Sono solo io. Un gay cattolico si racconta
Articolo di Philippe Vaillancourt tratto da philippevaillancourt.com (Canada), 1 agosto 2011, liberamente tradotto da Erika P.
Tutto ha avuto inizio con lui ed è con lui che questa serie si conclude. Claude (nome fittizio) accetta di confidare le proprie angosce legate al fatto di essere un omosessuale cattolico.Il primo incontro preparatorio a questo colloquio è frutto del caso. La discussione nacque la sera del 25 marzo 2011, qualche minuto dopo che Mons. Gérald C. Lacroix si fu seduto per la prima volta sul seggio episcopale di Québec, mentre raggiungevamo le nostre auto nella notte ufficialmente primaverile, ma ancora decisamente invernale.
Claude ci teneva assolutamente a partecipare a questo evento storico. Non perché probabilmente Québec non avrà un nuovo arcivescovo per il prossimo quarto di secolo, ma perché conosce personalmente Mons. Lacroix. Ancor più, perché Gérald – come lo chiama amichevolmente – l’ha aiutato spesso. L’ha aiutato a scendere a patti con la propria omosessualità.
A condizione di essere lasciato nell’anonimato, Claude ha accettato di fare questo colloquio. Eccoci a metà luglio, a casa sua, in piena canicola. Nella sua casa perfettamente tenuta, tra una tisana, l’aria climatizzata e della musica classica di sottofondo, abbiamo conversato per qualche ora. Claude lavora come funzionario pubblico da diversi anni. Ha quasi quarantacinque anni, vive da solo ed è sempre stato impegnato nella propria parrocchia.
Secondo l’espressione da lui usata, proviene da una famiglia “tradizionale”, molto praticante, in cui la messa della domenica, le preghiere del mattino e della sera e le benedizioni prima dei pasti punteggiavano la sua vita di devozione. Ha sempre vissuto nella regione di Québec e si è orientato verso un impiego tecnico, essendo appassionato di meccanica e tecnologia.
La ragione per cui Claude tiene al proprio anonimato è che non tutte le persone del suo entourage sanno che è omosessuale, ma anche perché non gli è facile vivere in armonia con la sua doppia identità di cattolico omosessuale. Sta facendo un coming out graduale.
Relazioni difficili
Qualche anno fa, Claude ha provato a frequentare una ragazza. L’esperienza non è durata. “Mi sono accorto abbastanza presto che i ragazzi mi attraevano o mi eccitavano. La presa di coscienza è avvenuta in seguito. A vent’anni uscivo con una ragazza. Alla fine ho constatato che non poteva funzionare. Quando passeggiavamo, mi accorgevo che se incrociavamo degli uomini che secondo me erano belli, la mia attenzione si spostava su di loro…”, spiega.
Aveva incontrato questa ragazza in un gruppo di preghiera carismatica che i loro genitori frequentavano. La relazione è durata sei mesi. “Avevamo gli stessi valori. Era implicito che non avevamo fretta di vivere esperienze sessuali, per diverse ragioni. Io, forse provavo un malessere inconscio, mescolato ai miei valori familiari. Lei, anche lei aveva una famiglia cattolica. Insomma, non abbiamo mai avuto rapporti sessuali, non era un problema”.
Dopo qualche mese, Claude capisce che qualcosa non va e chiude la relazione. “La separazione è stata dolorosa per lei. Allora, non pensavo di essere gay, ma sapevo segretamente dentro di me che avevo un’attrazione per gli uomini. Non era una cosa chiara. Sentivo il bisogno di amicizia. Avevo attraversato un periodo in cui non avevo amici…”.
“Per un certo verso, ero più solitario. Avevo un po’ di problemi a integrarmi nei gruppi. Mi facevo gli affari miei. Non so se fosse un bisogno di amicizia o di amore”, precisa Entrato nel mondo del lavoro attorno ai venticinque anni, Claude ha iniziato a frequentare persone diverse, senza che questi incontri si trasformassero in relazioni sentimentali.
