Il vescovo Long chiede alla chiesa di accogliere coloro che sono stati feriti
Articolo di Bob Shine pubblicato su Bondings 2.0, blog dell’associazione cattolica New Ways Ministry (Stati Uniti), il 23 agosto 2016, liberamente tradotto da Silvia Lanzi
Un vescovo australiano nominato da papa Francesco ha chiesto con veemenza alla Chiesa di fare spazio alle persone LGBT e di riesaminare il modo con cui si approccia all’omosessualità come parte di una più ampia chiamata ad incarnare i valori del Vaticano II.
Il vescovo di Parramatta Vincent Long OFM ha fatto questa sottolineatura la settimana scorsa durante la Ann D. Clark Lecture. Il suo intervento si intitolava “Papa Francesco e la sfida di essere Chiesa oggi”. Monsignor Long ha affermato che tra le “sfide più grandi” della Chiesa di oggi c’è quella di essere inclusiva, una Chiesa cioè dove, secondo la visione di papa Francesco, tutti sono davvero benvenuti. Il vescovo ha spiegato la sua definizione di una reale inclusività ecclesiale: “Con questo voglio dire che ci deve essere spazio per tutti, specialmente per coloro che sono stati feriti, esclusi o allontanati, siano essi vittime di abusi, sopravvissuti, divorziati, gay, lesbiche donne, membri ormai disaffezionati. Quando le richieste di inclusione ed uguaglianza sono anche solo in parte disattese, la Chiesa è inferiore a quanto Cristo si aspetta. Ecco perché mi sentite dire che sono guidato da una visione radicale di Cristo. Ho intenzione di fare in modo che la Chiesa di Parramatta sia una casa accogliente per tutti, una Chiesa dove ci sia sempre meno esclusione e sempre più di incontro di amore radicale, inclusività e solidarietà”.
In un lungo brano sull’inclusione, monsignor Long ha continuato dicendo che la parabola del buon Samaritano è “una lezione incisiva che spazza via alla radice i nostri pregiudizi” perché con essa Gesù ridefinisce il significato di bontà e fa crollare i limiti umani. È la “visione d’amore, inclusione e di sviluppo umano di Gesù che dovrebbe guidare la nostra attività pastorale”. Il vescovo ha aggiunto poi acutamente: “… sono i depositari della tradizione che spesso sono colpevoli di pregiudizio, discriminazione e stereotipi oppressivi”.
Monsignor Long ha affermato che proprio a causa di questi pregiudizi la Chiesa dovrebbe guardarsi dentro e valutare le risposte date alle persone che ha ferito: “Non possiamo essere una forza morale forte e una voce veramente profetica nella società se ce ne stiamo semplicemente sulla difensiva, incoerenti e divisi su certe istanze sociali. Non possiamo parlare dell’integrità della creazione, dell’amore inclusivo e universale di Dio mentre nello stesso tempo siamo in combutta con le forze dell’oppressione e dell’abuso nei confronti delle minoranze razziali, delle donne e degli omosessuali. Non va bene, specialmente quando pretendiamo di trattare i gay con amore e compassione e definiamo la loro sessualità ‘intrinsecamente disordinata’. Questo è particolarmente vero quando la Chiesa non è un faro splendente e un’apripista nella lotta contro disuguaglianza e intolleranza; piuttosto, essa viene guidata suo malgrado in un nuovo mondo dove gli stereotipi sono messi a tacere e l’identità e i diritti degli emarginati sono garantiti dalla giustizia, dall’accettazione, dalla protezione in una società secolare che punta all’uguaglianza”.
Commentando l’impatto che papa Francesco dovrebbe avere sulla considerazione dell’omosessualità il vescovo Long ha detto: “In una delle sue interviste sul tema abbastanza spinoso dell’omosessualità, papa Francesco dice che dobbiamo sempre considerare la persona perché, cito: “Quando Dio guarda ad una persona gay, la guarda con amore o la emargina e la condanna?’. Mi sembra che il Papa si sia allontanato parecchio da un approccio di giudizio e di condanna. Ha riportato l’attenzione all’amore di Dio per i poveri, i vulnerabili e gli emarginati; la sua enfasi pastorale è ferma sulla dignità di ogni persona, ha portato la Chiesa sulla via dell’impegno, dell’amore e della compassione, che sono il cuore del Vangelo”.
