Cosa è stato il gruppo Davide di Parma, per noi genitori cattolici con figli LGBT
Testimonianza a più voci del gruppo Davide di genitori cattolici con figli LGBT e i loro familiari di Parma
A quattro anni dalla nascita del gruppo Davide, sentiamo di dover raccontare quanto abbiamo potuto scoprire e sperimentare nel nostro cammino fatto insieme come credenti tra genitori con figli LGBT e persone gay (il nostro gruppo infatti è formato da sette coppie di sposi e da tre persone gay, due delle quali, nel cammino, si sono unite civilmente).
Quando pensi nella tua vita di aver trovato tutte le risposte giuste, ecco che la vita ti cambia le domande, come spesso ci ricorda la nostra amica Mara.
E’ stata la domanda di uno dei nostri figli “Ma voi cosa fate per me e per quelli come me?” a cambiare la nostra vita di genitori facendoci uscire allo scoperto.
E’ bastato semplicemente che una coppia manifestasse in modo pubblico la loro condizione di genitori credenti con un figlio gay che altre coppie si sono avvicinate confidando la loro realtà di genitori di ragazzi e ragazze omosessuali. Dopo un ritiro di riflessione e preghiera a Torrazzetta, da lì è iniziato il nostro cammino.
Come è successo?
Nella nostra esperienza, dopo quella manifestazione pubblica, sono stati gli incontri personali, gli inviti a cena, il parlare e l’aprirsi cuore a cuore, il passa parola, le modalità che ci hanno permesso di scoprire di non essere soli.
La solitudine infatti e il senso di fallimento chiudono anche i genitori in un “armadio” da cui è molto difficile uscire. Dopo il proprio coming out, i figli “escono dall’armadio” del nascondimento e vi entrano i genitori con senso di disperazione e fallimento.
Con la nascita del gruppo Davide a Parma abbiamo iniziato ad incontrarci mensilmente per condividere le nostre vite con le sue ansie e preoccupazioni ma anche con le sue gioie e scoperte accogliendo come un dono prezioso le esperienze di ognuno.
La solitudine e la disperazione sono state vinte. Siamo usciti dall’armadio ed abbiamo ritrovato il sorriso. Abbiamo sperimentato dapprima la gioia di sentirci ascoltati, di sentirci accolti, di non sentirci più soli.
Riflettendo e pregando sulla Parola di Dio abbiamo poi capito come il Padre dei cieli ami i nostri figli e figlie, come ama ciascuno di noi, proprio così come sono e che anche per loro ha disegnato lo stesso nostro progetto d’amore: scoprire la felicità di essere amati per potersi aprire al dono di sé, per poter amare.
Abbiamo toccato con mano ancor di più la bellezza, la ricchezza, il profumo della diversità che ogni figlio emana perché unico e prezioso racchiudendo in sé un progetto speciale che noi genitori dobbiamo con lui scoprire ed accompagnare.
Questo ha rasserenato i nostri animi di genitori preoccupati della loro felicità, ma anche del fatto che potessero perdere la fede (come purtroppo ancora accade) sentendosi allontanati o rifiutati dalla comunità cristiana.
Chi abbiamo incontrato? Quali esperienze abbiamo vissuto?
In questo cammino abbiamo incontrato in varie città italiane gruppi di ragazzi e ragazze credenti LGBT potendo così sperimentare la forza della loro ricerca di una vita di fede. Questo ci ha fatto scoprire un dono prezioso che quest’esperienze porta in sé e che può essere offerto alla Chiesa tutta: sperare contro ogni speranza; vivere la speranza nella mitezza, senza proclami né pronunciamenti.
Non possiamo tacere della bellezza dell’incontro con altri genitori che, ”usciti dal loro armadio”, hanno potuto accogliere e ri-abbracciare figli e figlie, magari dopo lunghi anni di incomprensioni.
Accogliere e sostenere genitori in difficoltà è stato anche il modo che la Provvidenza ci ha indicato per creare una rete in cui l’amicizia è diventata palpabile con uno stretto legame da un capo all’altro dell’Italia.
Inoltre abbiamo incontrato molti pastori ed anche responsabili di movimenti e di realtà educative giovanili e con tutti abbiamo posto una domanda che riteniamo cruciale.
Come possiamo accogliere ed amare e valorizzare questi nostri figli e figlie nella comunità cristiana se non accogliamo il loro amore? il loro diverso modo di amare? Come?
Ancor più siamo stati coinvolti e messi in discussione quando una coppia di persone gay del nostro gruppo Davide ha deciso di celebrare la loro Unione Civile chiedendo ad uno di noi di essere il pubblico ufficiale di tale celebrazione.
È stata una scelta ponderata e sofferta nei confronti della Chiesa: ha prevalso il convincimento di non poterli lasciare soli, di condividere con loro sogni e speranze.
Da genitori come potevamo non gioire di un rapporto stabile? Come non condividere la gioia del dono reciproco di sé all’altro, dono che vuole essere fedele, unico, capace di farsi carico dei suoi bisogni? Come non provare gioia per un amore che decide di essere manifesto e desideroso di contribuire al bene dell’altro e al bene comune?
Quali difficoltà abbiamo incontrato?
Abbiamo chiaro che il Signore facendoci vivere e quindi scoprire questa realtà, ci ha chiesti di uscire dalla nostra terra fatta di certezze per inoltrarci in terre sconosciute, attraverso vie spesso inesplorate, ma fidandoci della sua Parola: ”Và dove Io ti mostrerò….” “E vidi un cielo nuovo e una terra nuova: il cielo e la terra di prima infatti erano scomparsi…”.
