La Bibbia e il matrimonio gay
Articolo di Lisa Miller tratto dal settimanale Newsweek del 15 dicembre 2008, liberamente tradotto dal gruppo Nuova Proposta di Roma, note di redazione dei volontari di gionata.org
Proviamo per un minuto a metterci nei panni dei religiosi conservatori e proviamo a definire il matrimonio come fa la Bibbia. Dovremmo guardare ad Abramo, il grande patriarca, che dormì con il suo servo (ndr Abramo ebbe un figlio dalla serva Agar), quando scoprì che la sua amata moglie Sara non era fertile?
O a Giacobbe che ebbe figli con quattro donne diverse (due sorelle e le loro serve)? Abramo, Giacobbe, Davide, Salomone ed i re di Giuda ed Israele – tutti questi Padri ed eroi erano poligami. Il modello di matrimonio del Nuovo Testamento è di poco migliore. Gesù stesso era single e predicava l’indifferenza ai legami terreni – specialmente familiari.
Qualche coppia sposata eterosessuale del mondo odierno – che normalmente arriva al matrimonio con idee ottimistiche e stravaganti sull’eguaglianza di genere e sull’amore romantico – potrebbe guardare alla Bibbia come ad un modello da seguire.
Naturalmente no anche se gli oppositori religiosi del matrimonio gay vorrebbe fosse così. La battaglia sul matrimonio gay è stata combattuta per più di 10 anni, ma negli ultimi sei mesi – da quando la California l’ha legalizzato e, dopo che un referendum in novembre ha modificato la Costituzione proibendolo – il dibattito è diventato una guerra su larga scala con … religiosi-retorici a confrontarsi.
Era dal 1860, quando i pulpiti del paese erano pieni di predicatori che si pronunciavano a favore o contro la schiavitù, che non accedeva che una delle nostre istituzioni sociali (ed economiche) basilari fosse così soggetta ad analisi biblica.
Ma, mentre durante la Guerra Civile i tradizionalisti avevano un James Henley Thornwell, e gli avvocati del cambiamento un Henry Ward Beecher, adesso le parti si confrontano inegualmente. Tutta la retorica religiosa, sembra sia a fianco degli oppositori del matrimonio gay, che usano la Scrittura come fondamento alle loro obiezioni.
Il ragionamento che usano suona come quest’affermazione che il reverendo Richard A. Hunter ha rilasciato in giugno all’Atlanta Journal-Constitution: “la Bibbia e Gesù definiscono il matrimonio come unione tra un uomo ed una donna. La chiesa non può accettare o benedire il matrimonio tra persone dello stesso sesso perché contrario alla Scrittura ed alla nostra tradizione”.
A questo ci sono due ovvie risposte: primo, mentre la Bibbia e Gesù hanno detto molte cose importanti sull’amore e sulla famiglia, nessuno dei due esplicitamente definisce il matrimonio come unione tra un uomo ed una donna.
E secondo, come gli esempi sopra citati chiariscono, nessuna persona moderna e sensibile vuole che il matrimonio, proprio o di chiunque altro, assomigli in nulla a ciò che la Bibbia descrive.
Per “matrimonio” in America si intendono due cose diverse, un’istituzione civile ed una religiosa, sebbene sia spesso rappresentato come una confusa aggregazione di entrambi.
Come istituzione civile, il matrimonio spesso offre benefici pratici ad entrambi e partner: diritti contrattuali relativi a tasse; assicurazione; la cura e la custodia dei figli; diritti di visita; ed eredità. Cose istituzione religiosa, il matrimonio offre qualcos’altro: un impegno di entrambi i partner davanti a Dio ad amarsi, onorarsi ed avere cura dell’altro – in salute ed in malattia, per i più ricchi e per i più poveri – conformemente alla volontà di Dio.
In un matrimonio religioso, due persone promettono di avere cura l’uno dell’altro, profondamente, allo stesso modo in cui credono che Dio abbia cura di loro.
