Le persone omosessuali e l’agostiniano “ama e fai ciò che vuoi”
Riflessioni di Padre de Raynal dell’abbazia benedettina francese di Solesmes tratte da devenirunenchris (Francia), liberamente tradotte da Dino M.
Nell’abbazia benedettina francese di Solesmes, nella domenica delle palme del 2004, venne chiesto a Padre de Raynal di spiegare se la frase di San Agostino, “Ama, e fai ciò che vuoi”, potesse essere applicata anche alle persone omosessuali.
La sua risposta, inizialmente titubante, è un invito all’amore vero tra persone, al di là di tutto, perchè “Amare non è guardarsi l’un l’altro, ma guardare insieme nella stessa direzione”.
Perchè “San Paolo ci dice che la fede e la speranza potranno scomparire, invece l’amore rimarrà per sempre”.
Ditemi padre (de Raynal), voi riterreste di poter applicare la frase: “Ama, e fai ciò che vuoi” a due persone omosessuali?
Mi chiedo se sono io la persona più qualificata per rispondere a questa domanda. Comunque sia, cercherò di dare una risposta…
Credo di poter parlare con cognizione di causa dato che ho molti amici che vivono questo problema, questa situazione che è contemporaneamente sofferenza e gioia, amici di cui sono il confidente.
E penso che non si possa essere preti di Gesù Cristo e religiosi senza avere anche nel proprio cuore una grande amicizia verso i propri fratelli e per gli amici che Dio ci regala.
Credo di capire molto bene questa domanda, ma nello stesso tempo temo di sbagliare se propongo concetti che sembrano eccessivi dato che forse non riesco ad esprimermi usando le giuste sfumature… comunque ci provo.
“Ama e fai ciò che vuoi…” . Amare credo che sia innanzitutto, come diceva Saint-Exupéry … una frase che tutti i giovani hanno imparato a memoria e scritto in grandi caratteri sopra al loro letto: “Amare non è guardarsi l’un l’altro, ma guardare insieme nella stessa direzione”. E questa frase ci aiuta a rivedere la nostra posizione riguardo alla questione del faccia a faccia.
In amore ci sono due dimensioni: guardarsi reciprocamente, scoprirsi, innamorarsi l’uno dell’altro, ascoltarsi, ma c’è anche il guardare al di fuori della coppia, il guardare nella stessa direzione, il progettare in comune.
Credo che queste siano le due coordinate dell’amore dell’uomo, di qualunque tipo esso sia, che sia l’amore della coppia tradizionale oppure, come nella situazione di cui stamo parlando, che sia l’amore tra due persone che hanno questa inclinazione omosessuale.
Lo sguardo dell’uno verso l’altro: penso che sappiate bene di cosa si tratta. E questo colpo di fulmine, questo intensissimo amore improvviso o, al contrario, una amicizia che cresce e che fa sì che in un altro essere si scoprano tante cose che non abbiamo in noi e delle qualità che ci aiutano a vivere meglio, ecco, tutto ciò ci fa bene.
Ed è per questo che il rapporto affettivo è un valore aggiunto; è Dio che ha inventato l’amicizia, Dio è amore ed ogni amore autentico è qualcosa che viene da Dio, che è messo dentro di noi da Dio stesso; è una rassomiglianza dell’amore di Dio.
Ora non voglio insistere oltre su questo concetto, ma prendo in considerazione il secondo aspetto: guardare insieme nella stessa direzione.
Mi sembra che l’affetto tra due persone – questo tipo di affetto di cui stamo parlando ora – abbia bisogno di un ideale, di uno scopo. Non semplicemente far piacere l’uno all’altro, darsi la mano nella vita per essere meno soli… E’ vero, tutto questo è importante, anzi, importantissimo…
Ci sono giorni in cui la solitudine è spaventosa… ma bisogna che questo amore possa diventare trascendente grazie ad un ideale, uno scopo comune, e per noi cristiani questo scopo comune è il sentimento di affetto che ci conduce verso il Cristo, che ci aiuta a diventare più grandi nella carità, un amore reciproco, l’amore così come il Cristo ce l’ha insegnato.
Nella tradizione monastica c’è un esempio molto noto che sicuramente conoscerete anche voi, è Sant’ Aelred d’Hérivaux che è un cistercense inglese discepolo di S. Bernardo – sebbene egli non abbia conosciuto S. Bernardo – ha scritto un trattato sull’amicizia spirituale; lui dà questa definizione dell’amicizia spirituale, una amicizia che è dunque possibile all’interno di un convento: “Si tratta di tu ed io con Gesù tra noi”. Vale a dire che è necessario che Gesù sia il motore di questa amicizia.
Quando parlo di un ideale, di tendere ad uno scopo, credo che sia proprio Cristo che incessantemente ci invoglia ad andare più lontano, ad andare più in profondità nel dono di noi stessi, nell’abnegazione, nel curarsi dell’altro, nel fatto di accettarlo così com’è: essendo pazienti, accettando i suoi limiti e i suoi difetti, essere deluso da lui ma noostante ciò l’amore deve essere sempre più grande di tutti questi limiti umani…
Così come anch’io mi aspetto che il mio amico mi accetti come sono e mi perdoni i gli errori e le mancanze, che mi corregga quando è necessario.
Tutto questo, che rappresenta la condizione ideale di una amicizia cristiana, non impedisce affatto di aggiungervi anche la componente umana; e l’essere umani è la nostra storia, la vita propria di ciascuno e la nostra difficoltà oppure la nostra facilità nel comunicare, dato che ci sono cose che si riesce a dire, ma ce ne sono anche altre che invece non si riuscirà mai a dirle…
Credo che la storia di un legame affettivo non termina mai dato che, dopo la fine di questa vita, esso continua in cielo accanto a Dio.
E la sola cosa che porteremo con noi in cielo è proprio l’amore. San Paolo ci dice che la fede e la speranza potranno scomparire, invece l’amore rimarrà per sempre. Dunque noi ritroveremo anche in cielo ogni amore autentico.
Articolo originale: Aime et fais ce que tu veux