“Allora, ho rivissuto una parte della mia adolescenza sviluppando relazioni sociali amichevoli che rispondevano a un bisogno. In questo modo, l’attrazione maschile si faceva più viva. Negli anni seguenti, ho cominciato a infatuarmi dei ragazzi, a volerli conoscere. Un’occhiata in ufficio e via. Spesso, la cosa si è limitata a fare una passeggiata all’ora di pranzo senza poi andare oltre. Nel 100% dei casi erano etero, c’erano poche speranze”, riassume ridendo.
“Tentavo in maniera sottile di conoscere il loro orientamento sessuale. Ho avuto delle belle amicizie così, in cui si parlava di tutto e di niente. Rispondevano a un mio bisogno. Oggi ho ancora dei buoni amici maschi, è piacevole stare in loro compagnia senza sentire il bisogno di andare oltre.
Talvolta ho sviluppato una complicità tale da confidarci e raccontarci cose. Ho fatto coming out con alcune di queste persone”. Ma ci sono voluti parecchi anni prima che riuscisse a dire apertamente di essere omosessuale. Claude “ci girava attorno”, tergiversava, senza sapere troppo, nemmeno lui, se fosse omosessuale. “È qui che Gérald Lacroix entra in gioco”.
L’accoglienza di Gérald
Otto anni fa, Claude ha iniziato a frequentare l’Istituto secolare Pio X. Si tratta dell’istituto di vita consacrata di cui è membro l’attuale vescovo di Québec, Mons. Gérald C. Lacroix, che all’epoca era già là, in veste di prete. Rendendo visita a un parente che viveva all’istituto, Claude ha intrecciato dei legami con quello che lui chiama semplicemente Gérald. Era un periodo travagliato. Il suo orientamento sessuale faceva sorgere in lui delle profonde questioni di senso.
“Avevo l’impressione di fingere. Di salvare le apparenze. Di recitare una parte. E ciò era ancora più vero quando mi trovavo in presenza di un uomo che mi attraeva. Allora, la questione si faceva ancora più delicata. Era qualcosa di forte, ma non dovevo darlo a vedere”, riassume Claude riguardo a questo periodo della sua vita.
“Ho avuto l’occasione di incontrare Gérald, poiché volevo consultare un prete a tal proposito. Una persona a me cara mi aveva parlato bene di lui, vantandone garanzia e abilità di ascolto. Mi sono detto… lo metterò alla prova!”, continua ridendo.“No, ad ogni modo volevo qualcuno di forte. È stato un periodo confuso. Come il meteo quest’estate: tempo incerto. Ho avuto bisogno di consultarmi con qualcuno, perché ero proprio bloccato. Prendevo sempre più coscienza di essere attratto dagli uomini. Sono gay? Non osavo pormi la domanda. E conoscevo la posizione della Chiesa.”
«Ho affrontato questi argomenti con Gérald la prima volta. Di come soffrivo, di come mi sentivo a disagio con la mia coscienza e di come questa sensazione non mi abbandonasse. Mi ha consigliato di consultare Marie-Paul Ross [una religiosa sessuologa]. Aveva avvertito che dentro di me si mescolavano la sessualità e la colpevolezza. Mi ha detto: “Penso che lei potrebbe aiutarti a fare chiarezza.”». Quindi Claude l’ha consultata. È allora che il verdetto è giunto “come uno schiaffo in pieno viso”. La sessuologa gli dice che nel profondo è omosessuale.
“Ciò ha liberato delle angosce legate a quello che avevo nascosto e trascinato da diversi anni. Sono tornato da Gérald. Lui mi ha incoraggiato a continuare. A quell’epoca, non sapeva che sarebbe diventato vescovo. Mi sono sempre sentito appoggiato. Non mi ha mai nascosto la posizione della Chiesa. Mi diceva: “La Chiesa ha una posizione sulla sessualità e sull’omosessualità”. Mi ha detto ciò con tatto e dolcezza. Non ha mai cercato di impormi questa posizione. O di dirmi che ero un peccatore. Mi ricordo in particolare di una frase che mi aveva detto: “La verità ti renderà libero. Cerca la verità”.
