Il dramma di essere rifugiati. In fuga perché gay
Articolo di Camilo S. Baquero pubblicato su El Pai (Spagna) il 3 SEP 2015, liberamente tradotto da Dino
Silenzio in cambio di 30 euro. Questa era la somma che un poliziotto di una città della Crimea chiedeva alla madre di Vladimir per non rivelare ai loro vicini e ai colleghi di lavoro l’orientamento sessuale di suo figlio. E, ciò che è peggio, la sua convivenza con un altro uomo. Dal ricatto si passò alle minacce: questa informazione sarebbe finita nelle mani di gruppi omofobi organizzati. Il crescere dell’ostilità tra i nazionalisti russi e ucraini aumentò la pressione. Parlarono allora con un avvocato e con la polizia: “Il fatto di essere omosessuali è un problaema vostro”. Non rimaneva altro che fuggire.
Vladimir, di 31 anni, e Kirill, di 27, ricordano la loro fuga, mentre sono seduti in un locale della sede dell’Associazione Catalana per l’Integrazione degli Omosessuali, Bisessuali e Transessuali Immigranti (ACATHI), un’ente unico sul territorio spagnolo. Chiedono che non siano pubblicati nè i loro nomi reali nè i loro volti, perchè sono in attesa che il Governo centrale prenda una risoluzione sulla loro richiesta di asilo. Un’attesa che ormai dura da oltre un anno e di cui all’orizzonte non si intravede ancora la fine. Gli assistenti sociali sono cordiali, ma non dispongono di risorse.
“Ci dicono che bisogna aspettare. E’ tutto un circolo vizioso. Vogliamo lavorare, non vogliamo aiuti, ma nessuno ci assume perchè siamo dei rifugiati” spiega Vladimir, che è un ingegnere navale. Kirill, perito alimentare, conferma: “In Ucraina la vita era dura, ma non abbiamo mai dovuto chiedere niente e nessuno”.
La coppia vive i problemi che incontrano quasi tutti i rifugiati in attesa del permesso di asilo, spiega Rodrigo Araneda, presidente dell’ACATHI. Le organizzazioni dispongono di pochi mezzi per poter far fronte a tutte le richieste di aiuto. “Sono nel limbo”, si lamenta Araneda.
Vladimir e Kirill sono finiti in Spagna perchè era il paese in cui due giovani senza visti sul passaporto potevano arrivare più facilmente, secondo quanto era stato loro spiegato in un’agenzia di viaggi. “Dato che cercano turisti, tutto è più facile”, spiegano. I due ucraini sono arrivati a Lloret de Mar come un paio di semplici turisti russi. Da qui sono passati a Barcellona, dove dopo molte domande hanno scoperto il Servizio di Assistenza agli Immigranti, Stranieri e Rifugiati del Comune. Hanno avuto fortuna e nel giro di un mese è stato dato loro appuntamento per iniziare tutto il procedimento di richiesta di asilo presso il Sottosegretariato del Governo. Un’attesa che attualmente, secondo quanto riferisce Araneda, è di oltre tre mesi. I richiedenti devono portare prove che dimostrino la persecuzione che li ha costretti ad abbandonare il loro paese e in questo caso, interrogatori separati che confermino la veridicità del loro racconto.
Il Governo ha fornito loro un aiuto di 350 euro ciascuno al mese ancora per sei mesi. “Tutto funziona in un modo molto strano. Ti danno l’aiuto quando dimostri che hai già una casa in affitto. Se non ho denaro per la garanzia, come posso fare ciò?” critica Kirill. “Gli assistenti sociali sono molto affabili, ma non hanno le risorse sufficienti per aiutarti” aggiunge. Questo è un punto su cui insiste anche Araneda e chiede allo Stato di destinare più denaro per l’assistenza agli immigranti. “Essere giovani ed essere in contatto con le proprie famiglie li penalizza al momento di ricevere aiuti”, aggiunge Araneda.
ACATHI ha un appartamento dove alloggiano vari immigranti e i due ucraini adesso si trovano lì. La coppia ha deciso di andare a Barcellona “perché ci sono maggiori opportunità e imprese russe”, anche se dovranno poi recarsi a Madrid quando si riunirà la Commissione che concede gli asili, dove si trova anche ACNUR come osservatore. “Ci dicono che i casi provenienti dall’Ucraina sono in stand by, in attesa di vedere cosa succede con il conflitto” affermano i tre.
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I volontari offrono degli appartamenti vuoti e anche lezioni di spagnolo. articolo di Clara Gil
Il comune di Barcellona ha cominciato a gestire le richieste di volontari disposti a collaborare con i rifugiati. Da quando il sindaco Ada Colau ha condiviso sui social networks la sua volontà di trasformare Barcellona in città rifugio, le richieste di famiglie disposte ad offrire alloggio per accogliere i rifugiati sono andate aumentando.
Fonti municipali hanno anticipato che ancora non dispongono di cifre esatte nè di un canale ufficiale per registrare tutte le petizioni. Le richieste stanno arrivando tramite le reti sociali, le telefonate e le lettere indirizzate al comune. Gabriela Rodriguez, una giovane attivista, ha anticipato la giunta comunale ed ha progettato una pagina web per registrare il complesso degli aiuti offerti. “I più scrivono per chiedere in cosa possono aiutare e forniscono una sintesi del loro profilo”, afferma Rodriguez. Gli aiuti, offerti da varie città del paese, vanno dall’offerta di abitazioni vuote per accogliere i rifugiati, fino a famiglie che si prestano a donare alimenti, a cucinare per loro o a dare lezioni di spagnolo.
Testo originale: El drama de los refugiados: “Nadie nos contrata por ser refugiados”