Le risposte dei gay cristiani de La Fonte al questionario sulla famiglia
La risposta del gruppo La Fonte, cristiani omosessuali di Milano, al questionario del Sinodo sulla Famiglia 2014
Il gruppo La Fonte è nato a Milano nella primavera del 1986 per opera di alcune persone che intendevano creare un luogo di accoglienza, e insieme fornire momenti di crescita mediante un cammino di spiritualità che cercasse un’integrazione feconda tra la propria condizione di omosessuali e la fede cristiana.
La scelta del gruppo come spazio dove fare insieme questo cammino ci è sembrata obbligata, soprattutto a partire dal fatto che consideriamo primaria la dimensione relazionale della persone, e, quindi, della sessualità, qualunque essa sia.
Il nome del gruppo, e l’antico simbolo cristiano che lo identifica, due colombe che si abbeverano a una fontana, vuol rendere con l’immagine il nostro progetto: l’incontrarsi delle persone attorno a quella Fonte che è il Signore Gesù.
L’attività del gruppo comprende pomeriggi di riflessione, preghiera e semplice scambio amicale, cui si aggiunge un ritiro-convivenza di fine settimana da due a quattro volte all’anno.
Accanto a questi momenti più impegnativi, le persone del gruppo vivono la loro amicizia in diverse altre occasioni, che non obbediscono a un programma preciso. I nostri incontri vengono solitamente ospitati dalla parrocchia di San Giovanni il Laterano a Milano.
Vogliamo portare il nostro piccolo contributo a questo Sinodo straordinario sulla Famiglia, voluto da papa Francesco, soprattutto basandoci sull’esperienza di accoglienza di decine di coppie di cattolici omosessuali che, negli anni, hanno frequentato il nostro gruppo.
Per questo motivo, senza rispondere direttamente ad una domanda precisa del documento preparatorio, abbiamo focalizzato la nostra attenzione in modo specifico sul quinto paragrafo delle domande: “Sulle unioni di persone dello stesso sesso”
Noi collochiamo al centro del nostro discorso la relazione interpersonale, pensiamo che la sorgente che alimenta la vita sia l’amore, e cerchiamo in Gesù il modello di una relazione fondata sull’amore
Ne consegue che ogni interpretazione della condizione omosessuale che si concentri esclusivamente sulla sessualità, o in modo ancor più riduttivo sulla genitalità, non ci trova d’accordo.
La sessualità rimane per noi un aspetto importante dell’esistenza, e crediamo che anche una persona omosessuale possa vivere questa esperienza, ma restiamo altresì convinti che il senso pieno della sessualità si realizza quando essa è strumento di comunione tra due persone, segno di affetto vero, manifestazione di un’amicizia sincera e responsabile, di amore fedele e fecondo, con le medesime caratteristiche che il magistero della Chiesa attribuisce alla relazione coniugale, pur non essendo tale.
Ci collochiamo nella Chiesa come credenti; ma forse è opportuno precisare che per noi la fede non è né un’ideologia né un codice morale dove tutto è predefinito, ma vuole essere anzitutto un cammino segnato da un’adesione cordiale al Signore Gesù, che ci attrae verso traguardi vertiginosi e insieme sostiene e conforta i nostri passi con il suo perdono sempre offerto. In questa comunità ci è capitato di trovare un’accoglienza molto più grande di quanto si creda.
Riteniamo che prima dei principi morali (pur indispensabili) ci siano le persone, lo loro vite, le loro difficoltà, i loro affetti, le loro gioie e speranze (Gaudium et Spes) e che l’accoglienza, senza paura, senza distinguo, senza “scandalo”, di persone che vivono all’interno di rapporti di coppia omosessuale, sia prioritario per il bene della Chiesa stessa.
Dove si trovano tali aperture, le persone non si allontano dalla pratica religiosa, né dalla Chiesa e neppure (e soprattutto) da Gesù Cristo! E di ciò si avvantaggiano anche le rispettive comunità parrocchiali e le cosiddette “famiglie tradizionali”.
Non abbiamo la pretesa di insegnare qualcosa a dei vescovi; non entriamo qui volutamente in questioni teologiche, pure importanti, perché uno solo è il messaggio che ci preme venga recepito dal Sinodo: è necessario che la Chiesa Cattolica nella sua interezza si apra ad una prospettiva pastorale di accoglienza, di dialogo, di apertura, come hanno fatto in diversi modi molte dicesi nel mondo e alcune (poche) in Italia. Le persone che vivono una relazione di coppia devono poter immergere i propri figli nel Battesimo, debbono poter frequentare la chiesa e i sacramenti con particolare riferimento alla confessione ed alla comunione eucaristica, la catechesi e la formazione cristiana senza doversi celare.
I gruppi di omosessuali credenti come il nostro, sono un modo con cui iniziare tale percorso, ma riteniamo che il modo più efficace sia certamente quello di integrare le persone e le coppie omosessuali nella “pastorale ordinaria” di ogni singola parrocchia o diocesi.
Un discorso particolare meriterebbe l’accoglienza in famiglia del figlio/figlia (solitamente adolescente) che si scopre omosessuale; qui un ruolo fondamentale potrebbero giocarlo i sacerdoti a cui spesso i genitori si rivolgono e che, sempre per esperienza diretta di tanti dei nostri gruppi, spesso acuiscono i problemi familiari invece di aiutare a risolverli, per mancanza di conoscenza della materia.
La formazione di sacerdoti e di educatori o operatori pastorali sul tema “omosessualità-omogenitorialità” sta diventando “un’emergenza pastorale”.