“Delier/slegare/sciogliere”. Il rifiuto dell’in-differenza: una nuova ermeneutica della sodomia
Riflessioni sull’Ebraico e il pensiero biblico di Giuseppe Messina*, quarta parte
Ognuno deve uscire dal proprio sé prefabbricato dalle istituzioni (ivi comprese quelle religiose) e dalla società. Esistono numerose pressioni affinché ciascuno sia impersonale, e impedire che le persone diano vita al proprio mondo. Il terzo comandamento ci insegnano i rabbini si oppone a questa pressione. Esso vuole dare scacco alla cattura della soggettività da parte della società. Scacco ai testi che modellano, annientando e rendendo vana, l’esistenza del soggetto.
Come resistere all’incombente uniformità? Per il Talmud lo studio rappresenta l’atto di resistenza al linguaggio delle istituzioni. La lotta con il testo biblico riapre le parole al loro molteplice significato. L’istituzione tende al linguaggio unico, univoco, uniforme, al significato unico che fonda la propria intolleranza e la propria rigidità contro gli individui. Al contrario, liberando i significati del testo, il soggetto e la sua parola accedono alla libertà. E’ significativo che la festa di Pesach (Pasqua), tempo della trasmissione della tradizione ai bambini, attraverso le domande che essi pongono ai capofamiglia, sia fondata sulla trasmissione della capacità sovversiva insita nel linguaggio.
Tramandare la libertà passa sempre attraverso la possibilità di una lettura che rovescia, mette sottosopra i testi fondatori. La libertà passa attraverso la possibilità di uscire dalla incisione della Legge sulle tavole di pietra. I rabbini ricordano nella MIshnah Avot, VI, 2: “Non leggere incise (charut), ma libertà (cherut)”. L’uomo non cessa di costruirsi attraverso l’interpretazione che disfa il significato esistente e crea nuovi significati: leggere e “delirio” (de-lire, delier: slegare, sciogliere) del testo.
Colui che legge “scioglie, slega” toglie le catene dal testo. Questa lettura creatrice dona la vita al lettore stesso, dopo la nascita biologica e il suo ingresso nelle istituzioni sociali. Nasce come individuo, differenziato, unico e differente da tutti gli altri.
Creando, innovando, l’uomo si costruisce e dà scacco al rischio dei pensieri prefabbricati. Come la nuova interpretazione è la sua interpretazione, così egli prende coscienza non solo del suo posto nel mondo, ma della sua responsabilità, unica, del cammino personale che deve fare, dell’edificio particolare che deve costruire. Ciò che Martin Buber afferma per il chassidismo secondo i rabbini possiamo applicarlo perfettamente alla nostra interpretazione del terzo comandamento:
Per il chassidismo, ogni uomo che nasce rappresenta qualcosa di nuovo, che non mai esistito prima, qualcosa di unico e originale. Ognuno in Israele ha l’obbligo di riconoscere e considerare che egli è unico al mondo nel suo genere, e che al mondo non è mai esistito nessun uomo identico a lui; se infatti fosse già esistito al mondo un uomo identico a lui, egli non avrebbe avuto motivo di essere al mondo.
Ogni singolo uomo è una creatura nuova nel mondo ed è chiamato a sviluppare e dar corpo a questa particolarità. Il primo compito in assoluto di ogni uomo è quello di riuscire a realizzare queste sue possibilità uniche e irripetibili e non quello di ripetere ciò che un altro- fosse anche il più grande di tutti- ha già realizzato. Quest’idea è stata espressa da Rabbi Sussja che poco prima della sua morte disse:” Nel mondo futuro non mi si chiederà: perché non sei stato Mosè? Mi si chiederà invece: perché non sei stato Sussja? (Martin Buber, Il cammino dell’uomo, p.27).
* Giuseppe Messina è docente ordinario di filosofia e storia presso il Liceo Scientifico N. Copernico di Bologna e dal 12 marzo 2010 è presidente-fondatore dell’Associazione Amicizia Ebraico Cristiana (AEC) di Bologna, già membro dell’AEC della Romagna della Romagna. Scrive articoli sul Bollettino dell’associazione Amicizia Ebraico Cristiana di Firenze. Dal 2006 studia Ebraico biblico presso la Fraternità di Charles Foucauld di Ravenna con la maestra Maria Angela Baroncelli Molducci. Ha insegnato Ebraico biblico e Pensiero ebraico presso il Collegio San Luigi dei Padri Barnabiti di Bologna e presso il Centro Poggeschi dei Padri Gesuiti di Bologna.