I biblisti non saranno d’accordo ma la Bibbia è un documento vivo, potente da più di 2000 anni perché le sue verità ci parlano, anche se noi cambiamo, attraverso la storia.
In questa luce, la Scrittura non ci da nessuna buona ragione per la quale gay e lesbiche non debbano sposarsi (civilmente o religiosamente) – e tante eccellenti ragioni per le quali al contrario debbano.
Nell’Antico Testamento, il concetto di famiglia è fondamentale, ma esempi di quella che i conservatori chiamerebbero “famiglia tradizionale” scarseggiano. Il matrimonio era fondamentale per il fluire della tradizione e della storia così come per il mantenimento del fragile e prezioso monoteismo ebraico.
Ma come evidenzia Alan Segal, studioso della Barnard University Bible, “l’accordo si aveva tra un uomo e quante donne si poteva permettere pagando”. I conservatori citano Adamo ed Eva come prova del concetto “un uomo-una donna” – in particolare questo versetto della Genesi “l’uomo lascerà sua madre e suo padre, e si fonderà con suo moglie e saranno una sola carne”.
Ma, come dice Segal, se si crede che la Bibbia sia stata scritta da uomini e non data da Dio in una rilegatura di pelle, allora questo versetto è stato scritto da persone per le quali la poligamia era naturale.
(Il fatto che coppie omosessuali non possono procreare ha anche portato all’obiezione biblica per cui Dio non ha forse detto “crescete e moltiplicatevi”? Ma gli autori della Bibbia non avrebbero mai immaginato il nuovo mondo fatto di adozioni internazionali e tecnologie di riproduzione assistita – e comunque gli eterosessuali che non sono fertili o che si sposano avendo passato l’età fertile, si sposano in ogni momento).
Ozzie ed Harriet (NdT una coppia modello protagonista dello show radiofonico The Adventures of Ozzie and Harriet andato in oda dal 1944 al 1952) non esistono nel Nuovo Testamento.
Il Gesù biblico – contrariamente ai recenti sforzi di vari scrittori di ritrarlo diversamente – era categoricamente scapolo. Predicava una tipologia radicale di famiglia, una comunità altruista di credenti la cui fede in Dio rimpiazzava tutti i legami di sangue.
Lasciate le vostre famiglie e seguitemi, Gesù dice nei Vangeli. Non ci sarà matrimonio in paradiso, dice in Matteo. Gesù non cita mai l’omosessualità, ma condanna fermamente il divorzio (lasciando una scappatoia in alcuni casi per i mariti di donne infedeli).
L’apostolo Paolo riflette la mancanza d’interesse del Signore dei cristiani in materia carnale. Per lui, il celibato era l’ideale cristiano ma la stabilità migliore era l’alternativa migliore. Sposatevi se dovete, diceva ai suoi discepoli, ma non divorziate. “agli sposati do questo comando (non io ma il Signore): una moglie non si può separare dal marito”. Non c’è bisogno di aggiungere che le parole “matrimonio gay” non appaiono certo nella Bibbia.
Se la Bibbia non fornisce tanti esempi di matrimonio tradizionale, allora a cosa di appigliano gli oppositori del matrimonio gay? Bene, all’omosessualità, ovviamente, e specificamente al sesso tra uomini.
Il sesso tra donne non ha mai provocato tanta ira, nemmeno in tempi biblici. Nella sua prefazione a “Pratiche Omosessuali”, l’Anchor Bible Dictionary nota che in nessuna parte della Bibbia i suoi autori si riferiscono al sesso tra donne, “probabilmente perché non comporta una reale unione fisica (come la penetrazione maschile)”.
La Bibbia condanna invece il sesso gay in una manciata di passi. Due volte il Levitico si riferisce al sesso tra uomini come un abominio (versione di Re Giacomo), ma queste sono frasi buttate lì in un testo specificamente dedicato ai codici di condotta dell’antico mondo ebraico, un testo che dedica interi versetti al trattamento della lebbra, della pulizia, dei rituali per le donne con le mestruazioni e della maniera corretta di sacrificare una capra o un agnello o una tartaruga acquatica.
