Il counseling, un supporto per le famiglie con una persona LGBT
Testo di Alessandra Bialetti*, pedagogista sociale e Consulente della coppia e della famiglia di Roma, tratto dalla sua tesi di Baccalaureato su “Genitori sempre. Omosessualità e genitorialità”, Pontificia Università Salesiana, Facoltà Scienze dell’educazione e della formazione salesiana – Facoltà di Scienze dell’Educazione, Corso di Pedagogia Sociale, Roma, anno accademico 2012-2013, capitolo 3, paragrafo 1.2
Trattando il tema dell’empowerment della famiglia, si riserva un posto preferenziale al counseling come via per sostenere ed incrementare le potenzialità della persona. Il counseling rientra nell’area della relazione d’aiuto e si presenta come un rapporto in cui il professionista scorta, accompagna, sostiene la persona in difficoltà a prendere contatto con le proprie dinamiche interne, a comprendere la situazione che vive e a gestire il problema operando autonomamente le proprie scelte assumendone le relative conseguenze.[1]
Non consiste quindi nel dare consigli, nel dare informazioni, nell’insegnare facendo acquisire conoscenze. Non si pone come aiuto intuitivo ma come relazione professionale in cui, se la persona non è per il momento capace di trovare le soluzioni, l’aiuto si indirizzerà sostanzialmente nel ricostituire le capacità compromesse attingendo alle risorse che risiedono nella persona stessa.[2]
Il counseling, infatti, si basa sul presupposto che nella persona vi siano tutte le risorse, emozionali, affettive, cognitive, necessarie a produrre un cambiamento interno: l’aiuto consiste nel sostenere la riattivazione e riorganizzazione di tali risorse bloccate da situazioni di sofferenza o difficoltà.[3]
Tutto questo rientra nella visione di Carl Rogers, padre della psicologia umanistica, il quale parlava della “tendenza attualizzante” della persona come capacità di autodirigersi, autorealizzarsi e autopromuoversi risolvendo le proprie difficoltà in modo autonomo e responsabile.
Un’incrollabile fiducia nella persona e nelle sue capacità di realizzazione in una relazione d’aiuto non direttiva ma “centrata sul cliente”, l’unico che conosce la portata dei suoi problemi, le difficoltà e il desiderio di trovare una soluzione. Rogers, infatti, usa deliberatamente il termine “cliente” invece di paziente, malato o allievo, per sottolineare l’originalità di una relazione nella quale è la persona stessa che sceglie di farsi aiutare svincolandosi da un rapporto di dipendenza e attivando la propria libertà è responsabilità.[4]
Il counseling di stampo umanistico, si basa sulla relazione dinamica che si instaura tra counselor e cliente rispettando tre parametri fondamentali: l’empatia, l’accettazione incondizionata e la congruenza. L’empatia, come già visto, consiste nella capacità di percepire il vissuto dell’altro, le sfumature che vive, i significati che attribuisce alle situazioni, non perdendo il proprio confine emotivo.
L’accettazione incondizionata è la capacità di accogliere la persona per quella che è e per ciò che esprime al di là di qualsiasi classificazione, catalogazione e pregiudizio. La congruenza è la coerenza interna del counselor tra ciò che pensa, sente e prova e ciò che effettivamente esprime, evitando discrepanze tra l’esperienza reale vissuta e quella comunicata.[5]
Una relazione di aiuto basata su questi presupposti rappresenta una strategia di empowerment molto efficace per i genitori in difficoltà, rispettando il loro vissuto e attivando le risorse che, sebbene bloccate dalla sofferenza, sono comunque vive e presenti all’interno della relazione con i figli. Nel caso dell’omosessualità in famiglia, risulta quanto mai importante il ricorrere ai tre pilastri della teoria rogersiana.
L’empatia permette al counselor di entrare in sintonia con lo stato di sofferenza dei genitori, con le loro inadeguatezze, paure, emozioni mantenendo il focus sulla loro esperienza vitale. Il tessuto emotivo diventa il terreno in cui il genitore può esprimere liberamente ciò che lo blocca sentendosi accompagnato ad elaborare nuove strategie relazionali.
