L’accoglienza delle persone omosessuali nelle parrocchie cattoliche è già una realtà
Articolo di Ratiba Hamzaoui pubblicato sul sito dell’emittente France 24 (Francia) il 14 ottobre 2014, liberamente tradotto da Fabiana Ceccarelli
“Ma chi sono io per giudicare?” Era il 2013. Papa Francesco rispondeva ad un giornalista in merito alla posizione degli omosessuali all’interno della Chiesa Cattolica. Solo poche parole, che hanno però avuto un’eco tale che ci ha condotti fino a questo lunedì 13 ottobre, dinanzi ai 182 vescovi e cardinali, presenti al Sinodo sulla famiglia.
Il documento Relatio post disceptationem (Relazione post-dibattito), presentato dall’arcivescovo di Esztergom-Budapest, cardinale Péter Erdő, è certamente un primo riconoscimento da parte della Chiesa “dei doni e delle qualità che gli omosessuali hanno da offrire alla comunità cristiana”, a testimonianza del vento nuovo che soffia in Vaticano.
Si tratta forse di un “terremoto pastorale”, come afferma John Thavis, autore del best-seller Les dessous du Vatican (I diari vaticani)? “È un riconoscimento a livello scritto, ma l’accoglienza degli omosessuali nelle chiese non è un argomento nuovo, è di fatto una realtà”, dice, mitigando i toni, Marie Baudoin, delegata alla comunicazione dell’arcidiocesi di Parigi: “Accogliere le persone omosessuali in chiesa è consuetudine, come ad esempio nelle parrocchie del Marais [III e IV arrondissement di Parigi, n.d.r.] dove si sono stabilite delle coppie omosessuali”, spiega.
Tra questi luoghi di culto “aperti” vi è la chiesa di Saint-Merri, situata vicino al quartiere gay del Marais: “Da quando è stata costruita, 40 anni fa, questa chiesa ha sempre voluto aprirsi al mondo moderno. Qui non si giudica, si accoglie” sottolinea il sacerdote Daniel Duigou: “Il suo slogan potrebbe essere: ‘Saint-Merri, una chiesa che si muove in un mondo che si muove!’”.
È in quest’ottica che questa parrocchia, nota per la sua apertura alla comunità omosessuale, accoglie una volta al mese, da diversi decenni, l’associazione David e Jonathan, un movimento omosessuale cristiano: “per consentire una celebrazione, una preghiera, una parola libera. È un appuntamento mensile aperto a tutti. Questa comunità ha motivo di esistere proprio perché accetta il genere umano nella sua diversità”, insiste il sacerdote.
Un desiderio di universalità che vuole mettere in primo piano la Chiesa: “Non si tratta di mettere tutti i parrocchiani da una parte e gli omosessuali dall’altra. Le persone non hanno addosso un cartello con scritto ‘Sono omosessuale.’ Vengono a pregare tutti assieme”, precisa Marie Baudoin.
“Una distinzione che ci disturba”
Ma se da un lato la Chiesa riconosce che le persone omosessuali hanno “doni e qualità da offrire alla comunità cristiana”, dall’altro i vescovi si interrogano su questa questione: “Siamo certi di essere in grado di accogliere queste persone garantendo loro uno spazio di fraternità […] senza compromettere la dottrina cattolica sulla famiglia e il matrimonio?”. E comunque il testo, che è ancora provvisorio, non modificherà né la condanna dell’atto omosessuale, né il rifiuto della Chiesa di riconoscere il matrimonio tra persone dello stesso sesso: “È bello dire che gli omosessuali possono donarci qualcosa, ma come d’altra parte noi stessi doniamo qualcosa agli altri. Perché allora si sente la necessità di fare questa precisazione? Siamo di fronte ad un pregiudizio. È questa distinzione che ci disturba”, sottolinea Élisabeth Saint-Guily, co-presidente dell’associazione David e Jonathan, che si rammarica: “La Chiesa fa il bello e il cattivo tempo. Da un lato riconosce l’omosessuale e la famiglia monoparentale, mentre dall’altro è chiara la volontà di ben distinguere e classificare le famiglie”.
Élisabeth Saint-Guily riconosce tuttavia che questa prima relazione potrà apportare dei cambiamenti in alcuni Paesi africani, dove l’omosessualità costituisce reato, e ammette “Porterà una speranza anche nei Paesi dell’Europa dell’Est, dove gli atti di violenta omofobia si sono moltiplicati”.
Testo originale: “L’accueil des homosexuels dans les églises, c’est une réalité”