Molti di noi non prestano più interesse ai precetti del Levitico in materia di taglio di capelli o sacrifici di sangue; la nostra moderna comprensione del mondo ha sorpassato le sue prescrizioni. Perché quindi dovremmo considerare la condanna dell’omosessualità con più serietà di quanto non consideriamo il consiglio, che è molto più lungo, sul prezzo migliore per acquistare uno schiavo?
Paolo è stato duro relativamente all’omosessualità, benché recentemente alcuni studiosi progressisti abbiamo argomentato che la sua condanna degli uomini che “bruciano di lussuria l’uno per l’altro” (cosa che definisce “una perversione”) sia in realtà una critica del peggior tipo di cattiveria; la delusione di se stessi, la violenza, la promiscuità e la dissolutezza.
Nel suo libro The Arrogance of Nations (L’arroganza delle nazioni), lo studioso Neill Elliott sostiene che Paolo si riferisce in questo famoso passo alla depravazione degli imperatori romani, ai costumi codardi di Nerone e Caligola, un riferimento che i suoi ascoltatori avrebbe afferrato immediatamente.
“Paolo non parla di ciò che noi intendiamo con omosessualità” dice Elliott. “Si riferisce ad un certo gruppo di persone che di questa lista hanno provato tutto”.
Non stiamo quindi parlando di nulla lontanamente simile all’amore od al matrimonio gay. Stiamo parlando di individui veramente violenti che incontrano la loro fine e sono stati giudicati da Dio”. In ogni caso, si potrebbe aggiunger, Paolo è più strenuamente contrario al divorzio – ed almeno metà dei cristiani americani non sono d’accordo con questo insegnamento.
Le obiezioni religiose al matrimonio gay non si fondano sulla Bibbia, allora, ma sul costume e sulla tradizione (e, per parlare turco per un minuto, su un personale disagio rispetto al sesso gay che trascende argomentazioni teologiche). Le preghiere ed i rituali pubblici riflettono la nostra pratica comune: il Libro Episcopale delle Preghiere Pubbliche descrive i partecipanti di un matrimonio come “l’uomo e la donna”.
Ma la pratica comune cambia, in il meglio, come disse il Reverendo Martin Luther King Jr, “l’arco della storia è lungo, ma si piega verso la giustizia”.
La Bibbia sostiene la schiavitù, una pratica che gli americani ora universalmente considerano vergognosa e barbarica. Raccomanda la pena di morte per gli adulteri (e nel Levitico per uomini che fanno sesso con uomini proprio in ragione dell’adulterio).
Fornisce un sostegno concettuale all’antisemitismo. Una visione matura dell’esegesi ci richiede, come nel passato, di andare oltre il letterale. La Bibbia è stata scritta per un modo talmente diverso che è francamente impossibile conciliare le sue regole con le nostre.
L’istituto del matrimonio, specificamente, è talmente evoluto da essere irriconoscibile, per esempio, alle mogli di Abramo e Giacobbe.
La monogamia è divenuta la norma nel mondo cristiano dal sesto secolo, le frequenti scappatelle dei mariti con amanti e prostitute sono divenute un tabù all’inizio del XX secolo (nel sondaggio Newsweek il 55% degli intervistati hanno risposto che gli eterosessuali sposati che fanno sesso con altri rispetto al loro coniuge sono più moralmente sanzionabili di un coppia gay impegnata in una relazione sessuale stabile).
A metà del XIX secolo, i tribunali americani si confrontavano con mogli vittime di violenza domestica, e negli anni ’70 la maggior parte degli stati si sono liberati delle loro leggi che davano ai mariti il diritto di decidere dove sarebbe vissuta la famiglia e se le loro mogli potessero lavorare.
La visione contemporanea del matrimonio come un’unione di partner con uguali diritti e doveri, uniti da una relazione sia romantica e pragmatica, è, per i recenti standard radicale, come afferma Stephanie Coontz, autrice di Marriage a History (Storia del Matrimonio).