L’accettazione incondizionata è presupposto necessario per accogliere in sé ed accompagnare persone che vivono una situazione di diversità e si sentono spesso estranee a se stesse e bloccate in dinamiche relazionali nuove e al di fuori delle proprie attese. La congruenza dell’operatore agisce da specchio a quella del genitore che, trovandosi di fronte ad una persona che fa della trasparenza lo strumento della relazione, è spinto e motivato a fare chiarezza in se stesso comunicando ciò che profondamente vive e che, spesso, ha paura di esprimere.
Il miglior strumento della relazione d’aiuto sono le persone stesse coinvolte in tale processo: una fa da specchio all’altra e, traendo forza dal rapporto interpersonale di autenticità, ognuna trova la forza di scendere in se stessa, accogliersi per ciò che è e lavorare sui propri atteggiamenti di pregiudizio e di rifiuto.
Attivare l’accoglienza nel genitore che vive l’omosessualità è l’obiettivo principale: su questo verrà poi ricostruito il rapporto con il figlio che chiede alla famiglia chiarezza, verità e autenticità nel sentire, pensare e provare emozioni.
Senz’altro un clima di accettazione incondizionata è l’arma vincente di una relazione d’aiuto che si collochi nell’ambito dell’omosessualità laddove invece i pregiudizi, i rifiuti, le critiche vissute socialmente, spesso costringono al nascondimento, all’isolamento emotivo ed affettivo, alla fuga dalle relazioni. Tutta la famiglia rischierebbe così di chiudersi in un proprio mondo per trovare quel calore e quella coesione che non sperimenta all’esterno, con il rischio di andare incontro ad un forte impoverimento relazionale e alla perdita di legami significativi.
Il genitore necessita di uno spazio relazionale in cui poter esplorare il proprio mondo interiore, prendersi il tempo di scendere in se stesso, valutare il cammino percorso con il figlio, illuminare i punti di forza ridimensionando le negatività e riattivare le proprie risorse accettando il proprio nuovo sé e il sé “inedito” del figlio.
Il counselor, assumendo un ruolo di agevolatore, dovrebbe fornire un clima relazionale rispettoso dei valori e dell’esperienza esistenziale di difficoltà portata dal genitore mettendo da parte valutazioni e giudizi personali che inquinerebbero un ascolto autentico e libero.[6]
Accogliere ed accettare incondizionatamente non vuol dire, da parte del counselor, dover essere d’accordo necessariamente con quanto viene espresso. I confini e riferimenti valoriali vengono sempre rispettati ma si estendono a “com-prendere” (prendere con sé) il vissuto dell’altro perché lui stesso possa arrivare ad accogliersi nel profondo. Tutto ciò che il genitore sperimenterà nel rapporto consulenziale, potrà costituire una nuova base relazionale con il figlio; sentirsi accolto genera accoglienza, sentirsi ascoltato genera ascolto, sentirsi rispettato nelle proprie difficoltà genera rispetto per la diversità fino a farne una ricchezza.
In Italia il cammino consulenziale in ambito omosessuale si sta lentamente ma decisamente affermando. Specificamente a Milano è attivo un servizio di gay counseling in cui sia il soggetto che l’intero nucleo familiare viene supportato nel cammino di ricostruzione di un’identità completa. Si tenta di ridefinire modelli tradizionali e liberare vissuti emotivi bloccati e sofferenti con lo scopo di creare una nuova “piattaforma relazionale” sui cui innestare il cammino di crescita e ridefinizione della famiglia.[7]
Il gay counseling cerca di offrire uno spazio in cui rielaborare, come singolo e come famiglia, i propri “fantasmi”, esplorando e valorizzando la propria diversità e cercando di sanare la ferita del rifiuto di sé.[8]
La relazione d’aiuto risulta funzionale ed efficace se si pone come strumento di libertà, priva di indicazioni ed atteggiamenti direttivi che soffochino l’iniziativa ed autonomia personale. Un cammino di empowerment deve avere il suo fulcro non nella persona dell’operatore ma nella capacità della persona di esplorare se stessa e le proprie capacità mettendo in gioco tutte le risorse di cui dispone.[9]
