Il Pride di Gerusalemme tra tensioni e arresti
Articolo di Luca Minoli e Michelle Toulouse pubblicato sul sito Giannielle il 5 agosto 2017
C’era un’atmosfera diversa al Gay Pride di Gerusalemme, che si è svolto lo scorso giovedì, 3 agosto rispetto a quello di Tel Aviv di giugno, forse un po’ meno gioiosa, ma più rivendicativa in termini di diritti per le persone LGBT.
Secondo il quotidiano israeliano Haaretz sono stati in 22 mila a sfilare per le strade della “citta santa”, 12 mila secondo la polizia. Almeno 22 manifestanti sono stati arrestati prima e durante la manifestazione, uno dei quali con addosso un coltello, che riporta alla mente il Pride insanguinato del marzo 2015, quando Shira Banki, una ragazza di soli 16 anni venne pugnalata a morte da un ebreo ultraortodosso. L’attentatore che ha pugnalato altre tre persone durante la sfilata è stato recentemente rilasciato. Migliaia di persone hanno lasciato un fiore, sul memoriale a lei dedicato.
Un gruppo di almeno 5 uomini ha cantato al passaggio della parata: “Gerusalemme non è Sodoma!”. Un piccolo episodio che dimostra quanto sia ancora difficile organizzare un Pride in una delle città più ostili del mondo. Secondo i rabbini “la sacralità di Gerusalemme risulterebbe violata dal Gay Pride”.
Nonostante tutto il Pride è una festa, ed ecco che al Liberty Park, un gruppo di orsi – con la loro bandiera con i colori della terra – distribuisce opuscoli in ebraico e in inglese su cosa sia la “cultura bear”. Guy Frenkel, 34 anni, uno specialista in relazioni internazionali di North Brunswick, spiega: “In un momento in cui l’omofobia sta ritornando con prepotenza, è importante dimostrare solidarietà. Anche a New York rischi di essere preso a calci nel culo. È successo a Hell’s Kitchen, a Manhattan”.
Un bell’esempio di inclusione è stata la festa organizzata la sera prima dove in un spettacolo dove si sono esibite diverse drag queen c’erano anche “ebrei credenti in kippot e musulmani in hijab”, come ha twittato Avi Mayer, portavoce della Jewish Agency .