L’ho sempre ritenuto rispettoso e sincero. Non mi imponeva la dottrina della Chiesa. Mi lasciava libero nelle mie scelte, ma mi invitava a fare sempre quella migliore. Non aveva delle risposte preconfezionate.
«Gli avevo confidato che avevo delle crisi di angoscia. Ne ho ancora. Sono spesso legate al sentimento di essere vulnerabile, di sentirmi una cattiva persona. Di essere il contrario di ciò che la Chiesa insegna. Mi ha detto: “Ascolta: devi proteggerti anche qui dentro. Questa angoscia non è voluta da Dio.”».
Claude gli confida anche che alcune letture della Chiesa o dei preti lo turbano, in particolare quelle che condannano l’omosessualità.
«Mi sentivo umiliato e annientato leggendo quelle cose. Mi aveva tolto un po’ di pressione dicendomi: “Forse è meglio che tu non le legga. Forse non sono adatte a te.” Uscivo di nuovo con la speranza di continuare il mio cammino».
Il loro ultimo incontro è stato due anni fa. Claude afferma che gli piacerebbe avere l’occasione di parlare ancora con lui. “Per me la questione non è conclusa. Mi piacerebbe incontrarlo nuovamente, per fare il punto e riparlare di queste cose, e cercare di avanzare. Non mi faccio illusioni, è occupato. Fa bene al cuore incontrarlo. Tutto qua. È semplice, caloroso e soprattutto rispettoso.”
Coming out
In seguito alla sua esperienza con Marie-Paul Ross, Claude ha iniziato a parlare della propria omosessualità. «Nella maggior parte dei casi, sono stato ben accolto. “Non è importante, tu per noi rimani lo stesso” mi dicevano. Le persone cercavano di mettermi a mio agio. “Sarai sempre mio amico, per me non è un problema”».
Claude afferma di non aver mai subito reazioni omofobe, tranne per una “omofobia ambientale”. Dire che qualcosa sia “frocio” o “culo”, ad esempio. Persino la sua famiglia tutto sommato ha ben accettato la sua omosessualità. «Nella mia famiglia ha provocato un pochino di… agitazione. Quando mi sono sentito pronto, ho dovuto dirlo. È stata una sorpresa per loro. A parte mia sorella e i miei fratelli, nessuno lo sospettava veramente.
Mia madre è quella che l’ha accettato più facilmente. Mio padre, che è più anziano, tuttora nega la cosa: secondo lui, è perché non ho ancora trovato la ragazza giusta. Per lui, mi metto in testa delle idee strane.
Sono così, “perché non ho avuto di meglio”. Non cerco di cambiarlo… e lui sa che non può cambiarmi. Quando si tocca l’argomento, si termina sempre con: “Beh, fai sempre del tuo meglio nella vita”. E io gli rispondo: “Sì papà, lo sai, faccio del mio meglio.”»
Rapporto con la Chiesa
Talvolta Claude vive in maniera difficile il suo rapporto con la Chiesa. Di tanto in tanto prova una sorta di profonda sofferenza che va e viene, come le maree.
“Ci sono tanti approcci quanti sono i preti. Alcuni si sentono a disagio e lo dicono subito. Per altri è la dottrina della Chiesa, punto. Quello che senti non è importante. Se sei nel peccato, sei nel peccato e devi correggerti.
Altri non vogliono entrare nel merito e rimangono vaghi. Ma tra la posizione ufficiale della Chiesa e l’incontro di un prete in privato, vi è un certo disagio. Non la chiamerei una divergenza, ma non sanno come comportarsi in questi casi”, osserva, avendo avuto l’occasione di parlarne con diversi preti durante gli ultimi anni.
«Forse è innanzitutto un problema di formazione. Non sono preparati a ciò. Ma per me, incontrare un prete che mi dice: “Fai quello che vuoi, finché siete consenzienti” non è meglio di un altro che mi dice: “No! Guarda, è “no” ed è scritto qui.”»
