Figlio mio che tu sia gay o no “sii fedele a te stesso”
Testo di Mary Ellen e Casimer Lopata tratto dal loro libro Fortunate Families: Catholic Families with Lesbian Daughters and Gay Sons (Famiglie fortunate: famiglie cattoliche con figlie lesbiche e figli gay),Trafford Publishing, 2003, capitolo 2, pp.10-13, libera traduzione di Diana
Connie e Stan sono genitori cattolici di sette figli. L’amore e la vicinanza dei loro figli è evidente nella vita di Connie. Nonostante la voce appassionata di Connie sia quella che si sente in questa storia, anche suo marito Stan accetta e ama profondamente suo figlio. Ma Stan ha percorso una strada più lunga verso la comprensione e l’accettazione dell’omosessualità di suo figlio, rispetto alla moglie, e non è ancora pronto a esprimere pubblicamente il dolore – o la gioia – di questo viaggio. Ecco la storia di Connie.
Era la sera della Domenica di Pasqua e tutta la famiglia era uscita dicasa, tranne mio figlio Dean. Ero sfinita per tutto il lavoro degli ultimi giorni e mi stavo rilassando con un libro quando mio figlio mi disse: “Mamma ti devo parlare.”
Nella mia mente immaginai diversi scenari chiedendomi cosa mi avrebbe detto. Raramente si tratta di buone notizie quando un figlio grande ti dice: “Ti devo parlare.”
Eravamo seduti uno di fronte all’altro e nessuno parlò per alcuni minuti. Infine Dean disse: “Mamma, penso che potrei essere gay”.
Rimasi stordita. Non c’era mai stata nessuna indicazione di questo, né avevo mai colto dei segni, sebbene per dire la verità, non lo avevo mai preso in considerazione per nessuno dei miei figli. Gli chiesi perché lo pensasse e mi disse che amava un altro uomo. Era accaduto inaspettatamente, con un uomo che considerava un suo buon amico e li aveva colti entrambi di sorpresa. Entrambi stavano lottando con le implicazioni di quello che era accaduto.
Parlammo ancora un po’ e alla fine gli dissi: “Se sei gay, Dio ti ha creato così. Se pensi che potresti essere gay devi scoprirlo, e se lo sei devi essere sii fedele a te stesso.” Mentre dicevo queste parole, ero, e sono, convinta che Dio me le abbia ispirate, mi sentivo angosciata come non mi era mai capitato.
Avevo paura per lui, per la vita che avrebbe avuto, per la gente che lo avrebbe odiato, questo si agitava nella mia mente. Mi sentivo come un lupo che ulula alla luna. Mi sentivo come si sente qualcuno che ama profondamente una persona, a cui viene diagnosticata una malattia terminale. Lo abbracciai, amandolo più che mai.
Dean e io avevamo sempre avuto un buon rapporto. Mi faceva piacere la sua compagnia, mi piaceva e lo amavo. Non mi sarei mai aspettata che fosse gay. Non aveva mai mostrato segni di omosessualità, certamente nessuno di quegli stereotipi a cui pensiamo quando si fanno commenti sui gay. È un uomo alto, atletico, piacente, amato dalle persone. È divertente, intelligente, premuroso. La gente ha fiducia in lui, perché si interessa realmente alle persone e a ciò che fanno. Considera anche l’opinione degli altri su di lui.
Questo fatto mi ha impedito di pensare che Dio lo avesse creato gay, se davvero lo era. Dean non avrebbe MAI scelto uno stile di vita omosessuale, un modo di stare al mondo che lo mettesse ai margini della società, un emarginato agli occhi di molti. Una delle cose che mi disse quella sera che mi spezzò il cuore fu: “Non mi sarei mai aspettato che la mia vita andasse così. Mi ero sempre immaginato di incontrare una donna da amare, di sposarmi ed avere figli. Questa è una delle cose più difficili per me. Mi piacciono i bambini e il pensiero che non ne avrò mai…”.
Lo disse a suo padre il giorno dopo. Lo aveva già detto a parecchi dei suoi fratelli e lo disse anche agli altri appena gli fu possibile andarli a trovare perché voleva dirglielo di persona. Furono tutti sorpresi e tutti comprensivi, sebbene parecchi di loro mi dissero, in seguito, che speravano fosse solo una fase della sua vita. Nel mio cuore anch’io lo speravo. Mi chiese di non dirlo a nessun altro finché non fosse certo di essere gay e pronto a fare coming out con gli altri.
Dean ha lottato per parecchi anni ed è giunto a capire ed accettare il suo essere gay. Lo ha detto ad alcuni amici, ma ancora non è pronto a dirlo a tutti.
La mia fede cattolica è il fulcro della mia vita e la mia speranza è che i miei figli vivano praticando la loro fede. Ho sempre sperato che rimanessero nella chiesa e che al suo interno trovassero gli strumenti per vivere una vita vicino e gradita a Dio. È molto doloroso rendersi conto che questa chiesa non è un luogo accogliente per nostro figlio, che non vi può trovare gli strumenti che lo aiuteranno nel suo percorso.
Ho parlato a molti preti in privato. Il nostro è un uomo molto buono, ha lottato per essere di aiuto, ma non era esperto in materia. Ho parlato con un altro prete che è stato molto disponibile. Il suo adorato nipote era morto di AIDS, così aveva una profonda consapevolezza ed empatia con quello che stavo passando.
Pregai, pregai di continuo! Penso di aver avuto persino più paura che nostro figlio eludesse il problema e vivesse una vita fatta di menzogne che lo avrebbe distrutto, mentre avevo meno paura che vivesse apertamente una vita da gay con tutte le sue conseguenze.
Lessi molti libri sull’omosessualità, uno dopo l’altro, cercando di capire cosa era verità e cosa stereotipo. La mia ignoranza in materia era enorme. Avevo avuto pochi contatti con persone omosessuali e non ne conoscevo nessuna bene.
Non mi piacevano le battute e i commenti malevoli sui gay, ma ero a disagio perché non sapevo esattamente come inquadrarli. Pensavo meritassero di essere trattati alla pari di tutti gli altri, senza discriminazioni, ma ero a disagio su molti temi. Iil fatto che una persona che ami si trovi in pericolo per una discriminazione fa capire tutto velocemente.
Sto ancora aspettando da Dean il permesso di dire agli amici e al resto della famiglia che è gay. Mi disturba il fatto che le sue zie, zii, cugini e amici intimi non lo sappiano. Non mi piace nasconderlo alla gente, come se ci vergognassimo, mentre in realtà non è così. Sarebbe liberatorio poterlo dire ai miei amici e alla mia famiglia estesa. Anche i suoi fratelli la pensano nello stesso modo. Non proviamo vergogna o imbarazzo ad avere un figlio o un fratello gay. Si tratta di una persona che amiamo, di cui siamo orgogliosi. Egli è così come Dio lo ha creato.
Ho ancora dei timori: che non possa trovare il suo posto nella chiesa cattolica, che si possa allontanare da Dio con amarezza, che conduca una vita solitaria, che la gente lo rifiuti o sia crudele con lui, che possa essere in pericolo fisicamente, che non potrà mai avere figli e poi ho paura che possa ammalarsi di AIDS.
E ho delle speranze: che avrà una relazione seria, che condurrà una buona vita felice e feconda, dando il suo contributo al mondo in modo sano; che svilupperà una stretta relazione con Dio e vivrà in modo a Lui gradito; che si sentirà accolto e accettato nella chiesa cattolica; che sia al sicuro e che le persone lo vedano così com’è, non giudicandolo per un singolo aspetto della sua vita.