Il calvario di Aya. Un donna queer egiziana
Dossier “Egypt: Security Forces Abuse, Torture LGBT People” pubblicato sul sito dell’associazione internazionale Human Rights Watch (Stati Uniti) il 1 ottobre 2020, liberamente tradotto da Giacomo Tessaro, parte sesta
“Aya”, 28 anni. L’attivista queer Aya viene arrestata dalle forze di sicurezza nel maggio 2018, mentre partecipa a una protesta contro l’inflazione: “Ero appena arrivata alla manifestazione, e prima che potessi esporre il mio striscione un gruppo di agenti della sicurezza cominciò a manganellarmi e a prendermi a calci e a pugni. Anche dopo che ero caduta a terra continuarono a picchiarmi fino a stracciarmi i vestiti”.
Aya fa il giro di sei stazioni di polizia, dove viene interrogata, e poi viene rinchiusa per un giorno intero in un box di metallo sotto il sole cocente: “Avrei potuto morire soffocata”.
Viene poi portata nel carcere femminile di al-Qanater, al Cairo, dove i poliziotti la interrogano per dodici ore di fila e le chiedono ripetutamente se è vergine. Le autorità la accusano di “far parte di un gruppo terroristico che mira a interferire con la Costituzione” e la sbattono in una cella di 3 metri per 2 assieme a quarantacinque altre donne: “Queste donne erano costrette a picchiarsi e minacciarsi l’un l’altra se volevano avere spazio per dormire”.
Aya viene sottoposta a tre test di “verginità”: “Un poliziotto mi fece spogliare di fronte agli altri poliziotti. Io singhiozzavo, ma lui mi fece spalancare le gambe e guardò nella mia vagina, poi nel mio ano. Poi mi fece fare la doccia di fronte a lui. Una poliziotta mi prese i seni e li strizzò, [poi] mi prese la vagina e ci guardò dentro, [poi] mi aprì l’ano e ci mise la mano dentro, così profondamente che mi sembrava stesse tirando fuori qualcosa. Ho sanguinato per tre giorni, e per settimane non ho potuto camminare. Non potevo andare al bagno, e ho sviluppato patologie che mi porto dietro ancora adesso. La poliziotta gettò anche il mio cibo nel gabinetto”.
Dopo due mesi un tribunale ordina il rilascio di Aya, ma con due anni di libertà vigilata, durante i quali dovrà fare rapporto tre volte alla settimana. Durante questi rapporti negli uffici delle forze di sicurezza viene ripetutamente picchiata, molestata sessualmente, umiliata e maltrattata:
“Mi controllano ancora adesso. In Egitto, una volta che ti mettono gli occhi addosso, non te li tolgono più. Ci mandano a processo perché ‘siamo una minaccia per la società’. Ho visto cos’hanno fatto alle donne transgender: le hanno messe in uno stanzino senz’aria, le hanno picchiate e molestate sessualmente”.
Testo originale: Egypt: Security Forces Abuse, Torture LGBT People