La CEI all’assalto. Come i vescovi stravolgono il concetto di obiezione per bloccare le leggi che loro non vogliono

I vescovi italiani, in particolare il segretario generale della CEI, mons. Crociata (mai nome più adatto) chiedono con forza una legge che consenta ai farmacisti di fare “obiezione di coscienza”, cioè in pratica di non dare contraccettivi e “pillola del giorno dopo” a chi, munito di prescrizione medica, li richiede ( vedi in Toscana Oggi, 23/10/09).
Il cardinale Bagnasco rilancia chiedendo il “diritto” all’obiezione per la RU 486 anche per i farmacisti ospedalieri. Una richiesta grave e che deve essere ben valutata nelle sue regioni e nelle implicazioni dirompenti per la convivenza civile e per la morale.
Cos’è la “obiezione di coscienza”?
Dobbiamo far chiarezza. Il principio generale è “ le leggi vanno osservate, anche se non le si condivide”. In un sistema democratico – come è , per ora, l’ Italia – se pensiamo che una legge sia sbagliata ci sono dei meccanismi per cambiarla: le votazioni, il referendum, i movimenti di opinione.
Questo è un principio cardine della convivenza: la legge vale per tutti, non si possono rispettare solo le leggi che consideriamo giuste!
Questa è anche la posizione dei vangeli e di San Paolo. Una osservazione in margine: le leggi sono approvate dalla sovranità popolare, il codice di diritto canonico e le disposizioni del Vaticano e della CEI non hanno nessuna legittimità dal popolo di Dio che ora può, in teoria, solo ubbidire, a differenza di quanto descritto negli Atti degli apostoli e nelle tradizioni delle chiese delle origini che vedono la comunità ecclesiale spesso partecipe.
E l’obiezione di coscienza? Il problema è delicato e sorge quando una legge ti costringe ( ripeto: ti costringe) a fare qualcosa a cui la tua coscienza si ribella in maniera assoluta.
Posto di fronte al dilemma se seguire la coscienza o la legge, puoi decidere di disobbedire ( la disobbedienza civile, ad esempio) subendone, naturalmente, le conseguenze: le sanzioni, il carcere e, per i martiri, anche la morte.
Nel nostro sistema giuridico è stato introdotta, negli anni settanta ( L.772/72), la possibilità di sostituire il servizio militare obbligatorio ( ripeto: obbligatorio) con il servizio civile per coloro che in coscienza non ritenevano di poter usare le armi.
Questa conquista è costata lotte e sacrifici : gli obiettori venivano condannati dai tribunali militari al carcere, prima della approvazione della legge; ricordo che per sostenere gli obiettori furono processati Don Lorenzo Milani e Padre Ernesto Balducci, mentre i vescovi non muovevano un dito, anzi i cappellani militari toscani apertamente condannavano l’obiezione di coscienza, definita “viltà”.
Precisiamo bene i termini: una legge che obbligava tutti i giovani ad imbracciare le armi, la coscienza di chi si rifiutava categoricamente di usare le armi.
Ora la legge è stata superata perché il servizio militare non è obbligatorio: non avrebbe senso entrare ora nell’esercito, e poi proclamarsi “obiettore”. Chi obietta NON entra nell’esercito, ovviamente!
Che senso ha l’obiezione a una legge non obbligatoria?
Quest’ultima considerazione vale ovviamente anche per i farmacisti: da più di trenta anni in farmacia si vendono anticoncezionali: se la loro coscienza gli impedisce di farlo, perché hanno scelto di fare i farmacisti? Perché non cambiano impiego?
Un farmacista può fare tanti altri lavori, in industrie, in laboratori, perfino nella scuola (insegnare igiene e merceologia, ad esempio). Dobbiamo notare che le farmacie sono dei negozi particolari che operano in condizioni di scandaloso monopolio concesso dalla legge.
In altre parole non c’è “libertà” di aprire una farmacia: le farmacie godono dell’assoluto privilegio di essere per sempre le “uniche ed esclusive” in quel territorio ( di caccia, verrebbe da dire). Qualsiasi tentativo di liberalizzare la vendita almeno dei farmaci di automedicazione è sostanzialmente fallito.
Alla legge Bersani sulle liberalizzazioni i farmacisti sono riusciti a porre tanti vincoli, da annullarla praticamente. Nei paesi europei si può comprare una aspirina in qualsiasi supermercato: in Italia no! E infatti nel nostro paese i farmaci sono scandalosamente più cari.
Siamo noi cittadini che paghiamo i privilegi dei farmacisti ; intendo naturalmente i proprietari delle farmacie, non i commessi farmacisti, che vengono sfruttati, vittime anch’essi di questo monopolio.
