Cronache celesti. Venerabilis, un sito che sembra una gogna
Articolo di Filippo Di Giacomo tratto da Il Venerdì di Repubblica del 15 marzo 2013, pp.24-25
La parte più pruriginosa del presunto rapporto segreto che i cardinali Herranz, Tomko e De Giorgi hanno illustrato ai loro colleghi in questi giorni? Riguarda un sito web: il nome è in latino, il dominio è in un isola del Pacifico e i navigatori sono tutti in Vaticano. Si chiama http://venerabilis-fraternity.blogspot.it, il sito gay della «fraternità omosessuale dei preti cattolici» che abitano le stanze del potere d’Oltretevere.
E che si tratti di persone che maneggiano le carte importanti risulta agevolmente dalla lettura dei fatti a cui i navigatori fanno riferimento. Notizie in teoria riservate a chi gestisce il personale della segreteria di stato, cioè a chi lavora, oppure ha lavorato, nelle stan-ze alte del Vaticano.
E che trasformano le pagine del sito, tutte con nomi latini, in una sorta di spazio esplicitamente orientato a costruire una rete di amicizie che non disdegnano né il sesso né il potere. E che sanno anche trasformare il frou-frou del web in una micidiale gogna mediatica.
Plurilingue, con il fondo dorato simile a quello in uso per il sito ufficiale della Santa Sede, il sito tradisce anche un noto complesso degli ecclesiastici stranieri che hanno invaso la Curia: la disistima per la lingua italiana. Nella sua quasi decennale attività, ha conosciuto agguerriti moderator, capaci di usare il cifrario diplomatico vaticano per i messaggi più importanti, abili a individuare persino la professione degli anonimi interlocutori, sempre pronti a sparare giudizi senza appello, all’ombra di «superiori» sempre pronti a negare che il sito fosse animato da personaggi diversi dai soliti nemici di Gesù e della Chiesa.
Quando, poi, qualcuno si è dovuto arrendere all’evidenza, il master fondatore del sito ha meritato un ottimo posto in una nunziatura del Nord America e, non avendolo saputo mantenere, è poi passato in Centro America e ora affligge il personale di una Nunziatura del Sudamerica.
Gli è succeduto un italiano, e il server si è trasferito prima in una università pontificia, poi in un altro palazzo della Roma papale. E continua a funzionare, anche se in pochi ormai in Vaticano possono dire di non saperne nulla o di non esserne informati.
In realtà, tutta la vicenda Vatileaks, cioè la fuga di notizie dal tavolo papale alla grande stampa, ha introdotto nel Conclave l’amara impressione che fosse l’epilogo di un sistema collaudato, utilizzato un po’ da tutti per i propri regolamenti di conti, per la «normalizzazione» di ogni tentativo di contenzioso interno.
Sarà per questo che i cardinali americani sono arrivati a Roma con lo staff della loro Conferenza episcopale incaricato dell’informazione. Hanno provato a parlare fuori dal sistema: dopo due giorni hanno dovuto smettere.