Il ritorno degli Scout: “Rompiamo il tabù dell’omosessualità”
Articolo di Roberta Benvenuto e Marco Bracconi pubblicato sul sito de La Repubblica.it il 29 settembre 2014
“Faccio parte del Genova 49. Sono scout da 14 anni circa. Ho fatto tutto il percorso, Castorini, Reparto, Jamboree, Noviziato. Adesso sono in Clan. Ma forse andrò via, non prenderò la Partenza (culmine e momento conclusivo del percorso educativo scout, ndr). Ragionerò molto, prenderò il mio tempo.
Sono omosessuale. E prima di tutto lotto per i miei diritti. Se non vengono accettati all’interno del mio gruppo e dell’Associazione, continuerò a battermi. Di sicuro non mollerò tutto. Però non è facile. Vedere le persone con cui hai condiviso tanto cambiare espressione nel momento in cui apri te stessa, è una esperienza molto amara”.
Chi parla è Ilaria Braccialini, 18 anni, scout della cattolica Agesci. Assieme ad altri trentamila ragazzi ha partecipato alla Route nazionale di agosto, durante la quale è stata scritta la Carta del Coraggio.
Un documento nel quale i ragazzi ribadiscono la propria adesione ai principi del movimento ma sollecitano anche cambiamenti su alcune grandi questioni, non ultime la sessualità e l’amore.
Nella vostra Carta parlate di amore come “via per aprirsi al mondo e andare contro le sovrastrutture mentali, pregiudizi e preconcetti”. In che senso? “Nella nostra associazione alcuni aspetti della questione sono stati finora trattati come un tabu. Non ci sono stati espliciti divieti, né pubbliche “condanne”. Eppure temi come l’omosessualità, coppie di fatto, divorzio sono sempre stati fonte di imbarazzo. Fino al silenzio. Non parlandone, però, il problema non è stato risolto. Così è molto più facile chiudere gli occhi e credere che questi problemi non ci siano”.
Esistono eccezioni a questo approccio, per così dire, negazionista? “Ho esperienza personale di gruppi in cui l’omosessualità è radicalmente osteggiata. So di persone omosessuali espulse dal gruppo. Naturalmente, ci sono anche persone e gruppi più aperti che non lo vedono come un problema.
Di certo non conosco gruppi in cui i capi siano dichiaratamente omosessuali o in cui i ragazzi possano esplicitamente dire il proprio orientamento. Si ha paura: piuttosto che venire cacciati o allontanati si preferisce la via del silenzio.
Nell’Agesci che differenza di situazione c’è tra un ragazzo omosessuale e un educatore, un capo omosessuale? “Nella maggior parte dei casi il ragazzo non viene espulso ma, come dire, ‘tollerato’. All’educatore invece, è molto difficile che venga data l’opportunità di diventare capo.
Ma il punto è che in certe fasce di età la convivenza può risultare complicata se non si riconosce una certa protezione “culturale”, se non si aiutano anche i ragazzi ad aprire la mente. Se i capi non svolgono opera di sensibilizzazione su certi temi, allora tutto diventa ancora più difficile”.
Ti riferisci ad episodi di nonnismo, bullismo, prese in giro? “Sì, esatto. Tra i ragazzi accadono purtroppo cose del genere. Anche solamente una battuta può limitarti nella crescita e dunque anche nella capacità di amare. Da questo punto di vista i capi, anche volendo, non hanno grandi margini di manovra, perché se un ragazzo è vittima di bullismo in quanto omosessuale e il capo ha il divieto di parlarne si finisce in un vicolo cieco. E si innesca un processo che tende alla chiusura.
Se non ne parli ai ragazzi, che magari sarebbero i primi ad accettare tutto con leggerezza e naturalezza, poi è difficile affrontare il tema con serenità”.
Voi dunque con questa Carta vi appellate alla Chiesa e all’Agesci. In sostanza, cosa chiedete? “Per quanto riguarda la Chiesa sappiamo che un’accettazione totale è molto difficile. Chiediamo almeno un’apertura mentale e un dialogo: un parlarne, sapere che l’omosessualità esiste che non deve essere trattata come un peccato e le persone omosessuali come malati da guarire. È un normale modo di vivere.
L’omosessualità è un amore che può valere come l’amore che la Chiesa giudica ‘normale’.
Un’apertura del genere l’abbiamo vista già, grazie al nuovo Papa. Speriamo che questo atteggiamento possa “contagiare” le sfere più alte e poi a sua volta tutti i cattolici.
All’Agesci chiediamo che questo problema venga messa all’ordine del giorno. Che si prendano le decisioni adeguate. Si deve capire che un educatore che esprime il proprio orientamento sessuale ‘diverso’ può avere capacità e abilità di educare come qualunque altro capo eterosessuale.
Inoltre serve un’opera di sensibilizzazione degli stessi ragazzi. Siamo i cittadini del domani, il cambiamento parte da noi. Chiediamo insomma di parlarne perché nel silenzio le cose non si risolvono”.
La base di questo silenzio è dunque lo stretto legame tra l’Agesci e la Chiesa? “È comunque un’associazione cattolica e segue i dettami della Chiesa. Se la Chiesa ritiene che l’omosessualità sia un problema, l’Agesci a sua volta lo riterrà allo stesso livello e non se ne parlerà”.
Nel vostro documento dite di credere in un amore per sempre e di unicità e poi parlate di accettazione del divorzio, e chiedete che i capi divorziati o separati possano educare. Le due cose non sono in conflitto? “Non credo. Si può educare ad alcuni valori anche se quei valori, per i più diversi motivi, non hanno un riscontro nella propria vita personale”.
Ti sei dichiarata al tuo gruppo? “Sì. Sto cercando di portare attenzione sul problema e vedere se si possono se si possono cambiare le cose. Naturalmente avrò a sostenermi anche la Carta del coraggio, sapendo che non potranno ignorarla, visto che nasce da tanti ragazzi del movimento”.
Qual è l’Agesci in cui vorresti essere capo domani, considerando la tua omossessualità? “Purtroppo il mio orientamento sessuale ha fatto sì che io mi allontanassi in realtà dalla scelta religiosa. Se non ci si sente accettati da quel punto di vista, la religione diventa ‘nemica’. Non vorrei cambiare l’Agesci in quanto associazione cattolica. Ma ci sono omosessuali che credono in Dio e ne hanno pieno diritto.
Da questo punto di vista ci vorrebbe una rivoluzione. Io ho partecipato al Jamboree (raduno periodico degli scout di tutto il mondo, ndr), il movimento scout è presente in tutto il mondo e in molte nazioni l’orientamento sessuale non è assolutamente un problema e la religione su questi temi non influenza più di tanto”.
Cosa chiedete, invece, allo Stato? “Allo stato chiediamo leggi che possano tutelare, e combattere le discriminazioni. Ma anche aiutare ad aprire la mente dal punto di vista culturale. In Italia siamo terribilmente indietro”.
Questa carta, con queste richieste l’avete data anche a Renzi? “Si, assolutamente. Ha detto che non passerà nel silenzio. Questo ci ha promesso e noi speriamo che mantenga la promessa”.
Verificherete? “Eravamo in tanti e siamo sicuri che non ci ignoreranno. Ma andremo sicuramente a vedere. Anche all’interno dell’Agesci verificheremo che nessuno ignori la richiesta di cambiamento di trentamila ragazzi, che poi sono l’Associazione del domani, e i cittadini e gli elettori del futuro.