Omogenitorialità: intervista a Francesco Bilotta, fondatore della Rete Lenford
Articolo del 27 marzo 2013 di Sarah Kay pubblicato su bambinizerotre.it
Francesco Bilotta è ricercatore di Diritto privato nell’Università di Udine. Svolge la professione di Avvocato a Trieste e Udine. Si occupa di tutela delle persone LGBTI nell’ambito dell’Associazione Avvocatura per i diritti LGBTI – Rete Lenford, di cui è uno dei fondatori.
Dopo aver letto i suoi interessanti saggi “Omogenitorialità, adozione e affidamento famigliare”, due estratti di “Il diritto di famiglia e delle persone”, ho deciso di intervistarlo. A lui la parola.
Fracesco, apri “Omogenitorialità, adozione e affidamento famigliare” parlando di “omonegatività”. Di cosa si tratta?
Spesso si sperimentano nella società atteggiamenti negativi nei confronti delle persone omosessuali e spesso la parola che viene utilizzata per descriverli è “omofobia”. Il punto è che questa parola non collima spesso con la realtà. Certi comportamenti non sono dovuti tanto a sentimenti irrazionali di paura, odio o disgusto nei confronti delle persone omosessuali, bensì all’intera gamma di sentimenti, atteggiamenti e comportamenti negativi verso l’omosessualità e le persone omosessuali, generati da un’intolleranza che ha radici culturali e sociali.
Fai più volte riferimento al testo Contro natura di Francesco Remotti. Qual è la tesi di questo saggio?
La tesi del libro è semplice: “la” famiglia al singolare non esiste. Piuttosto, nella storia e nello spazio esistono famiglie molto diverse tra loro, sia per il modo in cui si formano sia per la loro rilevanza sociale. I dati interessantissimi che si trovano nel libro cercano di contrastare la visione cattolica che considera la famiglia in base ad un unico modello, quello della coppia coniugale eterosessuale, con figli. Non a caso il libro ha un sottotitolo: “una lettera al Papa”. Leggendo il libro di Francesco Remotti si comprende come la famiglia sia una costrutto culturale che non ha assolutamente alcunché di naturale.
L’Italia è un Paese conservatore. È vero che a fare le spese di un approccio di questo tipo circa l’idea di famiglia sia proprio l’interesse del minore che a parole di dice di voler tutelare?
Non so se siamo conservatori, penso invece che siamo pigri mentalmente, perché ci educano ad esserlo. A proposito della genitorialità delle coppie omosessuali, è più comodo ripetere formule stereotipate che fare ricerche sul campo o leggere quelle che già ci sono, per rendersi conto che le temute ricadute negative sul minore non esistono.
Se l’importante è che al bambino sia garantito accudimento, affetto, cura non serve concentrarsi né sul genere del genitore, né su quello del suo compagno o della sua compagna, né tanto meno sulla composizione del nucleo famigliare, che potrebbe benissimo constare di più di due persone come figure di riferimento per il bambino.
In una prospettiva giuridica, due sono gli elementi imprescindibili da prendere in considerazione: l’impossibilità di negare a priori il diritto di una persona a divenire genitore, data una sua specifica condizione personale (che in questo caso è l’orientamento sessuale) e la centralità del benessere del bambino dal punto di vista dell’accudimento. Tutto il resto è solo frutto di omonegatività istituzionalizzata.
Parliamo di affidamento: nel nostro Paese un single omosessuale può averlo?
Sì assolutamente. Non vi può essere alcun dubbio al riguardo. Sarebbe discriminatorio il contrario, giacché una condizione personale qual è l’orientamento sessuale diventerebbe la sola ragione per trattare in modi diversi persone che si trovano nella stessa condizione. Per quanto ne so, sono almeno tre i casi di affidamento famigliare in cui l’omosessualità non è stata dirimente. Si tratta di una coppia di lesbiche di Milano, di un uomo di Venezia e di un uomo di Bologna.
foto-francesco-bilotta… Il matrimonio non viene concesso agli omosessuali perché poi scatterebbe di diritto la possibilità di adottare?
Questa è l’idea che mi sono fatto, giacché nel nostro Paese dal punto di vista giuridico sessualità e riproduzione sono ancora concetti del tutto sovrapposti. Sebbene siano numerose le opinioni espresse da parte dei giuristi a favore della richiesta dei gay e delle lesbiche italiane di contrarre matrimonio, la maggior parte dei pareri contrari si basa principalmente su un argomento: l’istituto matrimoniale non può essere esteso alle coppie dello stesso sesso, perché la famiglia è il luogo dell’esercizio delle prerogative genitoriali.
Perché due omosessuali che adottano all’estero non possono vivere la genitorialità in Italia, mentre può farlo un single omosessuale?
Questo è un vero paradosso che dimostra l’ipocrisia del nostro sistema giuridico. Esiste un precedente di qualche anno fa in base al quale per considerare sussistente una famiglia, quale presupposto dell’adozione, ci vuole il matrimonio. Ora poiché il matrimonio è da escludersi per le coppie formate da persone dello stesso sesso in Italia, si è ritenuto impossibile per tali coppie accedere all’istituto dell’adozione, dichiarando contraria all’ordine pubblico il provvedimento straniero con cui era stata sancita.
Invece, l’adozione all’estero del single – non ha importanza se omosessuale oppure no – nel nostro Paese spiega gli stessi effetti dell’adozione in casi particolari, così almeno ha ribadito la giurisprudenza italiana in decisioni recenti.
Questa situazione fa sì che le coppie dello stesso sesso italiane spesso scelgano di “fingere”, ricorrendo all’adozione all’estero del single per poter essere minimamente tutelati al loro ritorno in Patria.