Il sostegno educativo deve, quindi basarsi sul presupposto fondamentale per cui la famiglia che chiede aiuto è soggetto attivo della relazione e portatrice non solo di un bisogno e di una difficoltà, ma anche delle strategie per uscire dalla crisi intesa in chiave di opportunità di cambiamento e crescita.[10]
Il processo di counseling diventa luogo educativo in cui l’operatore “aiuta ad aiutarsi” ponendo le basi per l’apprendimento del problem solving e, a lungo termine, della capacità di resilienza. La relazione d’aiuto si trasforma da semplice atto sociale in relazione educante, in quanto spazio in cui riformulare e rielaborare la propria esperienza aprendosi alla crescita in tutte le fasi della vita comprese quelle caratterizzate dagli eventi critici che la famiglia si trova a fronteggiare.[11]
Nel caso dell’omosessualità, in consulenza occorre lavorare sull’attribuzione di significato alla crisi che la famiglia vive e che non fa parte della sua normale evoluzione. Esistono infatti crisi evolutive o di sviluppo connesse a normali tappe di maturazione e facilmente prevedibili nel corso della vita (nascita, morte), e crisi accidentali determinate da eventi imprevisti che comunque modificano in modo sostanziale la vita dei soggetti coinvolti.[12]
Allo stato attuale, l’omosessualità, è ancora riconducibile ad un evento inaspettato. I genitori si trovano impreparati davanti ad una realtà destabilizzante e inattesa e verso la quale non sono mai stati sostanzialmente formati: inizialmente l’omeostasi familiare entra in crisi. Il compito dell’operatore è stare accanto a questo momento di squilibrio, sostenere un cammino irto di difficoltà e supportare i genitori ad acquisire un grado di flessibilità e adattabilità tale da rendere la crisi occasione di rimodellamento di relazioni che includano e valorizzino l’inedita identità del figlio.
Il counselor è chiamato a fornire supporti emozionali e strumenti per affrontare il dolore di entrambe le parti, facendole dialogare e favorendo il superamento dei rispettivi sensi di colpa.[13] Sarà impegnato su tre fronti dovendo ascoltare sia il vissuto del figlio, sia del genitore, sia la relazione ferita che intercorre tra le due parti aprendo ad uno stile educativo improntato all’autorevolezza e profondamente rispettoso dell’identità e “diversità” del figlio.
E’ chiaro che, per innescare e sostenere tale processo di cambiamento, l’operatore dovrà per primo elaborare le proprie emozioni e lavorare su eventuali pregiudizi personali che potrebbero ergersi come barriere nel cammino di accettazione incondizionata.
Da quanto esposto si auspica che, in ambito educativo e pedagogico, la famiglia possa sempre più contare su percorsi di sostegno ed empowerment, al fine di trovare dimora in uno spazio dove rielaborare il proprio vissuto e collocare in un orizzonte di senso il cammino del figlio o del familiare che vive la ricerca o la rielaborazione della propria identità.[14]
_______
[1] Cfr. R.R. CARKHUFF, L’arte di aiutare, Gardolo, Erickson, 1993. p. 19.
[2] Cfr. Ibidem, p, 18.
[3] Cfr. Ibidem, p, 18.
[4] Cfr. R MUCCHIELLI, Apprendere il counseling, p. 32.
[5] Cfr. C.R. ROGERS, La terapia centrata sul cliente, Psycho di G:Martinelli, Firenze, 1994, p. 52.
[6] Cfr. A. DI LUOFFO, Educazione al rispetto delle omosessualità, p. 78.
[7] Cfr. A. DI LUOFFO, Educazione al rispetto delle omosessualità, p. 80.
[8] Cfr. R. DEL FAVERO – M. PALOMBA, Identità diverse, p. 169.
[9] Cfr. D. SIMEONE, Educare in famiglia: indicazioni pedagogiche per lo sviluppo dell’empowerment fami-liare, p. 16.
[10] Cfr. Ibidem, p. 17.
[11] Cfr. Ibidem, p. 19.
[12] Cfr. D. SIMEONE, Educare in famiglia: indicazioni pedagogiche per lo sviluppo dell’empowerment fami-liare, p, 11.
[13] Cfr. A. MONTANO, Psicoterapia con clienti omosessuali, Milano, p. 83.
[14] Cfr. D. SIMEONE, Educare in famiglia: indicazioni pedagogiche per lo sviluppo dell’empowerment fami-liare, p. 19.
* Alessandra Bialetti, vive e opera a Roma come Pedagogista Sociale e Consulente della coppia e della famiglia in vari progetti di diverse associazioni e realtà laiche e cattoliche. Il suo sito web è https://alessandrabialetti.wordpress.com