Le cerimonie del matrimonio religioso sono già cambiate per riflettere le nuove concezioni del matrimonio stesso. Ricordate quando eravamo abituati a dire “uomo e moglie” invece di “marito e moglie”? Ricordate quando ci fermavamo usando la parola “obbedisci”?
Anche Miss Manners, la voce della tradizione e della ragione, approvò nel 1997 tale cambiamento. “Sembra” scrisse “ che omettere la parola ‘obbedisci’ fosse una ragionevole modifica di una liturgia che supponeva ancora una tipologia di matrimonio che la società non accettava più”.
Non possiamo guardare alla Bibbia come ad un manuale di matrimonio ma possiamo leggerla per le sue verità universali man mano che combattiamo per costruire un futuro più giusto. La Bibbia offre ispirazione ed avvertimenti su materie come l’amore, il matrimonio, la famiglia e la comunità.
Parla in modo eloquente del ruolo cruciale delle famiglie in una società giusta e dei rischi in cui noi ed i nostri bambini potremmo incorrere qualora cessassimo di tendere a legarci tra di noi in coppie che si amano (o relazioni tra due persone basate sull’amore).
I gay amano ricordare la storia dell’appassionato Re Davide e del suo amico Gionata con cui era “uno spirito” e che “amava come se stesso”.
I conservatori dicono che questa è una storia di amicizia platonica ma è anche una storia di due uomini che prendono le difese uno dell’altro in tempi turbolenti, attraverso una guerra violenta e la disapprovazione di un genitore potente. Davide si strappa le vesti alla morte di Gionata ed in lutto scrive una canzone:
Tu eri carissimo per me,
Gionata, come un fratello.
Per me il tuo amore era dolce
più che l’amore di donna.
(NdR II Samuele 1, 26s)
Qui la Bibbia loda l’amore duraturo tra uomini. Ciò che Davide e Gionata abbiano o non abbiano fatto in privato è meglio lasciarlo alla storia ed alla nostra immaginazione.
In aggiunta alla sua l’amicizia ed alla condanna del divorzio, la Bibbia fornisce molti esempi di matrimonio che sfidano le convenzioni ancorché beneficino la comunità.
La Torah scoraggiava gli antichi Ebrei dallo sposarsi al di fuori del nucleo tribale, mentre Mosè stesso sposa una forestiera, Zipporah. La regina Ester è sposata ad un non-ebreo e, secondo la leggenda, salva il popolo ebraico.
Il Rabbino Arthur Waskow dello Shalom Center di Filadelfia crede che il Giudaismo prosperi proprio nella diversità e nell’inclusione. “Non credo che il Giudaismo possa o debba voler lasciare una parte dell’umanità al di fuori del processo religioso” dice. “Non vogliamo lasciare (gli omosessuali) fuori dalla sacra tenda”.
Il matrimonio di Giuseppe e Maria è anch’esso non ortodosso (a dir poco), un caso di accordo non convenzionale accettato dalla società per il bene comune. Dopo tutto, il ragazzo aveva bisogno di due genitori…
Nella storia cristiana, il messaggio di accettazione per tutti è codificato. Gesù si rivolge a tutti, specialmente a coloro che stanno ai margini, e stringe l’intera comunità cristiana nel suo abbraccio.
Il Reverendo James Martin, uno scrittore gesuita, cita la storia di Gesù che si rivela alla donna al pozzo – che aveva avuto cinque mariti ed un fidanzato in quel periodo – come prova dell’amore di Cristo che include tutti (NdT Alberto Maggi afferma che il testo non deve essere preso alla lettera e che i mariti di cui si parla sono in realtà le divinità che la donna aveva seguito prima d’incontrare Cristo).
Il grande biblista Walter Bruggemann, professore emerito al Columbia Theological Seminary, cita l’apostolo Paolo quando cerca un supporto biblico al matrimonio gay; “Non c’è Giudeo né Greco; non c’è schiavo né libero; non c’è maschio né femmina, perché tutti voi siete una cosa sola, in Cristo Gesù” (NdR Gal 3, 28).