Secondo Claude, i preti che affrontano la questione dell’omosessualità sia con le loro conoscenze sia con il “loro cuore” sono quelli che sono di maggiore aiuto alle persone che vivono la loro sessualità “in maniera diversa”. Il quarantenne s’interroga sul suo rapporto con la dottrina della Chiesa cattolica. Poiché in lui risiede la sincera volontà di agire da “buon cattolico”.
“Penso che la dottrina contenga qualcosa di valido. Si basa su una tradizione. Non è nata da un giorno all’altro. Si basa su persone che hanno cercato di seguire Gesù. Penso che vi sia stato uno slittamento nell’interpretazione, nel fatto di voler categorizzare e decidere che cosa sia bene e che cosa sia male. Credo che il pericolo sia lì. Io, personalmente, se un’istituzione in cui credo mi dicesse che una data azione è cattiva, mentre onestamente non la percepissi come tale, ciò mi colpirebbe. Questa cosa abbatte il debole, mentre la persona che se ne frega, non ne è minimamente toccata”.ù
«Forse è uno dei motivi delle mie angosce. La Chiesa mi incoraggia e mi sostiene, ma quando ho un dubbio e cerco delle risposte, sento che mi schiaccia invece di rispondermi. “Ti poni delle domande, fa male? Beh, è così. Devi soffrirne. È la tua croce”», fa notare, precisando che la dottrina è come un “bagaglio” che la Chiesa si porta con sé, mentre alcuni dei suoi membri “non sanno più che farsene”.
“Ma la Chiesa lo porta comunque con sé… non so perché”.
Claude è impegnato da molti anni nella sua parrocchia. Ora, in particolare è ministro della comunione. Tuttavia afferma che avrebbe dei rimorsi se vivesse una vita sessuale attiva. Si sentirebbe “un fuorilegge”. Per il momento, confida che sta bene da solo.
“Non sento il bisogno di stare per forza con qualcuno. Una delle ragioni è morale: sono angosciato. Quindi se dovessi avere relazioni omosessuali, mi angoscerei. Se mi faccio un’avventura e mi ci vogliono tre giorni per riprendermi… Ad ogni modo, anche se mi sentissi completamente a mio agio, ci sono i miei valori. Un’avventura di una notte, è veramente quello che voglio? Talvolta mi dico, se provo, poi lo saprò. Ma mi sento già fragile. Posso correre il rischio di farmi spezzare il cuore…”.
Essendo cattolico, Claude ha un’angoscia ricorrente: “Un giorno, ho paura di essere messo di fronte a una scelta. E che sia un “ufficiale” a spingermi a farlo, che mi dica: “o gay o cattolico”.
“Dentro di me c’è come un conflitto. La cosa peggiore che io possa farmi dire è “devi portare la tua croce”. Lo trovo nei libri, negli scritti ufficiali… ma credo che se me lo facessi dire personalmente da una persona autorevole… o m’infurierei, o mi distruggerebbe psicologicamente”.
Abusi sessuali
Dopo aver evocato un certo carattere “fariseo” della Chiesa, il discorso si orienta su alcuni casi recenti di abusi sessuali che hanno gettato discredito sull’istituzione. Claude riflette qualche secondo, poi accetta di parlare di abusi di cui lui stesso è stato vittima nella sua infanzia.
“Ho ricevuto delle “carezze” quando ero bambino. Da una persona di fiducia. Non era qualcuno della Chiesa. Ho perdonato questa persona. Oggi è ancora viva. Lo perdono perché anch’io avrei potuto prendere quella direzione. In un certo senso, capisco il cammino che porta la vittima di abusi a trasformarsi in perpetratore di abusi… vi è una sorta di logica. Il legame, lo sento intuitivamente”.
Per evitare di imboccare questa stessa via, Claude ha chiesto aiuto. “Ho sentito io stesso che avrei potuto avere l’istinto di compiere gesti simili. Quando l’ho capito, quando ne ho preso coscienza… ho deciso di fare chiarezza. Ho consultato qualcuno. Ho visto dove ciò avrebbe potuto portarmi e ho deciso di evitare tutto quello che avrebbe potuto condurmici. Ho iniziato a evitare di tentare il demonio”.
