Gesù ‘esempio’ e ‘scandalo’
Riflessioni del teologo José Maria Castillo* publicate su Teología sin Censura (Teologia senza censura) il 23 settembre 2010, liberamente tradotte da Dino
Che io sappia, nessuno mette in dubbio il fatto che Gesù di Nazareth sia un esempio. Per questo si capisce il rispetto che gli viene portato anche da coloro che non si considerano credenti.
Naturalmente non mancano gli “audaci” (che spesso sono persone ignoranti) che cancellano un fatto tanto serio come questo affermando tranquillamente che Gesù non è mai esistito.
Mi sembra superfluo e anche inutile discutere qui di una questione sulla quale di recente un buon conoscitore (laico) dell’argomento, Frédéric Lenoir, ha scritto: “L’unica vera concordanza tra gli studiosi, al di là dei loro diversi orientamenti, è la certezza dell’esistenza storica di Gesù”.
A questo proposito desidero aggiungere qualche affermazione dello stesso autore: “Nei quasi trent’anni durante i quali studio filosofia e storia delle religioni, sono rari i testi che mi hanno così sorpreso e commosso come i Vangeli per la loro profondità e umanità”.
Ed è così. La figura di Gesù è così geniale che, quanto più la si studia, tanto più colpisce. E senza dubbio una delle cose più significative che questo personaggio ha è che, se ci atteniamo a quello che dicono i racconti evangelici, Gesù colpisce così profondamente perché è stato non soltanto un uomo “esemplare”, ma è stato anche (e sorprendentemente) un uomo “scandaloso”.
Gli evangelisti lo affermano varie volte e senza alcuna esitazione (Mt 11,6; Lc 7,23; Mt 15,12; 17,27; 26,31; Mc 14,27; Gv 6,61; 16,1). E San Polo lo conferma (1 Cor 1,23; Gal 5,11).
Pertanto il Vangelo ci insegna che dovremmo essere (come lo è stato Gesù) persone “esemplari” per il nostro modo di vivere, di parlare e di agire. Ma ci dice anche che non dobbiamo temere di risultare “scandalosi”. Poiché entrambe le cose sono molto chiare nel Vangelo. L’essere di esempio e lo scandalo. Oggi dico tutto questo per un preciso motivo: dal giorno in cui ho iniziato a pubblicare le mie riflessioni in questo blog, mi sono subito reso conto che la conflittualità del Vangelo prosegue nella storia.
Già è rischioso parlare di religione ed esporre le proprie idee senza ostacoli o censure, manifestando ai quattro venti le proprie convinzioni religiose.La religione è un argomento molto controverso e di fronte al quale molte persone si appassionano, a favore o contro quello che sentono.
Per questo motivo è necessario in questa sede essere estremamente delicati, rispettosi e tolleranti. Ma penso anche che, in ogni caso, non si può essere vigliacchi o tradire le proprie convinzioni. Ed è come camminare sul filo di un rasoio. Credo che questo (e molto più) sia quello che ha fatto Gesù. Ed ha terminato i suoi giorni crocifisso come un maledetto.
Com’è logico, io non ho la pretesa di paragonarmi a Gesù: Sono troppo lontano dall’ideale evangelico. Ma, in ogni caso, parlo in questo modo perché la vita mi ha insegnato, tra l’altro, queste due cose:
1) Prendere sul serio il Vangelo significa prendere sul serio un’autentica “agonia”, nel senso etimologico della parola greca agòn = “lotta”, in quanto affrontare la lettura e la meditazione del Vangelo è affrontare un autentico combattimento.
La lotta interiore che tutti portiamo dentro noi stessi e che inevitabilmente porta conseguenze ai nostri rapporti con la società e con gli altri.
2) Troppo frequentemente accade che, quando si manifestano le proprie convinzioni tra persone religiose, ci si rende subito conto che nella mentalità di molte persone, ci si può porre interrogativi su non poche cose di quello che dice il Vangelo; ma per le stesse persone non è invece possibile interrogarsi su ciò che dice la gerarchia della Chiesa.
Perché mai nella mente di molti credenti è più importante ciò che dice la Chiesa di ciò che dice il Vangelo?
* Josè Maria Castillo è uno dei più prestigiosi teologi europei il cui valore è riconosciuto sia per l’attività accademica svolta nel campo dell’insegnamento universitario, sia per la numerosa opera scientifica pubblicata in Spagna e all’estero.
La collaborazione di Castillo con l’Università Centroamericana José Simeón Cañas di EL Salvador, lo ha portato a interessarsi alla teologia della liberazione, pubblicando alcune importanti opere sul tema, tradotte anche in italiano dalla Cittadella di Assisi («I poveri e la teologia. Cosa resta della teologia liberazione», Assisi, 2002; «Simboli di Libertà», Assisi, 1983; «Dio e la nostra Felicità», Assisi, 2002).
Testo originale: Jesús: ‘Ejemplo’ y ‘escándalo’