Mendicanti della salvezza. Interrogando il Nicodemo che si nasconde in noi
Sermone su Giovanni 3, 1-8 di Raffaele Volpe, pastore battista di Firenze, del 7 giugno 2009
Secondo uno studio fatto sulla felicità degli americani, è emerso che guadagnare di più non basta a rendere una persona felice. Anzi, lavorando di più per guadagnare di più, le persone diventano più infelici. La felicità non è data da quanto guadagni, ma dal valore delle tue relazioni.
In questa ricerca, più lavoro e più guadagno è uguale a meno relazioni. Le relazioni umane, quindi, sono essenziali per la nostra felicità. Più si è ricchi di relazioni, più si è felici. E se mi permettete, vorrei aggiungere che anche la relazione con Dio è essenziale per la nostra felicità. Anzi, la relazione con Dio è alla base della nostra felicità.
La nostra relazione con Dio è la base anche delle nostre relazioni con gli altri. E’ dalla nostra relazione con Dio che si decide della nostra vita, della autenticità della nostra vita. E’ questo che Nicodemo cercava: una relazione con Dio. Aveva già delle relazioni con Dio, ma erano relazioni con la “r” minuscola. Ora cercava la Relazione con Dio, con la “R” maiuscola.
Cercava quel che nel linguaggio della fede si chiama salvezza. Nicodemo era alla ricerca della sua salvezza. Nicodemo era alla ricerca di quel legame con Dio che avesse realmente il potere di trasformare radicalmente la sua vita.
E’ questa la ragione che spinge Nicodemo ad andare da Gesù: per sapere cosa fare per la sua salvezza. Cosa fare per vivere non più minacciato dalla paura, non più preso nell’ingranaggio dell’inquietudine, non più perseguitato da un senso di angoscia. Nicodemo cercava un senso alla sua vita, e per questa ragione si rivolge a Gesù. Certo dalle parole che Nicodemo rivolge a Gesù non sembra esserci alcuna domanda: “Noi sappiamo che tu sei un dottore venuto da Dio; perché nessuno può fare questi miracoli che tu fai, se Dio non è con lui”.
Bisogna avere degli orecchi allenati ad ascoltare non tanto la voce superficiale, ma la voce interiore per capire che dietro queste parole abbastanza formali e piatte di nasconda la madre di tutte le domande: “Cosa devo fare per essere salvato?”.
Spesso le domande bisogna intuirle anche nelle parole e nelle frasi meno evidenti. Imparare ad ascoltare è avere questa capacità di prestare attenzione a quel che viene detto sotto la crosta, negli strati più profondi, lì dove la domanda non si è ancora travestita.
E’ questo che dovremmo imparare dal nostro maestro Gesù. Quale evangelizzazione potremmo mai fare se non intuiamo la domanda di salvezza che i mendicanti di Dio ci rivolgono a volte anche restando in silenzio? Quanti sono gli uomini e le donne che, nella notte della loro ricerca, non trovano qualcuno disposto ad accogliere le loro domande? Non trovano qualcuno che abbia l’umile coraggio di dare una risposta?
Nicodemo era alla ricerca della Relazione con Dio, cercava la sua propria salvezza. E’ questa la ragione per cui va da Gesù. Eppure quanti filtri aveva Nicodemo a protezione del rischio che la fede potesse veramente prendere il sopravvento nella sua vita.
C’era un’ambiguità di fondo in Nicodemo: voleva sinceramente trovare una soluzione al suo problema, e nello stesso tempo si opponeva con ogni resistenza alla grande rivoluzione che Gesù poteva compiere nella sua vita.
I famosi filtri di Nicodemo. Appena giunto da Gesù non dice: “Io so che tu sei un dottore venuto da Dio”, ma dice: “Noi sappiamo…”. Nicodemo si nasconde dietro questo “noi” per non esporsi in prima persona, per non restare veramente da solo di fronte al Figlio dell’uomo, al Cristo, a colui che può rispondere positivamente alla sua domanda di salvezza.
I filtri di Nicodemo. Aveva ragione Kirkegaard: Nicodemo più che discepolo sembra voler essere semplicemente un ammiratore di Gesù. E’ un po’ la tentazione di tanti credenti anche dei giorni nostri: ammiratori di Gesù, più che discepoliI filtri di Nicodemo. Egli è un uomo pieno di meraviglia, e nello stesso tempo pieno di incomprensione. Non ce la fa proprio a comprendere quel che Gesù gli dice.
E’ il difetto dell’ammirazione, si è così emozionati dall’incontro con una persona importante, che non si presta ascolto a quel che dice (molti politici conoscono bene tutto questo e lo sfruttano a dovere).