“Con tutti gli scandali che sono venuti a galla negli ultimi anni, e con quello che mi è successo, ho preso coscienza del carattere insidioso degli abusi sessuali. È una pulsione. Non hai più il controllo, ti spinge a comportarti così. Una parte di te è sregolata. E non era la Chiesa a dirmelo, lo capivo da solo”.
Claude afferma che “la strada era spianata” verso la sua trasformazione in perpetratore di abusi. “Quando ne ho preso coscienza, ho avuto paura. E sono andato a chiedere aiuto. E sono felice di averlo fatto”.
Getta quindi uno sguardo particolare, tinto dalla sua esperienza, sugli abusi sessuali commessi in Chiesa. “Da una parte, mi rattrista. Provo pietà per quegli uomini di Chiesa che si sono ritrovati implicati. Credo che sia stato un danno nascondere certe situazioni. Quando ce ne sono molti all’interno di una stessa comunità implicati in questa faccenda… si sa. Bisogna denunciare”.
“Ciò getta discredito sulla Chiesa. Da parte mia, la fiducia che ho nei confronti della Chiesa non diminuisce. Mi mostra che anche se è voluta da Dio, è fatta di uomini che peccano. Umanamente parlando, hanno gli stessi punti di forza e di debolezza di tutti gli altri. Penso che ciò dovrebbe portare la Chiesa a essere un po’ più tollerante, più umile nella sua dottrina, nei suoi insegnamenti. Non si tratta di dire che ciò che ieri era cattivo, oggi è buono. Ma forse di non dire che tutti quelli che vivono tale o tal’altra situazione vivono nel peccato”.
Secondo Claude, si tratta di un’occasione per porre l’accento sull’amore e la misericordia, piuttosto che sulla colpa. Se fanno fatica ad applicare ciò che insegnano… penso che allora dovrebbero insegnarlo con umiltà. Tuttavia credo che sia quello che fa la maggior parte, ma sfortunatamente si percepisce ancora troppo spesso il contrario”.
La Chiesa cattolica avrebbe inoltre una comprensione monca dell’omosessualità. «La comprensione dell’omosessualità è difettosa. Penso, con quel po’ di conoscenza che ho degli scritti della Chiesa, ecco, ho l’impressione che abbiano preso la loro materia di studio scientifico spigolando a destra e a manca. In questo modo, hanno messo il coperchio sulla pentola. Ma continua a bollire. La Chiesa avrebbe tutto da guadagnare se ascoltasse le persone che vivono la propria sessualità diversamente. “Tu come ti ci senti? Come la vedi? Come ti senti agli occhi di Dio?”»
Tornando alla questione degli abusi sessuali all’interno della Chiesa, Claude si chiede in che modo la Chiesa possa capirla meglio per evitare che accada di nuovo. Ma soprattutto, in luogo di concentrarsi sul peccato, concentrarsi sul perdono. “Dovrebbe esserci un’opera pastorale del perdono. È una forza che non è presa in considerazione abbastanza. È escluso dalla società. Le situazioni più “invalidanti” da cui sono uscito, le ho superate sempre grazie al perdono”.
La Chiesa dovrebbe chiedere perdono agli omosessuali? “Eventualmente sì, ma dopo un approccio sincero per attenuare la propria posizione. E anche se la Chiesa non mi chiede perdono, ciò non mi impedirà di amarla”. “Credo che la Chiesa trarrebbe moltissimo dall’aderire al Cristo, a ciò che ha detto o fatto. Molto di più di ciò che altri hanno detto o fatto in seguito. Piuttosto che alla Tradizione. La Tradizione, a mio avviso, è un punto di riferimento, esiste per fare luce nel momento di una decisione. Ma non è la decisione. Porta luce, ma non è la luce. Lo stesso Gesù denunciava alcune tradizioni assai ancorate che schiacciavano le persone nel giudaismo”.
Claude ha solo un desiderio: che la Chiesa che ama sviluppi un’opera pastorale per gli omosessuali. Ma attenzione: “Non solo un libro, un blog o un pamphlet fatto di copia-incolla con i testi di posizione ufficiali”.
Testo originale: Catho et homo: troisième portrait