Il complesso gioco dell’omofobia in Africa
Articolo di Kate Hairsine pubblicato sul sito DW (Germania) il 4 dicembre 2019, liberamente tradotto da Giacomo Tessaro
In Zambia la scorsa settimana due uomini sono stati condannati a quindici anni di carcere per aver avuto un rapporto sessuale consenziente nella privacy di una stanza d’albergo. Alla fine di novembre la polizia ugandese ha compiuto una retata in un bar gay-friendly della capitale Kampala e ha arrestato 125 persone, decine delle quali ora rischiano un’imputazione.
La scorsa settimana in Nigeria 47 uomini, arrestati durante una retata della polizia in un hotel di Lagos l’anno scorso, si sono dichiarati innocenti dell’accusa di pubbliche manifestazioni di affetto verso persone dello stesso sesso. Tutti casi che rinfocolano il dibattito sui diritti delle persone omosessuali nel continente africano, dove l’omosessualità è diventata un tema decisivo. Perché in Africa è così complicato essere una persona LGBTQ+?
Le ragioni sono molte, ma chi ha studiato il problema indica essenzialmente le leggi coloniali, la morale religiosa e l’idea secondo cui l’omosessualità è stata importata dall’Occidente come principali motivazioni.
Le leggi antisodomia dell’epoca coloniale
Dei 72 Paesi che nel mondo puniscono l’omosessualità, 32 si trovano in Africa, dove le sanzioni vanno dal carcere alla pena di morte (è il caso della Mauritania e del Sudan). Più della metà di questi Paesi sono ex colonie britanniche, in cui le amministrazioni coloniali a suo tempo introdussero leggi che proibivano gli “atti contro natura”.
Il grado di applicazione di queste leggi varia molto da Paese a Paese. In Uganda assistiamo a un’ondata di arresti contro la comunità omosessuale, mentre in Gambia, dal cambio di governo nel 2017, più nessuno è stato denunciato perché omosessuale. Ma anche quando non sono applicate, queste leggi rafforzano lo stigma affibbiato all’omosessualità e forniscono una “giustificazione” al comportamento omofobico, come afferma Alan Msosa, un ricercatore del Malawi che lavora all’università di Bergen, in Norvegia: “Queste leggi danno alla gente l’opportunità di dire ‘Non ci piacciono [gli omosessuali] perché sono dei criminali’”.
Gli Africani sono tra i popoli più religiosi del mondo
Circa il 93% degli Africani subsahariani sono cristiani (63%) o musulmani (30%), e fanno del continente uno dei più religiosi al mondo. Le credenze religiose influenzano molti aspetti della vita della gente, inclusi gli atteggiamenti verso la comunità LGBTQ+: “La maggior parte dei testi religiosi afferma che l’omosessualità è un problema. Più si è religiosi, più si tende a prendere sul serio i precetti religiosi. Quando una forte percentuale della popolazione è molto credente e praticante, il resto del Paese tende a sviluppare opinioni più conservatrici” scrive la sociologa americana Amy Adamczyk.
I leader musulmani e cristiani sono spesso in prima linea contro l’omosessualità, ed è stato dimostrato che i media africani, quando parlano di omosessualità, spesso citano figure religiose, molto di più di quanto avvenga in Paesi come gli Stati Uniti. Secondo alcuni ricercatori, inoltre, gli evangelici conservatori americani hanno un ruolo significativo nel modellare il cristianesimo e gli atteggiamenti ostili all’omosessualità in Paesi come l’Uganda, lo Zambia e lo Zimbabwe.
L’omosessualità presentata come “non africana”
Le élites africane, composte dai leader politici, religiosi e comunitari, spesso affermano che le pratiche omosessuali sono un male importato dall’Occidente. Robert Mugabe, per molti anni alla guida dello Zimbabwe, definì l’omosessualità “non africana” e “malattia bianca”. Il presidente ugandese Yoweri Museveni l’ha definita come “importata dall’Occidente”.
