La catena telefonica omofoba del prete di Perugia
Riflessioni di Massimo Battaglio
In questi giorni, sta circolando un’orribile catena telefonica diffusa via whatsapp, attribuita a un sacerdote della diocesi di Perugia, quella retta dal cardinal Bassetti. I toni e i contenuti, particolarmente bugiardi e deliranti, suggeriscono di non soprassedere. Riportiamo il tutto:
DECRETO ZAN: un decreto Liberticida se approvato. Ecco PERCHÉ:
1. una coppia viene da me, prete, per essere sposata, riceve il mio “no”, mi denuncerà per il reato di “discriminazione” e io sarò punito con una grossa multa e col carcere.
2. Idem, se mi chiedono una benedizione.
3. Idem se dovessi predicare che l’unica famiglia è quella naturale, voluta da Dio fin dalle origini.
4. Gli studenti appartengono allo Stato e quindi riceveranno obbligatoriamente lezioni di gender.
5 Se i genitori si ribellano saranno accusati del reato di “discriminazione”, con multa e carcere.
6. Dire al catechismo che i figli hanno diritto a un papà e una mamma, sarà un reato di “discriminazione” e comporterà multa e carcere.
Questo e tanto altro comporterà il decreto Zan. Un vero stato di polizia in mano alle lobby omosessuali. Un decreto che ha inventato il reato di opinione, proprio come facevano Hitler e Stalin. Dietro vi sono poteri forti diabolici, che vogliono distruggere la famiglia, per poter manipolare a proprio piacimento la popolazione.
ATTENZIONE. cattolici:: svegliamoci prima che sia troppo tardi. I figli delle tenebre sono all’opera. Chi non si oppone, diventa connivente e corresponsabile del male che sarà causato da quel decreto.
Don Carlo Rocchetta Responsabile del Centro Familiare Casa della Tenerezza (Perugia) e docente di teologia presso lo Studio Teologico di Assisi.
Ps: massima divulgazione, grazie
E’ davvero avvilente che il “dialogo” che la Chiesa chiede al Parlamento italiano sul ddl Zan debba svolgersi su livelli così infimi. E’ infatti superfluo argomentare che tutte le affermazioni contenute nello scritto attribuito a don Carlo Rocchetta sono totalmente prive di qualunque fondamento di verità, oltre che gravemente lesive della dignità e dell’onore di tutte le persone omosessuali e delle loro organizzazioni.
Ci permettiamo di ricordare piuttosto (ed è bene farlo da queste pagine per non rischiare di essere ignorati) che l’ordinamento giuridico italiano punisce “chiunque, comunicando con più persone, offende l’altrui reputazione”, con la pena di un anno di reclusione, elevabile a due anni “se l’offesa consiste nell’attribuzione di un fatto determinato” (CP art. 595). Tali pene sono commutabili in multe ma di importo piuttosto elevato.
Inoltre, il Codice Penale della Repubblica Italiana, all’art. 656, contempla il reato di “pubblicazione o diffusione di notizie false, esagerate o tendenziose, atte a turbare l’ordine pubblico”. Le pene previste vanno da tre a sei mesi di reclusione, commutabili in multa.
La legge italiana punisce infine “chiunque, pubblicamente, cerca con qualsiasi impostura, anche gratuitamente, di abusare della credulità popolare” (CP art. 661). In tal caso non è prevista una pena detentiva ma una multa che va dai 5000 ai 15000 €.
Ma ciò che suscita particolarmente la nostra indignazione è il constatare che un sacerdote, persona al servizio della Verità, pare invece adoperarsi nella diffusione di menzogne, che vanno nella direzione opposta a quella dell’amore di Cristo, che, va ricordato, si orienta preferenzialmente sui più deboli.
L’operazione attribuita a don Rocchetta, al contrario, sembra voler scientemente produrre paura nell’opinione pubblica e odio verso una categoria particolarmente vulnerabile di persone.
Ci piacerebbe che il vescovo di competenza verificasse l’attribuzione di questa azione al sacerdote in questione e, qualora sia autentica, prendesse adeguati e paterni provvedimenti nei suoi confronti. Siamo però persuasi che non lo farà perché, nella sua qualità di presidente della Conferenza Episcopale Italiana, ha altre cose di cui occuparsi.
Non resta quindi che ricordare che, in casi analoghi, i protagonisti sono stati poi tacitati per vie legali.