Il movimento di liberazione dei gay e delle lesbiche nelle Chiese degli Stati Uniti
Brano tratto da “The lesbian and gay liberation movement in the Churches of the United States (1989-1993)” di James D. Anderson pubblicato su mlp.org, traduzione di Francesco F.
Nelle Chiese cristiane degli Stati Uniti, a partire dalla metà degli anni ’70, è nato il movimento di liberazione dei gay e delle lesbiche per una piena e aperta partecipazione dei cristiani omosessuali alla vita delle chiese statunitensi.
Perché, come diceva il pastore William Sloane Coffin, “il problema non è come conciliare l’omosessualità con … le Scritture che sembrano condannarla, ma piuttosto come si fa a conciliare il rifiuto e la punizione degli omosessuali con l’amore di Cristo”.
Le mie credenziali nell’intraprendere la scrittura di questo articolo sono più legate alla partecipazione a questa battaglia che all’ambiente Universitario.
Sono un professore universitario e un decano, ma il mio campo sono gli studi di biblioteconomia e informazione, non la sociologia o la storia della religione o qualunque cosa relativa a studi teologici, biblici o religiosi.
Dal 1977 ho lavorato a Rutgers, l’Università Statale del New Jersey, dove, oltre a servire come decano associato e professore nella Scuola di Studi di Comunicazione, Informazione e Biblioteconomia ho, dal 1988, presieduto il Comitato Selettivo per la questione gay e lesbica.
Nel 1989, questo Comitato Selettivo pubblicò uno dei più ampi studi sulla vita dei gay e delle lesbiche e la sua vita in una grande comunità di un’Università Statale. Sono stato per tutta la vita un presbiteriano e sono figlio di un ministro presbiteriano (John Lang Anderson di Portland, Oregon) e una presbiteriana anziana (Sarah Elizabeth Parker Anderson).
Dei quattro figli dei miei genitori, sono l’unico ad essere rimasto in modo consistente attivo nella Chiesa Presbiteriana, ed è stata la lotta per la liberazione dei gay e delle lesbiche in questa chiesa che ha mantenuto il mio interesse per essa e ha ispirato il mio coinvolgimento e i miei sforzi. Sono stato sposato con la stessa persona – un uomo meraviglioso – da 22 anni, un matrimonio che la mia chiesa si rifiuta ancora di riconoscere e onorare.
La nascita dei gruppi di gay e lesbiche nelle chiese americane
A questa conferenza, stiamo osservando una varietà di gruppi di volontari all’interno e al di là della Chiesa istituzionale. Ci interessa sapere cosa ha ispirato la loro nascita e il loro commino e come essi interagiscono con l’establishment istituzionale.
Come è stato affermato nell’articolo “Themes and topics” di questa conferenza, “tutti sanno che un indeterminato numero di membri, anziani e ministri potrebbero essere stati gay e lesbiche “praticanti” [2, sezione C. 2]. Vi assicuro che ve ne sono stati e tanti nel corso della storia, come confermato da un numero crescente di storici, incluso John Boswell [3]. Questo numero include recentemente i moderatori della Chiesa Presbiteriana così come ogni altra categoria di membri in ogni denominazione cristiana.
Ma (parlando a favore di questa immensa schiera di testimoni che precedono e co-esistono con me) abbiamo vissuto per lo più le nostre vite nella segretezza. Quando Bill Silver divenne il primo candidato felicemente e apertamente omosessuale per il ministero dell’ex-Chiesa Presbiteriana Unita negli Stati Uniti, quella denominazione non sapeva che fare di lui. La questione non era affrontata nel Book of Order, la parte della nostra costituzione che si occupa delle qualifiche per i ministri ordinati.
Così un ministro timoroso, presbitero a New York City, dove Bill Silver era “sotto attenzione” come candidato per il ministero, si rivolse all’Assemblea generale per avere una “decisione definitiva” su tale questione.
L’Assemblea Generale del 1976 non seppe come agire, così venne istituita una task force per studiare l’argomento omosessualità. Due anni più tardi la maggioranza di quella task force dichiarò che l’omosessualità, di per sé, non è un ostacolo all’ordinazione agli incarichi nella Chiesa Presbiteriana di: diacono, anziano o ministro.
“Può un cristiano auto-affermatosi omosessuale e praticante, essere ordinato? Crediamo di sì, se la persona manifesta le caratteristiche che sono richieste per l’ordinazione. Per alcuni cristiani omosessuali la crescita verso una vita cristiana matura potrebbe implicare l’accettazione del celibato; per alcuni potrebbe implicare a cercare un ri-orientamento verso l’eterosessualità; tuttavia, per altri potrebbe implicare il rimanere aperti o acquisire una unione completa con una persona dello stesso sesso.
La maturità spirituale o la sua assenza è un attributo che è pertinente non ad una classe di persone ma delle persone. Quindi, ciò deve essere istintivamente identificata e valutata separatamente in ogni individuo candidato per l’ordinazione, mentre la chiesa, condotta dallo spirito e guidata dalla Parola di Cristo, cerca di discernere e verificare le doti di quel particolare candidato al ministero” [4, p. D – 172].