Dopo la recente sentenza zambiana (per cui l’ambasciatore statunitense si è detto “scandalizzato” per i 15 anni di carcere inflitti) un vescovo locale ha invitato i compatrioti a proteggere i loro valori e la loro cultura dalle influenze esterne.
I rapporti omosessuali nell’Africa precoloniale
Ma l’omosessualità esiste in Africa da molto prima dell’epoca coloniale. Moltissime prove, raccolte dagli antropologi e da altri studiosi, di pratiche omosessuali e identità sessuali alternative, sono state rinvenute in tutto il continente e sono anteriori alla colonizzazione.
Gli antichi dipinti su roccia di San, rinvenuti vicino a Guruve, in Zimbabwe, e risalenti a 2.000 anni fa, mostrano esplicite scene di rapporti sessuali tra maschi.
“Era un segreto di Pulcinella”, scrive la ricercatrice ugandese Sylvia Tamale, che il re di Buganda Mwanga II, vissuto nel XIX secolo, fosse gay, ma non era il solo: nel nord dell’Uganda, presso il popolo Langi, gli uomini effeminati venivano trattati come donne e potevano sposare uomini nell’epoca precoloniale, mentre è stato accertato che in Zambia, presso gli Ndembu, i giovani maschi e gli uomini adulti intrattenevano contatti sessuali durante i riti di circoncisione.
Ma non erano solo gli uomini ad essere coinvolti nelle pratiche omosessuali: “Il matrimonio tra donne, in cui una delle due paga una dote per acquisire i diritti di un marito sulla moglie, è documentato presso più di trenta popoli africani” afferma il fondamentale libro sull’omosessualità in Africa Boy-Wives and Female Husbands (Ragazzi mogli e mariti donne).
L’omofobia nella lotta per il potere
Nel clima di messa in guardia del popolo contro l’occidentalizzazione, e di protezione della sua cultura, l’omofobia è diventata una bandiera che serve a mobilizzare e cementare le masse: “I leader politici e religiosi sfruttano questo tema per acquisire consenso” dice Alan Msosa; i politici più esplicitamente ostili all’omosessualità guidano i Paesi dove più la democrazia è in declino, come lo Zambia e l’Uganda: “L’appello alla latente omofobia è una strategia […] per stornare l’attenzione dalla crisi di un regime durante una tornata elettorale, a causa dell’opposizione, o di lotte di potere interne” affermano le ricercatrici norvegesi Siri Gloppen e Lise Rakner.
Dall’espansione dei diritti LGBTQ+, spesso legata agli aiuti internazionali per lo sviluppo, i leader africani prendono spunto per guadagnare consensi, presentandosi come antagonisti dell’Occidente e soprattutto dell’omosessualità.
Gli atteggiamenti verso l’omosessualità sono in realtà più sfumati
Secondo Msosa, l’omofobia [in Africa] è spesso “un progetto delle élites”, che non sempre riflette gli atteggiamenti reali e quotidiani della gente verso la comunità LGBTQ+. In un suo studio sugli atteggiamenti verso l’omosessualità in Malawi, Msosa afferma che l’80% degli intervistati pensa che il sesso omosessuale sia sbagliato, ma il 33% è comunque convinto che Dio ama anche chi lo compie.
Il concetto di diritti umani per gli omosessuali viene a volte malinteso come il presunto diritto di avere rapporti sessuali con minori, il che conduce a una minore accettazione di tali diritti, ma “quando cominciamo a usare certe parole delle lingue locali, come ‘giustizia, correttezza e inclusione’ invece di ‘diritti umani’, allora constatiamo che [i malawiani] sono in realtà più tolleranti” dice Msosa.
Stigma di importazione
Prima della colonizzazione, non sembra che le società tradizionali africane stigmatizzassero i comportamenti omosessuali: “Non abbiamo esempi di credenze tradizionali africane che additino le relazioni omosessuali come peccaminose, o le colleghino ai concetti di patologia o malattia mentale, tranne dove sono stati adottati il cristianesimo e l’islam” secondo il libro Boy-Wives and Female Husbands.
Testo originale: Why is homosexuality still taboo in many African countries?
ALTRE STORIE E INFO SU> gaychristianafrica.org