Il coming out di Dio con noi
Articolo di Carlos Osma pubblicato sul blog Homoprotestantes (Spagna) il 26 febbraio 2013, liberamente tradotto da Adriano
Posso sbagliarmi, ma credo che ogni cristiano ha avuto qualche volta la sensazione di aver imparato qualcosa su Dio, qualcosa che fino ad allora gli era del tutto sconosciuta. So bene che questa affermazione è audace, ma a volte si ha l’esperienza del Dio trascendente che si rivela in modo nuovo. Forse la chiave di tutto è un’esperienza personale che ci ha permesso di crescere per vedere più chiaramente ciò che è sempre stato evidente. Però non possiamo rifiutare di pensare ancora che Dio è presente nel mondo, che Egli viene a noi ogni giorno, per farsi conoscere e aiutarci a comprendere cosa significa realmente essere umani.
Non sempre l’esperienza precedente a questa rivelazione è facile, di fatto in molte occasioni uno vive una sorta di deserto personale prima di poter giungere ad essa. Non sto dicendo che il nostro Dio ha bisogno di farci soffrire un po’ per comprenderlo, ma se devo essere sincero, vedo che pochissimi credenti sono abituati a domandarsi di chi stiamo parlando quando usiamo la parola Dio, a meno che le circostanze non ci costringano a farlo. Se riusciamo ad evitare chi ci interroga, perché vogliamo complicarci la vita facendoci domande noi stessi?
Siamo più tranquilli con un Dio armonizzato, ingabbiato nei nostri preconcetti e nelle esperienze precedenti. Un Dio che non faccia saltare in aria la sicurezza in cui viviamo. Ma se alla fine, il nostro Dio irriverente decide di uscire dai suoi confini, cercheremo di tornare a chiuderlo in un altro armadio più bello e più grande, dove possa disporre di un po’ di spazio in più per lasciarci in pace. Vivere l’esperienza di un Dio diverso, queer, nuovo, strano, è troppo destabilizzante da poterlo maneggiare a lungo.
Sappiamo benissimo che il coming out di Dio nel cristianesimo si chiama Gesù di Nazareth. In esso, Dio ha rotto gli schemi della religiosità basata sulle strutture, sulla legge e sulle usanze, per dimostrarci quello che è veramente irrinunciabile, la verità essenziale, cioè il rispetto per la persona umana e la creazione.
Dio non voleva rimanere bloccato in quel Tempio di Gerusalemme, in quella prigione politico-religiosa, voleva avvicinarsi alla specificità di ogni essere umano, ad ogni circostanza concreta, per convertirsi in liberazione. Voleva che nel seguire Gesù, ogni persona uscisse allo scoperto liberandosi delle infinite repressioni che li angustiava, per vivere una vita in libertà e fraternità.
E’ evidente, che questo stesso Gesù, è tornato ad essere rinchiuso in luoghi rispettabili, così si giustifica come dovrebbero essere e comportarsi coloro che hanno deciso di seguirlo. Si pretende che i cristiani si convertano ad essere schiavi del “Regno di Dio” e che si dimentichino di se stessi, del loro modo di sentire, di pensare, di capire, loro e il loro ambiente, per rientrare nello stesso armadio sacro e decente in cui viene rinchiuso Dio. Anche in questo caso, il punto essenziale è ancora una volta la struttura, la legge e le usanze. Le persone e le relazione affettive tra di loro, sono relegate all’ultimo posto.
Tuttavia, le esperienze che viviamo, spesso ci dicono anche che Dio esce continuamente da quell’armadio, da questa camicia di forza, per avvicinarsi alla nostra realtà. La Divinità non rimane costante, fissa, omogenea, non si lascia rinchiudere per sempre ed è presente nelle relazioni che abbiamo con gli altri, a patto che non si voglia annullarli ma rispettarli come immagine di Dio.
Dio sembra sempre darci un’altra possibilità di incontrarlo, forse anche lontano da quei luoghi dove abbiamo sempre pensato che lui abitasse, e più vicino ad un mondo mutevole e complesso. Lontanamente da quanto ci si aspetta normalmente da Dio, Egli viene a portarci una nuova vita, un nuovo significato per l’esistenza, un nuovo modo di comprendere la sua creazione. Lontanamente dalle nostre certezze, si fa presente in un altro modo: facendo un nuovo coming out, Dio può essere con noi.
La rivelazione, non solo ci mostra un Dio diverso da quello che fino ad ora abbiamo seguito, ma ci permette anche di percepire noi in modo diverso. Diciamo che la rivelazione, se ha effettivamente luogo, ci trasforma inevitabilmente. E, più profonda è la rivelazione, più profondo il cambiamento che avviene in noi. Perché non solo abbiamo una immagine certa di Dio, ma anche di noi stessi, ed entrambe sono ugualmente mutevoli.
Non ci sono modi precisi per capire Dio, e per capire noi stessi, ci sono solo modi temporanei per farlo. Qualsiasi definizione su quello che siamo, può essere utile perché ci dà stabilità, l’identità, la conoscenza di ciò che siamo. Al tempo stesso è pericoloso se lo comprendiamo staticamente o la utilizziamo contro gli altri per allontanarci da loro.
Nessuna rivelazione di Dio ci allontana dal prossimo, probabilmente è impossibile che ci allontani da lui. Le definizioni, le percezioni, i pensieri su Dio, sugli esseri umani e su noi stessi dovrebbero essere sempre aperte, evitando di diventare una prigione dove questa volta vogliamo imprigionare noi stessi.
Quindi cerchiamo di prestare attenzione a tutto ciò che ci può aver liberato, stiamo attenti nel convertirlo ad un fine a se stesso, a un punto di arrivo. Facciamo attenzione ai suoi difensori, che non si sono resi conto che, oltre a questa liberazione, ce ne manca ancora un’altra, perché non esiste nessuna liberazione che nel momento in cui viene divinizzata, alla fine ha posto a suo servizio coloro che invece pretendeva liberare. Siamo stati liberati, ma non in via definitiva, né completa. Per questo siamo in attesa che Dio stesso faccia ancora coming out, perchè ancora una volta ci faccia uscire con Lui.
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Testo originale: Dios sí sale de su armario