I filtri di Nicodemo. Anche la notte serve a Nicodemo come uno schermo, per proteggersi da occhi indiscreti. Certo la notte è anche l’unico momento che abbiamo per restare un po’ tranquilli con noi stessi. E’ il momento in cui possiamo prendere sul serio le nostre paure e le nostre inquietudini perché non siamo distratti dai rumori del giorno. La notte è feconda, ricca. Non è un caso che i rabbini raccomandassero la notte per lo studio della torah.
E Nicodemo va da Gesù invece che studiare la torah; compie, invece che lo studio di un testo, un incontro. Invece che leggere, sceglie il dialogo. Ma tutto questo non basta se le ombre della notte hanno il sopravvento sul nostro bisogno di luce, di chiarore. Nicodemo se vuole veramente incontrare Gesù, deve uscire allo scoperto.
I filtri di Nicodemo. Alle parole di Gesù risponde per due volte con la stessa domanda: come è possibile? Come può succedere quel che dici? Come possono essere possibili queste cose? Quanto sono umane queste domande!
Guai a noi a giudicare Nicodemo; egli, facendo queste domande, ci rappresenta con la nostra incredulità. “Come puoi?”, questa è la domanda umana rivolta a Dio. L’ammiratore di Dio che è disposto a riconoscere a Dio anche grandi poteri generali, quando viene a dover riconoscere il potere che Dio ha sulla sua vita, dice: “Come puoi?”.
I filtri di Nicodemo. Uno mi ha colpito in particolare. Il letteralismo di Nicodemo. Egli non riesce ad andare oltre la lettera, oltre la parola di Gesù. Non riesce a cogliere quel significato in più che c’è dietro le parole di Gesù. E’ questa una caratteristica del fondamentalismo: proteggersi contro la libertà che le parole di Gesù donano. Comprendere Gesù alla lettera e non secondo lo Spirito.
Ma cosa dice il maestro, il Figlio dell’uomo, il Figlio di Dio, il Cristo a Nicodemo? Cosa dice ad ognuno di noi, con la stessa intensità di duemila anni fa? L’intensità della risposta di Gesù è riassumibile in poche immagini: nascere di nuovo e nascere dall’alto; cambiare origine e cambiare fine; il rumore dello Spirito.
Nessuna relazione con Dio è possibile se le cose restano così. Bisogna che qualcosa di radicalmente nuovo avvenga nella nostra vita. E non c’è niente di più radicale che nascere.
Ma nascere non è una nostra opera. Nessuno è in grado di autonascere. Nascere è sempre un dono che qualcuno ci fa. E’ possibile una relazione con Dio soltanto se Dio ci partorisce nuovamente. E’ questo il significato della parola grazia: essere messi nuovamente al mondo da Dio. Nascere dall’alto.
Molti riducono il nascere di nuovo con qualcosa di morale. E il passo verso il moralismo è molto breve. Si trasforma un’opera che soltanto Dio può compiere nella nostra vita, come una nostra opera da mettere in mostra nel mercato religioso del successo.
Nascere di nuovo significa cambiare origine. Le nostre radici non affondano più nel terreno sterile del divorzio con Dio, ma nella risorta relazione con nostro Padre.
Solo che spesso dimentichiamo che il cambiamento della nostra origine, produce anche un cambiamento della nostra fine: non siamo più destinati a soccombere al potere della morte che annienta ogni cosa, ma siamo ridestinati al Regno di Dio, al trionfo della vittoria di Dio contro le forze del male. Al trionfo della giustizia e dell’amore di Dio.
Tutta questa grande rivoluzione che Dio compie nella nostra vita produce in noi un rumore: il rumore dello Spirito. Il vento non sai da dove viene e dove va, ma lo senti soffiare. E’ così con lo Spirito di Dio: non è in nostro possesso e noi non siamo suoi amministratori.
Ma soffia attraverso di noi e se ne può sentire il rumore. La grande opera di trasformazione che Dio compie nella nostra vita produce un suono, qualcosa di udibile. Una melodia. La sinfonia dello Spirito.
Nicodemo, come tutti quanti noi, come tutti gli esseri umani, è alla ricerca della sua salvezza. Vuole avere una relazione con Dio che possa realmente trasformare la sua vita. Ha soltanto troppi filtri che si oppongono alla sua nascita.
Gesù si accorge di tutto questo e gli chiede di non resistere a Dio, di lasciarlo operare nella sua vita, di mettere la sua vita nelle mani Dio, nel modo più semplice possibile: affidandosi a lui, il Cristo, colui che può farci conoscere il Padre e la nostra salvezza.
Noi non sappiamo come finisce questo colloquio con Nicodemo, l’evangelista Giovanni non ce lo dice. Sappiamo però come può finire il colloquio personale di ciascuno di noi con il nostro maestro. Amen