La realtà “dimenticata” delle nuove famiglie nelle Chiese e nella società
Intervista all’avvocato Marilisa D’Amico relatrice al Convegno REFO-FDEI sulle “Nuove Famiglie” (Milano, 16 novembre 2013)
La presenza di nuove esperienze di famiglia al di fuori dei canoni della cosiddetta “famiglia tradizionale” è una realtà sempre più riscontrabile nelle società italiana e anche nelle Chiese.
Il 16 Novembre 2013 a Milano, nell’ambito del Convegno “La realtà delle nuove famiglie nelle Chiese e nella società” organizzato da REFO (Rete Evangelica Fede e Omosessualità) e dalla FDEI (Federazione Donne Evangeliche in Italia), sarà possibile riflettere sulla realtà delle “Nuove Famiglie” da molteplici punti di vista.
Tra i relatori del Convegno, l’Avvocato Marilisa D’Amico (personalmente impegnata nell’ambito della sua attività professionale nelle difesa dei diritti delle Nuove Famiglie). Abbiamo incontrato l’Avv. D’Amico e gli abbiamo posto alcune domande riguardo ai temi che tratterà al Convegno di Milano.
Negli ultimi 5-10 anni si ha la percezione di un significativo aumento di famiglie non coincidenti con il modello “tradizionale”: la sua esperienza professionale conferma questa impressione? Quali sono le tipologie di “nuove famiglie” che ha più frequentemente incontrato?
La considerazione secondo cui la famiglia in senso tradizionale sta attraversando una crisi profonda è un dato ormai pacifico. L’evoluzione culturale della società ha contribuito in modo decisivo al progressivo sgretolamento della concezione unitaria di famiglia, che la vuole fondata sul matrimonio e ad esclusione di qualsiasi apertura a formazioni sociali di tipo diverso, in una molteplicità di “famiglie”, che presentano caratteristiche proprie e che si differenziano in misura più o meno accentuata dalla famiglia c.d. “tradizionale”.
Nella mia esperienza professionale e di studiosa del diritto costituzionale, mi sono confrontata personalmente con questa trasformazione.
Come avvocato, ho cercato di ottenere dinanzi alla Corte costituzionale l’estensione del diritto al matrimonio per le coppie composte da persone dello stesso sesso, facendo leva su una lettura evolutiva dell’art. 29 della Costituzione che ponesse rimedio alla discriminazione tra coppie in ragione dell’orientamento sessuale dei loro componenti; davanti alla Corte europea dei diritti dell’uomo ho contribuito alla stesura di alcuni ricorsi, attualmente pendenti, tesi ad accertare la violazione del diritto alla vita familiare delle coppie omosessuali, garantito dall’articolo 8 della Convenzione EDU, che si sono viste negare la trascrizione del proprio matrimonio concluso all’estero.
Numerosi, quindi, sono gli esempi delle c.d. “nuove famiglie”: coppie eterosessuali o omosessuali conviventi, coppie conviventi con figli e coppie conviventi con figli di uno soltanto dei componenti la coppia; coppie, tutte, in attesa di un riconoscimento del loro diritto fondamentale a vivere liberamente la loro condizione di coppia, sinora “dimenticate” da un legislatore poco attento alla protezione dei diritti fondamentali dei propri cittadini.
C’è stata una risposta da parte delle Istituzioni (locali e nazionali) a questo cambiamento sociale ? Il fenomeno è quantomeno monitorato/studiato a livello istituzionale ?
Il profilo relativo alle risposte offerte a livello di legislazione nazionale è quello sicuramente più problematico, in quanto è mancato sinora un qualsiasi intervento teso a disciplinare in modo organico la realtà delle c.d. “nuove famiglie”, nonostante i tentativi promossi negli ultimi anni.
Sicuramente più interessanti sono state, invece, le risposte offerte a livello locale grazie all’istituzione dei registri delle unioni civili in numerosi comuni italiani, che però lascia irrisolto il tema relativo al riconoscimento dei diritti delle coppie conviventi, siano esse eterosessuali od omosessuali. In proposito, ricordo il Registro delle Unioni Civili del Comune di Milano, alla cui istituzione ho personalmente e attivamente contribuito in qualità di Presidente della Commissione Affari Istituzionali del Comune di Milano.
Lo studio che da diversi anni accompagna la trasformazione della nozione di famiglia all’interno del nostro come di moltissimi altri ordinamenti giuridici non ha trovato alcun riscontro da parte del legislatore nazionale e ancora forti sono le resistenze e le tensioni che attraversano il nostro ordinamento giuridico e che hanno sinora precluso la possibilità di adottare una normativa a protezione delle convivenze more uxorio.
Quali sono le due/tre priorità da perseguire nel campo dei diritti a tutela delle “nuove famiglie” ?
Come già anticipato, l’assenza di una regolamentazione dei diritti da riconoscersi a formazioni sociali diverse dalla famiglia c.d. “tradizionale”, che tanto la Corte costituzionale quanto la Corte europea dei diritti dell’uomo hanno riconosciuto titolari del diritto fondamentale alla vita familiare, comporta che più che parlare di qualche priorità specifica, meglio sarebbe ragionare intorno ad un intervento legislativo complessivo, che sappia tracciare un quadro coerente e puntuale dei diritti e dei corrispondenti doveri da riconoscere in capo ai componenti delle c.d. coppie “di fatto”.
Si tratta, in altre parole, di dare concreta attuazione al principio di eguaglianza e di non discriminazione che la nostra Costituzione sancisce all’articolo 3, quale principio supremo dell’ordinamento costituzionale.
L’impostazione da seguire non deve essere, pertanto, quella di assicurare una progressiva e discontinua estensione di singoli diritti alle c.d. “nuove famiglie” quanto, piuttosto, quella di garantirne la non discriminazione rispetto alla famiglia c.d. “tradizionale”; un’impostazione, peraltro, non soltanto di metodo, ma che consentirebbe all’Italia di uscire da quella posizione di isolamento che attualmente la vede tra i pochissimi Stati membri dell’Unione Europea a non aver introdotto alcuna normativa specifica a protezione delle convivenze di fatto, eterosessuali ed omosessuali.