La Chiesa cattolica è troppo rigida rispetto al matrimonio gay
Editoriale de Le Monde del 16 agosto 2012, liberamente tradotto da www.finesettimana.org
Quando l’episcopato cattolico, due anni fa, si è espresso con forza contro il discorso di Grenoble del presidente Sarlozy sui rom, tutti o quasi hanno ritenuto che la Chiesa fosse fedele alla propria vocazione.
Quando i vescovi francesi, a più riprese, hanno espresso la loro preoccupazione per le minacce che la crisi fa pesare sui poveri e sui diseredati, nessuno l’ha accusata di andare oltre la sua missione.
Sembrerebbe quindi un atteggiamento ipocrita, oggi, indignarsi per il fatto che il cardinale André Vingt-Trois chieda ai cattolici, nel giorno della festa dell’Assunta, di elevare una preghiera nazionale in cui si esortano i responsabili politici ad operare per il “bene comune”.
E ci sarebbe anche una certa leggerezza nell’offendersi sentendo il presidente della Conferenza episcopale francese dichiarare che la Francia è stata “posta sotto il patronato della Vergine Maria”, visto che è ciò che egli pensa. E ci sarebbe ipocrisia, anche, nel negargli la libertà di difendere la sua concezione di matrimonio e di famiglia, poiché sono in gioco i suoi valori.
Dopo tutto, se la Chiesa francese vuol fare battaglie di retroguardia, ne ha tutto il diritto ed è affar suo. Piuttosto che levare alte grida, è meglio opporle delle argomentazioni. Tanto appare difficile giustificare il rifiuto categorico del matrimonio omosessuale – ed il suo corollario, cioè il diritto all’omogenitorialità.
Infatti, la rivendicazione delle coppie omosessuali di godere degli stessi diritti e doveri delle coppie eterosessuali – sostenuta dalla promessa di François Hollande di legiferare in tal senso entro la primavera 2013 – risponde ad una triplice logica.
Innanzitutto di tipo storico. In una trentina d’anni, gli omosessuali sono passati dall’ostracismo (nel migliore dei casi considerato una malattia, nel peggiore un crimine) alla tolleranza, poi al riconoscimento, e addirittura ormai all’indifferenza.
In tutti i paesi occidentali, l’evoluzione dei costumi e delle mentalità è stata spettacolare, come testimoniato da tutti gli studi sull’argomento. C’è poi una logica antropologica. Anche se la famiglia resta, secondo l’espressione consacrata, la cellula base della società, essa non obbedisce più a un modello unico e neppure dominante: meno della metà delle coppie francesi sono “legali” (solo il 44% sposate e il 2% coppie di fatto regolarizzate secondo i “pacs”).
Il matrimonio stesso non obbedisce praticamente più ai motivi tradizionali dell’origine e della religione, ma alle esigenze della vita affettiva, che sono simili tra persone dello stesso sesso o di sesso diverso. C’è infine la logica democratica, già operante in paesi estremamente vari, come la Svezia, la Spagna, la Norvegia, i Paesi Bassi e il Belgio.
L’introduzione [in Francia, ndr.] dei “pacs” nel 1999, ha riconosciuto legalmente la coppia omosessuale, ma l’ha esclusa dal diritto alla famiglia (tramite adozione o procreazione medicalmente assistita). In nome di che cosa, se non di un postulato implicito poiché indifendibile – due donne o due uomini sarebbero meno capaci di un uomo e una donna di educare dei figli? È questo principio di uguaglianza che consacrerebbe, che consacrerà, il matrimonio gay. Il dibattito è tutt’altro che anodino. Porta a ripensare la famiglia e la genitorialità. Una ragione in più per non affrontarlo irrigiditi sulle proprie posizioni.
Testo originale: L’Eglise reste trop crispée face au mariage gay