tratta da Tell it out (Dillo ad alta voce), libro di testimonianze di genitori con figli LGBT+ di tutta Europa realizzato da ENP – European Network of Parents of LGBTI+ Persons (Rete Europea di Genitori di Persone LGBTI+) con il supporto editoriale della Tenda di Gionata ed il contributo del Consiglio d’Europa, pubblicato nel 2020, pp.34-36, liberamente tradotta da Diana, revisione di Giovanna e Giacomo Tessaro
Mio figlio è meraviglioso. È bello, creativo, intelligente… ne sono molto orgogliosa. Ora siamo molto uniti. Ho saputo che era omosessuale pochi anni fa. Non fu una cosa inaspettata, avevo avuto la sensazione che fosse gay mentre lo vedevo crescere e diventare adulto. Ho provato un grandissimo shock quando ho pensato, “Oh Dio mio, come vivrà in questa società intollerante?”. Avrebbe potuto essere aggredito, picchiato, ferito o ucciso. Avevo letto sui giornali che tali cose potevano accadere.
Ero molto spaventata per la sicurezza di mio figlio.
Sopraggiunse un’ulteriore paura quando pensai a cosa avrebbero detto i miei amici più cari e i miei colleghi quando lo avessero saputo. Capivo che non avrei dovuto preoccuparmi dell’opinione degli altri, tuttavia non riuscivo a scacciare questo pensiero. Vivevo con questo assillo, e continuavo a pensare che l’avrei rivelato solo a persone fidate, non a tutti.
Mi sembra che il coming out di mio figlio non abbia modificato la mia vita: tutto è come prima, lo stesso figlio, gli stessi giorni, gli stessi minuti… Ma in realtà ho cominciato a interessarmi a parecchie cose, a partecipare a diversi eventi, sono diventata più attiva. Dico a mio figlio: “Se mi senti dire sciocchezze, fermami!”.
Non è stato lui a fare coming out, gliel’ho chiesto io. Lui ha risposto: “Sì. È come pensi”. Altre madri hanno pianto parecchio, io no. Prima del coming out mio figlio era chiuso, pensavo potesse far uso di droghe. Divenne tutto più semplice quando scoprii che non era così! Non mi sento colpevole. Altre madri dicono di sentirsi colpevoli, io no.
I giovani del suo quartiere non sono sorpresi, lavorano e vivono insieme, ma la maggior parte della generazione più vecchia ha ancora la vecchia mentalità sovietica, dove si educava secondo “regole” uguali per tutti, senza tener conto della diversità e della unicità di ogni persona. Se non si rientrava in queste “regole” si poteva finire in un ospedale psichiatrico o essere emarginato dalla società.
Sarebbe stato meglio se mio figlio avesse fatto coming out molto prima. Posso solo immaginare cosa ha passato. Avrebbe avuto bisogno del supporto di coloro che più gli erano vicini, ma non l’ha ricevuto a causa del suo silenzio. Quando lo abbiamo saputo in sostanza non è cambiato nulla, abbiamo solo smesso di parlare con le persone omofobe. Nessuno ha il diritto di giudicare e condannare.
Lasciamo che ciascuno possa vivere la propria vita! Per me è difficile accettare coloro che giudicano e condannano gli altri. I miei valori sono diversi. Sono diventata più comprensiva ed empatica nei confronti degli altri.
Ora, quando sento qualcuno che giudica o sottopone ad atti di bullismo gli altri, non scappo più, esprimo la mia opinione. Non a tutti può piacere il mio comportamento, ma se viene accettato sono contenta. Quando i miei colleghi e le mie conoscenze discutono su pubblicazioni di argomento LGBT, sento dire molte schifezze. I discorsi omofobi sono come un coltello piantato nel cuore.
Nessuno mi parla direttamente di mio figlio, ma io mi tengo alla larga dalle persone omofobe. Ascolto le loro opinioni e sono disperata per questa società intollerante in cui viviamo.
Parecchi anni fa mi sentivo molto sola, e avrei desiderato incontrare altre mamme nella mia situazione per conoscere i loro pensieri e come si comportavano con i loro figli. Ora siamo in parecchie nel gruppo, ma il gruppo non si allarga. Le ragioni potrebbero essere tante. Per esempio, noi ci ritroviamo a Vilnius, e le madri vivono in tutta la Lituania. Gli incontri sono gratuiti, tuttavia viaggiare costa. Se non sono i soldi, forse le blocca il timore di esporsi. Magari dubitano… di aver bisogno di sostegno.
Quando ho incontrato le altre madri per la prima volta, mi aspettavo di vedere delle donne in difficoltà, riservate, spaventate, e invece ho trovato donne aperte e desiderose di confronto. Siamo subito diventate amiche. Naturalmente per alcune è più facile parlare, per altre più difficile, ma nessuna è obbligata. Forse perderò delle amicizie a causa dell’omosessualità di mio figlio; il futuro mostrerà se erano vere amicizie, ma ne ho già trovate di nuove.
Alle altre madri vorrei suggerire di leggere, interessarsi dell’argomento, perché la paura nasce dall’ignoranza, e di non avere sensi di colpa (anche se non è facile!). La partecipazione ad un gruppo aiuta ogni componente a sentirsi meno sola, ad approfondire argomenti di interesse comune, ad essere più serene. Insieme è più facile cambiare la società.
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