Francesco Lepore: da sacerdote a attivista LGBT
Dialogo di Massimo Battaglio
Oggi, Francesco Lepore è il caporedattore di Gaynews.it, il quotidiano online a tematiche lgbt più seguito in Italia, fondato e diretto da Franco Grillini. Ieri era un sacerdote, nonché un fine latinista che lavorava in Vaticano presso la Segreteria di Stato e, poi, presso la Biblioteca Apostolica Vaticana. Ha raccontato la sua storia nel volume “Sodoma” di Frédéric Martel, il discusso ma preciso report in cui si svela il controverso rapporto tra clero cattolico e omosessualità. Di più: Lepore è l’unico testimone che ha accettato di “metterci la faccia”, raccontandosi in prima persona con nome e cognome.
Molti, ora, parlano di lui. In particolare, una sua video-intervista di Fanpage sta facendo il giro del web. Ma per molti di noi, Francesco Lepore è innanzitutto un amico. Per questo provo a porgli anch’io qualche domanda.
Com’era nata la tua idea di diventare sacerdote?
Ero giovane ma ero già perfettamente al corrente della mia omosessualità. E non la accettavo. Coerentemente col tipo di educazione che avevo ricevuto, la percepivo come se fosse una colpa. Sentivo un bisogno di espiazione e, in un certo senso, di vera e propria redenzione. Questo fu il motivo principale.
Poi c’era anche una componente vocazionale. Certamente mi sentivo chiamato al ministero presbiterale. Ma è difficile stabilire un confine tra le due cose, capire qual è stata la causa prima e quale l’effetto.
Pensi che, se non per te, per qualcun altro, una scelta come la tua possa essere giusta?
Penso che il celibato assoluto sia sempre e comunque dannoso. Può essere comprensibile, al massimo, solo come desiderio di mettersi a servizio totale della Chiesa. Ma ciò non ha alcuna relazione con la gestione della sessualità.
Né tantomeno, la cosiddetta “castità” può avere effetti di “correzione” dell’omosessualità, che è una variante naturale del comportamento umano e non ha bisogno di essere in alcun modo corretta. “Agere sequitur esse”, dice san Tommaso: l’agire segue l’essere. L’azione di ogni persona dipende dal modo d’essere della stessa. Per cui…
E l’uomo è un essere sessuato
Sì. E penso che le scelte in campo sessuale vadano compiute sempre in piena libertà. D’altra parte, è sufficiente guardare le carte processuali degli archivi del Sant’Uffizio. Vi si scopre che l’obbligo celibatario non è mai stato preso molto sul serio. Nè tantomeno serviva a fuggire quello che era chiamato vizio nefando o sodomia. Questo con buona pace di Benedetto XVI che ha recentemente dichiarato che il diffuso esercizio dell’omosessualità nel clero cattolico dipenda dal ’68.
Cosa ha comportato la tua scelta di abbandonare il sacerdozio?
Un profondo dramma. Mi sono sentito disintegrato. In tanti anni mi ero costruito un’identità. Ora scoprivo che, per me stesso e per coerenza, andava completamente ricostruita. Ma la volontà di vivere me stesso, con coscienza, alla luce del sole, era più forte di qualunque ostacolo.
Ostacoli anche materiali, immagino
Certo. Mi sono trovato improvvisamente senza un lavoro e senza una prospettiva chiara. Nel mondo lavorativo, l’ex sacerdote viene visto come una persona che ha fallito. Difficilmente ci si fida di lui. E nel mio caso, anche la mia famiglia, agli inizi, era molto delusa di me.
Ho avuto un po’ di solidarietà da parte dei miei ex superiori. Una solidarietà, diciamo così, “nicodemica”. Ricordi l’apostolo che si avvicina a Gesù di nascosto in piena notte? Ecco, così.
E poi la solidarietà della comunità lgbt, nella quale ti sei rapidamente inserito a pieno titolo, no?
All’inizio ho avuto anch’io il mio periodo di “pazza gioia”, si capisce. Poi mi sono fatto avanti, soprattutto nel settore della produzione culturale, che è sempre stata la mia passione.
Cosa pensi di quei sacerdoti che non hanno il coraggio di uscire?
Nessuna scusa. Comprendo le difficoltà, che io stesso ho vissuto. Ma, specialmente da un sacerdote, si richiede coerenza, rettitudine di coscienza e fedeltà all’impegno assunto. Se uno non ce la fa a vivere l’obbligo celibatario, dovrebbe lasciare.
Ti faccio una domanda più intima. E’ noto che hai scritto una lettera al papa, che ti ha risposto con una telefonata, nella quale ti chiedeva tra l’altro di pregare per lui. Tu hai risposto: “Padre santo, veramente io non prego più”
È vero. Ho iniziato a “non pregare più” quando, per coerenza, non mi sono più sentito di celebrare messa. E progressivamente, mi sono allontanato dalla dimensione della preghiera . Sì, ogni tanto mi fermo e elevo il pensiero all’Infinito. E questa è l’origine della preghiera ma non basta a coltivare la fede. Nemmeno riconoscere tutti gli articoli del Credo è sufficiente per dirsi credenti. La fede c’è quando la si coltiva. Altrimenti …
Rimango un po’ triste a queste ultime affermazioni di Francesco Lepore. Mi domando: com’è possibile che, proprio nel luogo deputato alla preservazione della fede, si siano instaurate dinamiche in grado di polverizzare la fede stessa, anzi, proprio la fede di coloro che sarebbero preposti a preservarla? Sì: la Chiesa ha davvero bisogno di aggiornarsi, di liberarsi dalla propria ipocrisia sessuofoba. Ne va della sua sopravvivenza.