Il ragionamento religioso a favore del matrimonio gay, dice,”non si riferisce generalmente a particolari testi ma alla convinzione generale che la Bibbia è maggiormante rivolta all’inclusione che all’esclusione”.
La pratica dell’inclusione sfida le convenzioni sociali, rivolgendosi verso gli emarginati, l’enfasi sull’unione e la comunità, in contrapposizione al caos e alla depravazione ed all’indifferenza, rappresentano tutti valori che argomentano a favore del matrimonio gay.
Se si è a favore dell’eguaglianza razziale e della comune natura dell’umanità, allora i valori di stabilità, monogamia e famiglia seguono necessariamente. Terry Davis è un pastore della First Presbyterian Church ad Hartford, (Connecticut) che presiede a “sacre unioni” dal 1992.
“Sono contro la promiscuità – l’amore dev’essere espresso in relazioni impegnate, non attraverso sesso casuale, e penso che la chiesa debba riconoscere la validità di relazioni omosessuali impegnate”.
Ancora, poche confessioni ebree o cristiane ufficialmente riconoscono il matrimonio gay, anche negli stati dov’è legale. La pratica varia a seconda della regione, della chiesa o della sinagoga o addirittura dal sacerdote.
Confessioni più progressiste, come ad esempio la United Church of Christ, hanno accettato di supportare il matrimonio gay. Altre confessioni e diocesi tengono cerimonie di “unioni sacre” o “benedizioni” ma rifuggono dalla parola “matrimonio” perché politicamente esplosiva.
Così la frustrante, semantica domanda rimane: i gay dovrebbero essere uniti in matrimonio nello stesso senso sacramentale proprio degli eterosessuali? Io ritengo di si. Se siamo tutti figli di Dio, fatti a sua immagine e somiglianza, allora vietare l’accesso ad un sacramento basandosi sulla sessualità è come vietarlo basandosi sul colore della pelle e nessuna persona serie (o semiseria) sarebbe d’accordo con quest’ultima cosa.
Le persone si sposano per raggiungere una “gioia vicendevole” spiega il Reverendo Chloe Breyer, executive director dell’Interfaith Center in New York, citando la cerimonia matrimoniale episcopaliana. Questo è ciò che fanno le persone religiose: aver cura l’uno dell’altro nonostante le difficoltà, aggiunge.
Nel matrimonio, le coppie crescono più vicine a Dio: “il modo in cui ami Dio è stando in comunione con un’altra persona. Questo è ciò che significa il matrimonio”.
Più basilare della teologia è il bisogno dell’uomo. Noi vogliamo, come ha fatto Abramo, invecchiare circondati da amici e dalla famiglia ed alla fine essere sepolti in pace tra di loro. Noi vogliamo, come Gesù ha insegnato amarci per il nostro stesso bene e per quello del mondo intero. Noi vogliamo che i nostri figkli crescano in ambienti stabili. Ciò che accade nella stanza da letto, realmente non ha nulla a che fare con niente di tutto questo.
Il mio amico, il sacerdote James Martin, dice che il suo brano preferito delle Scritture, a proposito di omosessualità, è il Salmo 139, un canto che loda la bellezza e l’imperfezione in tutti noi e che glorifica la conoscenza di Dio del nostro più intimo essere: “Io ti celebrerò, perché sono stato fatto in modo stupendo” (NdR Salmo 139, 14s).
Ed aggiunge che nel suo cuore crede che, se Gesù fosse vivo oggi, avrebbe scelto tra noi di raggiungere specialmente gay e lesbiche perché “Gesù non vuole che le persone siano sole e tristi”.
Facciamo in modo che la preghiera di questo sacerdote sia la nostra.
* Lisa Miller è redattrice (dal 2000) del settimanale progressista statunitense Newsweek, su cui si occupa sopratutto dell’impatto della religione sulla società americana. Ha inoltre contribuito a lanciare “OnFaith” uno spazio di discussione on-line su religione e fede, moderato dai giornalisti della Redazione del Newsweek e del Washington Post.
Testo originale