La primavera araba è finita? Essere gay in Tunisia
Articolo di Falk Steinborn* pubblicato da Cafebabel (Francia) il 25 marzo 2014, libera traduzione di Marco Galvagno
Sono giovani omosessuali e soffrono, tre anni dopo la primavera araba essere gay o bisessuale in Tunisia resta un tabù, un atto condannabile. Tuttavia le giovani generazioni intendono battersi a fondo per i propri diritti ma devono dimostrare ancora coesione e anche coraggio.
Gennaio 2011 è stato un momento particolare durante le manifestazioni contro Ben Alì, giovani tunisini e tunisine hanno sventolato la bandiera arcobaleno, simbolo della comunità gay, per la prima volta in pubblico. Ramyha ci mostra con fierezza una foto dell’evento che ha salvato sul telefonino.
Siamo in un bar della Marsa, il quartiere chic di Tunisi, non lo disturba che le altre persone possano vederla, qua non devo nascondermi afferma.
Il bar potrebbe essere a Berlino o a Parigi l’unica differenza sta nel vento freddo che proviene dal mediterraneo e che soffia sulla terrazza del bar. Ramy è seduto lì e ci racconta la sua storia mentre sta fumando. Sua madre sa che è gay, ma suo padre no, tanto per lui fa lo stesso, vive la sua vita, posta foto di gay e testi sull’omosessualità, sui bisex, sulle lesbiche, non lesina certo le sue parole.
Anche se la maggior parte delle persone sono seccate e riceve commenti del tipo “ma sei frocio o cosa”, a lui non interessa, “voglio che la gente si abitui”. Con il tempo l’omosessualità diventerà una cosa normale.
Ramy si esprime in maniera matura e sembra aver molto riflettuto per i suoi venti anni. Ha molti piani per il suo futuro e desidera che nell’avvenire sia più facile essere gay in Tunisia. “Vorrei che ci fossero più possibilità per noi, un gay pride, un gruppo di aiuto reciproco e più accettazione”
Questo è il futuro dei giovani, la cui identità sessuale è disapprovata in Tunisia dallo Stato e dalla società. Il paragrafo 204 che condanna un atto sessuale tra persone dello stesso sesso a tre anni di prigione non viene applicato spesso, ma ricorda che i gay e le lesbiche possono essere perseguiti penalmente in qualsiasi momento solo per il loro orientamento sessuale. Per la società tunisina gay e trans restano un tabù.
Sposato due volte per fingersi eterosessuale
Methi (il nome è stato cambiato) conosce bene il rifiuto ora abita a due ore e mezza da Tunisi, aveva bisogno di allontanarsi un po dai suoi familiari per prendere una boccata d’aria e poter respirare.
Nel suo monolocale con vista sulla spiaggia situato in una città turistica della costa est tunisina si vedono quadri di foreste tedesche. Methi adora la Germania dove ha vissuto per 7 anni e dove ha studiato tedesco all’università. E’ stato il periodo in cui si è sentito più libero.
Adesso ha 35 anni, dalla pubertà sa di essere bisex, anche se gli piacciono di più gli uomini. A quell’epoca non si poteva fare coming out, ma del resto neppure adesso è “troppo pericoloso”.
Pressarto della sua famiglia si è sposato per ben due volte con la stessa donna dalla quale ha avuto un figlio. Ora ha divorziato per la seconda volta ed è solo. La rivoluzione non è cambiato molto per lui, come per molti altri uomini gay e bisessuali più di 30 anni.
“La situazione non era dura per i gay sotto Ben Ali finchè loro non contestavano il suo poter”e, ora ci potrebbe essere un ulteriore peggioramento delle loro condizione di vita se i salafiti aumentano il loro potere.
Per Methi il futuro è chiaro, si sposerà di nuovo e fingerà di essere etero. Tuttavia pensa che i giovani beneficeranno dei cambiamenti della società. Internet non ha solo portato la rivoluzione, ma ha anche permesso a giovani che avevano le stesse idee di riunirsi. é una vera rivoluzione afferma.
La prima rivista gay non ha avuto vita facile
Il web permette ai gay di ritrovarsi, la piattaforma di incontri PlanetRomeo mette in contatto uomini con altri uomini sia per il sesso, sia per la ricerca di una relazione o per farsi nuovi amici.
Su Facebook molti gay hanno un secondo profilo anonimo per fare incontri con gli altri ed organizzarsi. Nello stesso modo ci sono siti come Kelmty, la prima organizzazione LGBT in Tunisia a essere attiva online.
Alcuni attivisti hanno creato la prima rivista gay tunisina su internet il Gay Day Magazine. Dopo un’eccellente partenza, ora il sito internet viene raramente aggiornato da quando il ministro tunisino per i diritti umani lo ha messo al bando, il suo fondatore vive nella paura. “Cambio casa ogni sei mesi per non essere scoperto”, spiega Alì.
Lo studente di venticinque anni oltre a spendersi per la rivista online come amministratore del sito è attivo anche a Amnesty International e in molte altre associazioni. E’ uno dei giovani tunisini che appartengono a una rete sociale e si battono per una democratizzazione reale della società, invece di trascorrere le serate davanti alla tv, partecipa a gruppi di discussione nei centri culturali alternativi.
Lui e i suoi amici non sono lì per ammazzare il tempo, vogliono davvero fare cambiare le cose, tra cui i diritti dei gay. Ma ci vuole tempo, Alì aspetta il momento giusto per agire. Questo lo diversifica dai suoi coetanei che dopo la rivoluzione hanno creato rapidamente iniziative: tutti hanno cominciato qualcosa senza sapere però esattamente ciò che volevano fare e quali scopi avessero.
Anche tra i gay non c’è solidarietà
Alì agisce in maniera calma, fino ad ora analizza e riflette su quale strategia il movimento gay potrebbe adottare. Discute con attivisti di altri paesi, chiede consigli, cerca di mettersi in contatto con altri gay. E l’ultimo compito non è affatto facile.
Molti hanno paura che un eventuale impegno li porti a fare un coming out involontario, non esiste una comunità stabile di gay che lotti per gli stessi obiettivi, ci sono gruppi informali di gays e lesbiche in vari quartieri di Tunisi, ma sono in competizione e spesso si fanno guerra, l’un l’altro.
Se non siamo solidali tra di noi è dura chiedere aiuti esterni. Per Alì tre anni dopo la rivoluzione, il movimento gay si trova ancora al punto di partenza. Ma il tempo incalza. Ci sono ancora tanti come Methli che sono costretti a sposarsi e conducono una vita basata sull’apparenza, per colpa dei tabù della società. Prospettive sbagliate.
* Nel 2011 il mondo festeggiava la rivoluzione dei Gelsomini. Tre anni dopo, Cafébabel ha inviato 5 reporter a indagare la realtà della capitale tunisina, raccogliendo storie, immagini e testimonianze in unico dossier nel quadro del progetto «euromed reporter » (reporter euromediterannei), iniziata da Café Babel in accordo con Iwatch e con la fondazione Anna Lidh.
Testo originale: Être gay en Tunisie : « t’es pédé ou quoi ?! »