Il gusto del picchio. Una storia d’amore
Recensione e intervista di Silvia Lanzi, 27 novembre 2012
“Il gusto del picchio”. Un libro dal titolo un po’ strano che mi è stato spacciato come lettura estiva. Se per lettura estiva si intendono libri leggeri, non impegnativi, allora non si tratta di una lettura estiva. Il libro di Elisabetta Pasquali infatti, pur essendo molto scorrevole è anche molto denso. Sembrerebbe una contraddizione, ma non è così: i capitoli si bevono tutti d’un fiato, e uno dopo l’altro, mai melensi, raccontano una storia d’amore.
Che potrebbe essere definita classica – tra paziente e analista. Se non che la bravura di Elisabetta sta proprio nell’aver saputo portare nuovo respiro a questo che molti definirebbero un cliché. La storia d’amore è forte ma delicata e tenera, mai trash. Non si cade mai nel banale; neppure il finale, che sembrerebbe scontato vista la tragicità del racconto lo è. E poi, la forza dei sentimenti, quell’essere comunque dipendenti, nel bene e nel male, dagli altri, sono sentimenti forti, raccontati in un modo che sa conquistare.
La fragilità di Elena (la psicoterapeuta che invece di essere forte e “risolta”, si trova a mostrare il suo sé più vulnerabile), l’ingombranza della signora Schassi (madre soffocante ed egocentrica), il perenne defilarsi del marito (professionista di successo, ma uomo debole) – Clara, bulimica e alcolista, malata per colpa degli altri; Filippo l’egoista; il Guru che sa tutto ma non ha bisogno di dire niente; Gildo, con la sua sapienza che sembra respiri insieme a iodio e salsedine; il padre morente; la madre… Questi sono protagonisti e comparse di un lungo racconto orchestrato alla perfezione.
E il tocco di genio finale, quel monologo sull’incidente, che mostra quelle ferite sul corpo di Elena che le sono entrate talmente dentro da penetrarle nel cuore…e i particolari, i moti dell’animo – spesso repentini e all’apparenza scostanti – i piccoli riti (come quello del lavaggio dei capelli) che fanno rimanere attaccati alla vita… Da leggere sicuramente. E adesso, la parola ad Elisabetta.
Come ti è venuta l’idea di scrivere un libro?
L’idea di scrivere il libro mi è venuta pensando a che cosa mi,sarebbe piaciuto leggere. Ho immaginato la trama di una storia che potesse prendermi e al tempo stesso lasciarmi qualcosa. E ho iniziato a scriverla.
Perché una trama come questa incentrata su psicologia/psicoterapia?
La psicoterapia come pure la psichiatria mi hanno sempre affascinato, anche se non mi sono mai sottoposta all’analisi. Ma credo che sia un’esperienza, anzi una tappa obbligata che ognuno di noi dovrebbe sperimentare. Scrivere è una sorta di autoanalisi, a maggior ragione se si decide di trattare certi argomenti.
Nel libro sembra che solo l’amore può guarire. Esiste, secondo te, un'”intelligenza dell’amore”?
Non so se si possa parlare di un’intelligenza dell’amore, so però, per averlo provato sulla mia pelle, che l’amore a volte può essere la medicina più efficace. Nel mio libro cura e amore si sovrappongono in modo pericoloso, sicuramente discutibile, eppure il sentimento che nasce se non arriva a guarire per lo meno prende per mano le protagoniste guidandole alla consapevolezza di sé. E io credo che ignorare se stessi sia la malattia più grave di cui ci si possa ammalare, anzi da cui ci si rifiuta spesso di guarire.
Amare se stessi è il requisito per amare gli altri…
Io direi piuttosto che è l’inverso: se ami qualcuno, impari ad avere piu rispetto per te stesso, perche ora appartieni anche alla persona che ami. Amare significa archiviare l’uso del singolare.
Stai scrivendo qualche altra cosa?
Sto terminando il secondo romanzo che però è di genere completamente diverso. Dopo un libro forte come il picchio io per prima avevo bisogno di riprendere fiato e l’ho fatto attraverso una commedia leggera, dove si ride tanto senza rinunciare a riflettere. Ecco un altro privilegio di chi scrive: vivere tante vite pur avendone soltanto una a disposizione!
Elisabetta Pasquali, Il gusto del picchio, editore Robin, 2008, 384 pp.