Ma questa raccomandazione fu davvero troppo per l’Assemblea Generale del 1978 che dichiarò invece che l’omosessualità era un peccato – “Concludiamo che l’omosessualità non è il desiderio di Dio per l’umanità” – e che quindi, “una pratica omosessuale di cui non ci si pente non si accorda con i requisiti dell’ordinazione” [5, p. 58-61].
Tali conclusioni erano basate non su fatti o conoscenze, ma su una credenza: “sembra che ciò che è realmente importante non è quello cosa è l’omosessualità ma ciò che si crede riguardo ad essa” [5, p. 58].
Una frase chiave in questa direttiva del 1978 era “le persone… che dichiarano la loro identità e pratica omosessuale” o i “praticanti omosessuali che si auto-dichiarano” [5, p. 61]. Perciò è chiaro che non era l’omosessualità di per sè il problema, ma l’affermazione dell’omosessualità.
Candidati che mentono, che stanno nell’ “armadio” (come hanno fatto per secoli), e specialmente coloro che odiavano la propria omosessualità (e perciò loro stessi) erano a posto e potevano essere ordinati, e continuavano ad essere ordinati.
La nuova direttiva puntava a scoraggiare l’onestà, l’integrità e ogni apertura come denigrava e si opponeva all’omosessualità. Il buon popolo presbiteriano desiderava semplicemente che il problema sparisse. “Perchè doverne parlare?”, continuavano a ripetere.
Per la prima volta da quando le donne vennero finalmente accettate come membri e partecipanti a pieno titolo, questa nuova direttiva, ancora valida, creò due classi di membri, con regole molto differenti per le due classi, una specie di apertheid ecclesistico.
Gli “zio Tom” gay e lesbiche che possono accedere alle regole della maggiornaza ma se nascondono il loro status (“passano”) oppure se ripudiano il loro status (se si “pentono”) e promettono un celibato lungo una vita a meno che essi scelgano di avere una relazione eterosessuale.
Invece i Gay e le lesbiche presbiteriani felici e apertamente omosessuali, specialmente quelli coinvolti in una relazione, devono obbedire ad un sistema di leggi separato, create solo per loro.
Come nel modello sudafricano dell’apertheid politico, questo apertheid ecclesiastico ha portato negli anni recenti, da una decisione dei tribunali ad un’altra, a regolamenti sempre più dettagliatamente separatisti ed iniqui.
I ministri gay e lesbiche presbiteriani, che erano stati ordinati prima del 1978, potevano mantenere la loro ordinazione ma non avrebbero potuto ricevere chiamate per il servizio.
Per i candidati pienamente qualificati per il ministero non potevano essere scelti se erano apertamente gay e lesbiche, a meno che non promettavano di mantenere il celibato; inoltre le congregazioni, i presbiteri e i sinodi avevano il permesso di fare dichiarazioni di “benvenuto”, che richiedano una piena partecipazione e la partecipazione dei gay e delle lesbiche presbiteriani, ma non potevano promettere loro di agire.
La situazione che condusse alla creazione dei gruppi di liberazione gay e lesbici all’interno delle chiese era il silenzio e la segretezza sulle persone omosessuali, transessuali e lesbiche e l’esclusione sociale anche di quanti non erano dichiarati. Troppi cristiani omosessuali si stufarono di rimanere nel buio, nella menzogna, nella segretezza e nella disinformazione. Si ispiravano al movimento per i diritti civili, al movimento femminista e alle tematiche di liberazione che fiorirono negli anni ’60.
Il moderno movimento dei gay e delle lesbiche nacque, almeno in modo simbolico, con la ribellione di Stonewall al Greenwich Village di New York, nel 1969. Per la prima volta gli omosessuali e i transessuali combatterono contro la polizia durante un raid ad un bar gay.
Gruppi di liberazione di gay e di lesbiche secolari sbocciarono rapidamente. I gruppi gay e lesbici di liberazione nelle chiese seguirono questi dopo poco – gli Amici (per i Quaccheri) nel 1970, la Chiesa Unita della Coalizione di Cristo nel 1972, il PLGC e Integrity (per gli Episcopali) nel 1974, il consiglio mennonita nel 1976, l’Unione degli Avventisti del Settimo Giorno nel 1977, per nominarne solo alcuni.
La fondazione della Chiesa Comunitaria Metropolitana per il servizio e il ministero ai gay e alle lesbiche precedette di un anno la ribellione del 1969. […] La maggioranza di essi non sono mai stati formati o non sono mai stati costituiti solo da persone gay o lesbiche, come il termine “gruppo” implicherebbe. Essi infatti non sono mai stati e non sono gruppi di sole persone gay e lesbiche.
Articolo originale
Brano tratto da “The Lesbian and Gay Liberation Movement in the Churches of the United States, 1969-1993” di James D. Anderson (Communications Secretary Presbyterians for Lesbian & Gay Concerns)