Richiamo questo punto: se un verduraio fa “obiezione di coscienza” alla vendita dei cavolfiori nel suo negozio, io personalmente non ho nulla da ridire: un altro verduraio potrà aprire un negozio lì vicino e chi vuole un cavolfiore va da lui. Ma la farmacia non è così: gode di un monopolio assicurato della legge.
A questo privilegio esclusivo i farmacisti cattolici vorrebbero aggiungere anche la possibilità di scegliere quali farmaci fornire ai pazienti? E no! Allora si liberalizzino le farmacie! E vorrei vedere a queste condizioni quanti obiettano!
Ha ancora senso la possibilità di obiezione alla legge194/78, interruzione volontaria di gravidanza?
Ma il discorso può essere applicato anche agli obiettori alla legge sull’aborto. In Italia – come in tutta Europa – c’è da 31 anni una legge che regolarizza l’interruzione della gravidanza nelle strutture pubbliche. La legge è stata confermata anche da un referendum (1981).
Qualcuno mi può spiegare che senso abbia la possibilità concessa ai sanitari di rifiutarsi di applicare la legge? Se un ginecologo non è d’accordo, perché chiede di lavorare in un ospedale pubblico? Può lavorare in una clinica privata, in un ambulatorio, nella libera professione.
Comodo essere assunti in un reparto pubblico, prendere i quattrini, e poi rifiutarsi, per “coscienza”, di fare quello che la legge prevede sia fatto in quel reparto!
Capisco, forse, che quando la legge è entrata in vigore ( più di 31 anni fa) ci potevano essere casi particolari, dei medici che già lavoravano da prima della legalizzazione e che si sono visti “cambiare le carte in tavola”, per così dire.
Ma tutto il personale che è stato assunto negli ultimi trenta anni sapeva perfettamente cosa la legge prevede. Non sarebbe ora di smettere con questo assurdo privilegio e di chiedere a chi vuole fare obiezione semplicemente di scegliere un altro lavoro? Nessuno è obbligato a lavorare nei reparti di ginecologia degli ospedali pubblici!
In conclusione io credo che non si possa applicare il concetto di “obiezione di coscienza” a circostanze in cui l’obiettore ha scelto di porsi liberamente, scartando tante altre alternative possibili.
L’uso strumentale che il vaticano fa dell’obiezione di coscienza
Ma perché la CEI continua a insistere sull’obiezione di coscienza per medici e farmacisti, invece che promuovere un normale mutamento legislativo? In realtà aveva già provato questa strada con i referendum sul divorzio (1974) e sull’aborto ( 1981) ed era stata sonoramente sconfitta. L’obiezione di coscienza in questa maniera strumentale permette di bloccare le leggi che la CEI non vuole.
In ospedale chi obietta semplicemente viene esentato da un lavoro scomodo e poco gratificante ( gli aborti) e non ha nessun aggravio ( ad esempio, visto che dice di farlo per ideali, un servizio volontario compensativo nei consultori). Comodo, molto comodo! In altre parole il richiamo all’obiezione è un modo per inceppare la applicazione della legge, non avendo il consenso sufficiente nel paese per cambiarla!
La coscienza non c’entra per nulla: è solo uno sporco gioco di potere! Del resto i vescovi stessi si autoerigono difensori della coscienza, ma sono loro che vorrebbero decidere cosa la coscienza deve fare nei casi di contraccezione, coppie di fatto, fecondazione assistita, fine vita.
Bella contraddizione: libertà di coscienza di fare quello che dicono loro! E’ infatti strano che i vescovi si riempiano la bocca di preminenza della coscienza quando parlano di medici e di farmacisti, in una maniera impropria come ho detto prima, e non quando parlano di donne che devono scegliere se abortire o di coppie che scelgono gli anticoncezionali: forse questi fratelli non hanno coscienza? Non devono decidere secondo coscienza?
Ah, dimenticavo, la coscienza deve essere rettamente illuminata! Da chi? Da loro, naturalmente! Un altro triste esempio di come la gerarchia ecclesiastica sia sostanzialmente una struttura di potere.
Mi vengono in mente due passi evangelici: “ Guai a voi, maestri delle legge, perché mettete sulle spalle della gente dei pesi troppo faticosi da portare, ma voi neppure con un dito aiutate a portarli”. “Guai a voi, maestri della legge, perché avete portato via la chiave della vera scienza; voi non siete entrati e non avete lasciato entrare quello che avrebbero voluto” ( Luca 11. 47, 52)