L’appello dl vescovo per un rinnovamento della Chiesa rispetto alle tematiche del genere e della sessualità si inserisce in un più vasto movimento per riappropriarsi dello spirito del Vaticano II. Monsignor Long afferma che la Chiesa australiana è a una “congiuntura critica”, con un calo numerico e con scandali pubblici che fanno tremare la Chiesa istituzionale. Ma con Dio “possono derivare risultati inaspettati anche dalle sconfitte più schiaccianti” e aggiunge: “Credo che stiamo vivendo in un momento privilegiato, una sorta di spartiacque, nella storia della Chiesa. Proprio come l’Esilio ha portato all’esperienza che più ha trasformato e modellato la fede di Israele, questo tempo di passaggio si spera porterà la Chiesa in una nuova era di speranza, impegno e solidarietà che il concilio Vaticano II ci ha fatto intravvedere con lungimiranza. Da quel che posso notare, l’arrivo di papa Francesco e la sua enfasi sull’autorità che si fa umile e pronta a servire ha segnato senza ambiguità quest’era. Egli stesso ha detto acutamente che non stiamo vivendo in un’era di cambiamento, bensì un cambiamento di era. Con questo egli vuol dire che la Chiesa deve essere all’altezza della sua fondamentale vocazione di essere ‘ecclesia semper reformanda’, una comunità che ha sempre bisogno di cambiamenti per essere in sincronia con lo Spirito Santo in viaggio verso il Regno”.
Il vescovo Long ha affermato che, come parte di questo profondo rinnovamento, ci deve essere una “riformulazione profetica” per interpretare esattamente i segni dei tempi “in modo che offrano una visione del futuro nuova e piena di speranza”. Ha citato anche e soprattutto le donne come esempi di fede, un punto degno di nota per i capi della Chiesa che spesso hanno condannato il femminismo. Ha raccontato la storia delle levatrici ebree Pua e Sifra le quali, all’inizio del libro dell’Esodo, hanno rifiutato l’idea di Faraone di uccidere tutti i neonati ebrei. Ha anche menzionato la vita di Mary MacKillop, fondatrice delle Sorelle di san Giuseppe del Sacro Cuore di Gesù (Josephite Sisters) in Oceania, che è stata ridotta al silenzio dalle autorità ecclesiastiche ma la cui testimonianza profetica è stata poi riconosciuta. Sottolineando il modello di leadership cristiana che queste donne offrono, il vescovo ha detto: “È la vocazione di coloro che guidano la Chiesa stare con queste persone condividendone le speranze, le battaglie, le ansie e le paure. Dobbiamo essere una sorta di ‘figlio di mezzo’ che occupa spazi periferici, precari e di confine. Non è facile essere leali ai due estremi, alla Chiesa dell’ortodossia e nello stesso tempo alla propria vocazione, che a volte ci spinge in luoghi e situazioni che ortodossi non sono. Proprio tra l’incudine e il martello. Questa è la vocazione dei capi, perché ci si aspetta che lavoriamo duro, in mezzo alla “confusione” e nello stesso tempo fedeli al Vangelo. Essere misericordiosi è il cuore dell’identità cattolica. E non è una semplice questione di agire in modo misericordioso e compassionevole con quelli che ne hanno bisogno, mantenendo intatta la propria posizione di privilegio e potere; piuttosto significa farsi radicalmente discepoli della vulnerabilità e della povertà sulle orme dell’umile servo di Dio”.
Il vescovo Long ha concluso il suo intervento enumerando i modi di essere Chiesa per costruire questa nuova visione: “Meno ruoli di potere, dominio e privilegio, più posizioni di vulnerabilità e di povertà… Meno esperienze di esclusione ed elitarismo e più incontri di amore radicale, inclusività e solidarietà… Meno un linguaggio di condanna e più un linguaggio di profonda compassione”.
Non è la prima volta che il vescovo Long parla della necessità di includere le persone LGBT. Nell’omelia della sua messa di insediamento di quest’anno ha fatto una dichiarazione simile sulle comunità ferite dalla Chiesa, inclusa quella LGBT. Secondo Tim Smyth di Acceptance, un gruppo australiano di cattolici LGBT, le parole della messa d’insediamento del vescovo Long sono state “la prima dichiarazione di un vescovo cattolico che chiede spazio nella nostra Chiesa per gay e lesbiche cattolici”. Si spera che il vescovo agirà secondo queste sue affermazioni e che la sua guida pastorale promuoverà un profondo e duraturo avvicinamento alle persone LGBT e alle loro famiglie.
È degno di nota che anche un altro vescovo, anche lui francescano conventuale creato recentemente da papa Francesco, abbia fatto commenti positivi su argomenti LGBT. Il vescovo di Lexington nel Kentucky, John Stowe OFM, ha offerto le sue riflessioni alla conferenza dei superiori conventuali di quest’anno e nella prima di queste ha affrontato in una luce positiva le tematiche LGBT.
Per finire il post, è bene citare ancora una volta il vescovo Long, che ha pregato così alla fine della lettura; una preghiera che sembra fatta su misura per i sostenitori delle persone LGBT nella Chiesa in questo momento storico piuttosto critico: “Dovremmo essere come profeti per la nostra gente in questo nostro esilio contemporaneo. Dovremmo rafforzarci per percorrere con loro il cammino della fede, proclamare un messaggio di speranza, i segni di questo nuovo kairòs (tempo opportuno) e portarli verso il Regno. Che possiamo incarnare il ritmo del mistero pasquale di morte e resurrezione, nel disegno di nostro Signore che è l’alfa e l’omega”.
Amen
Testo originale: ‘Pope Francis’ Bishop Calls for Inclusive Church that Lives Out Vatican II