Le cose cambiano. Quando dissi al mio parroco che sono gay
Testimonianza di Domenico del gruppo La Parola di Vicenza per lo speciale “le cose cambiano” pubblicata sul sito di Riforma, settimanale delle chiese evangeliche battiste, metodiste, valdesi, il 26 novembre 2013
La mia omosessualità era rimasta ai bordi della consapevolezza sino a 32 anni. Prima di allora ero disinteressato alla Chiesa come istituzione e gerarchia. Ora la conosco un po’ meglio, la considero, ma non troppo.
Certo, entrai in crisi per una posizione che non riuscivo a comprendere. Mi informavo delle ragioni. Provai astio quando nelle relazioni ufficiali vedevo più preoccupazione per la dottrina che per la persona. Non per questo mi sono sentito rifiutato, semplicemente non concordo con le conclusioni.
Come rapporto personale Chiesa-istituzione ricordo due eventi significativi, nessuno dei due negativo.
Nel primo, in piena crisi per la presa di coscienza della mia omosessualità, chiesi aiuto ad un’amica suora. Fu molto comprensiva. Per sua esperienza personale mi consigliò un aiuto psicoterapeutico. Non per la “cura” dell’omosessualità, ma perché mi aiutasse a fare chiarezza sul frastuono emotivo che provavo. In effetti mi servì a vivere più serenamente.
Il secondo è stato in concomitanza del Gay Pride 2000 a Roma. Durante la messa nel mio paese, il parroco si profuse in un’omelia particolarmente focosa contro questo evento e gli omosessuali. La cosa mi offese, per cui decisi di incontrarlo e parlarne.
Quando lo feci mi aspettavo scomuniche e fuoco dell’inferno, invece ebbe un approccio simile a quello che, anni dopo, avrebbe utilizzato papa Francesco. Dal chiarimento risultò che quell’omelia era il risultato dell’essersi risentito per interviste ascoltate al telegiornale. Il rapporto personale ne ebbe un giovamento e in seguito non sentii più omelie di quel tipo.