È chiaro inoltre che è un andare spesso a tentoni, talora su sentieri che possono rivelarsi infruttuosi tuttavia ricchi di incontri preziosi per la verità dei cuori che si aprono, delle storie che si incontrano, delle scoperte che si condividono.
E’ un continuo esercizio all’ascolto di quanto lo Spirito ci dice attraverso la Parola e il Magistero ma anche attraverso le persone e i fatti che si presentano: è un continuo processo di discernimento all’interno del nostro cuore e nelle coppie, nel gruppo.
E’ l’incontro con la realtà delle persone, di questi nostri figli e delle loro vite che ha cambiato il nostro modo di vederli e ci spinge a raccontare quanto abbiamo sperimentato.
La bellezza e la felicità che essi provano di amare e di sentirsi amati; di sentirsi inseriti a pieno titolo nel progetto d’amore del Padre su di loro.
Non possiamo tacere che hanno vissuto e vivono questa realtà anche come una opportunità e una tensione verso i bisogni dell’altro e degli altri, di chi è in difficoltà, per non chiudersi in un compiacimento di sé.
Dobbiamo raccontare come essi siano capaci di relazioni vere, fondate sulla fedeltà reciproca e portatrici di bene per sé e per l’altro e come l’amore dell’altro, comunque diverso da sé, sia percepito quale segno dell’amore del Padre.
È chiaramente un diverso modo di amare, una relazione d’amore diversa, ma non per questo meno intensa, vera, liberante, costruttiva e degna di essere vissuta. Questo abbiamo potuto vedere, udire, toccare nelle loro vite.
Inoltre il gruppo Davide ha scelto come strada maestra la visibilità, partecipando ad incontri e convegni, facendosi parte attiva nella organizzazione del Forum Nazionale dei credenti omosessuali di Albano e di tanti altri incontri in tutta Italia.
Visibilità intesa quindi come servizio ma anche come espressione di dignità: uscire dal nascondimento, dalla realtà negata, risulta essere uno dei cardini della nostra scelta di gruppo.
Visibilità intesa anche come verità e libertà nei rapporti tra di noi: dirsi sinceramente quanto pensiamo e viviamo, con “parresia” è stato un altro dei punti cardine del nostro percorso.
Infine nella tensione che abbiamo sempre avuto di tenere stretti con una mano i nostri figli e figlie e con l’altra la Chiesa, abbiamo incontrato più volte diversi pastori ed il Magistero in un dialogo sincero e franco fatto di aperture ma anche di chiusure sofferte.
Queste ultime ci fanno dire che dobbiamo ancora camminare, ricercare, ascoltare, pregare come pure testimoniare fedeli alla voce della coscienza, per vivere la nostra fede nella realtà che ci è data anche in virtù della Grazia dello stato di genitori.
Questa esperienza come ci ha cambiati?
Si, siamo cambiati. È stato per noi il modo che la Provvidenza ci ha offerto per diventare sposi migliori: l’essere l’uno per l’altro; il farci sostegno l’uno dell’altro; il condividere appieno speranze, gioie, fatiche e dolori.
È stato anche il modo che abbiamo avuto per vivere una genitorialità rinnovata e allargata: accogliere i nostri figli nella loro realtà è stato come generarli per la seconda volta. Accogliere, sostenere, incoraggiare altri genitori e altri figli e figlie è stato per noi come diventare genitori per la terza volta.
Questa esperienza ci ha fatto anche crescere nel cammino di fede, in un incontro più autentico e profondo col Signore, con la sua Parola, nella incessante richiesta di conoscere e fare la sua volontà in questa realtà che ci è data via via di scoprire e di vivere.
Ci ha inoltre aperto il cuore, gustando la bellezza della diversità e sostenendo chi, a motivo della sua omosessualità, è stato allontanato, deriso, negato.
Un cuore più aperto che è diventato sensibile e attento anche ad altre realtà di emarginazione come i poveri e gli stranieri, ha cambiato il nostro sguardo dapprima miope ai bisogni e intrappolato da stereotipi e aspettative distorte, in uno sguardo benevolo, capace di accoglienza e libertà, di fiducia e di speranza, che non ha paura di imbattersi nella dignità umana là dove si trova e di incontrarsi veramente con l’altro.
Ecco il motivo per cui ringraziamo spesso il Signore e ci sentiamo genitori fortunati.
Cosa pensiamo di fare?
Per parte nostra intendiamo proseguire in un cammino di visibilità, con testimonianze e riflessioni che ci auguriamo utili a costruire un ponte che attraverso due corsie, di andata e ritorno, possa unire la Chiesa con i suoi figli “diversi”, ma sempre oggetto dell’unico amore del Padre.
Aiutare la nostra Chiesa ad essere più bella e accogliente ed aiutare i nostri figli nel sentirsi amati ed accolti a scelte di vita consapevoli, ecco il nostro principale intendimento. Desideriamo farci compagni di ricerca e di avventura degli uni e degli altri, dicendo a voce alta che ogni vita è degna e merita di essere vissuta appieno.
Vogliamo anche contribuire con le Istituzioni e chiunque Ente, Associazione o persone di buona volontà, a diffondere nella società un clima di rispetto e di accoglienza reciproca, ognuno con le proprie bellezze e diversità, per costruire insieme quel Bene Comune in cui tutti possano trovare casa.