Omosessualità. Avere il coraggio di parlarne nella chiesa cattolica
Riflessioni di Dominique Servais, vicario episcopale della Diocesi di Liegi (Francia) pubblicato sul giornale diocesano Église de Liège il 22 maggio 2015, pagg.24-25, liberamente tradotto da Gianluca Caselunghe
Dopo che papa Francesco ci ha chiesto chi fosse per poter giudicare l’omosessualità di una persona (nell’aereo di ritorno da Rio de Janeiro il 29 luglio 2013), e dopo che una tempesta di contestazioni che ha attraversato la Francia per il voto sul matrimonio egualitario (18 maggio 2013), mentre da noi venivano condannati a lunghe pene detentive gli assassini del giovane gay Ishane Jarfi (23 dicembre 2014), veramente oggi l’omosessualità non è più un tabù?
Ovviamente no! L’omosessualità è e resta un tabu, oppure lo ridiventa, qui come in altre parti del mondo. E, come se non fosse abbastanza, molti non osano parlarne. Tuttavia, secondo i dati, essa riguarda dal 3 al 7% della popolazione (oserenparler.com) ed è una della cause di suicidio tra i giovani (I ragazzi omosessuali presentano un rischio da quattro a sette volte superiore di tentare di commettere suicidio rispetto ai loro compagni eterosessuali, mentre per le ragazze omosessuali è stato riscontrato un rischio superiore del 40% se confrontato con quello delle giovani eterosessuali- scienceshumaines,com)!
Tabù, rigetto, silenzio, suicidio o ancora “realtà largamente sconosciuta” (Padre José Davin sj), ci hanno motivato a realizzare questa mattina di riflessione e dialogo al Centro Diocesano di formazione (della Diocesi di Liegi), venerdì 22 maggio (2015). Molte quesiti saranno trattati, numerose risposte saranno date ma l’importante sarà dialogare, ascoltarsi, rispettarsi e soprattutto riuscire a comprendere di poter marciare tutti insieme in un mondo sempre in costruzione.
Si nasce o si diventa omosessuali?
All’inizio del XX° secolo, le ricerche hanno cercato di mostrare il carattere innato dell’omosessualità. A metà del secolo, altri studi hanno suggerito che fattori esterni (ambiente, educazioni, condizionamenti) siano responsabili del comportamento omosessuale. Noi dobbiamo tenere in mente che questi lavori sono stati realizzati in un clima ed in un epoca dove l’omosessualità era percepita come peccato, malattia o contro natura.
Si tratta di qualcosa di ereditario o qualcuno ne è responsabile?
Nel suo libro “Biologie de l’homosexualité.On naît homosexuel, on ne choisit pas de l’être” (Biologia dell’omosessualità- Si nasce omosessuali, non si sceglie di esserlo” edito da Mardaga,2010) il professore Jacques Balthazart, dell’ULg (università di Liegi), afferma che l’omosessualità dipenda largamente dalle influenze genitoriali di tre tipi: ormonali (principalmente), genetiche e immunologiche, probabilmente. “Vista la complessità della persona umana, questo non può escludere che possano esserci degli omosessuali per i quali questo orientamento costituisca una scelta di vita deliberata, eventualmente influenzata da esperienze precedenti, dichiara. Tuttavia, una larga fetta di omosessuali nasce con questa inclinazione.” Altri, rifiutano l’idea delle influenze genitoriali e non avanzano alcuna spiegazione, perché non ce ne sarebbe! Chi è il responsabile, dunque?
Secondo il sito del Québéc “monfilsgai.org”, non è responsabilità di nessuno: l’omosessualità non è una scelta, tanto quanto l’eterosessualità! I genitori molto spesso si domandano che cosa abbiano mai fatto affinché i loro figli o figlie siano giunti fino a là… Ancora una volta, la risposta è semplice: niente! Nessuno ha fatto niente malgrado i numerosi miti che sono circolati attraverso le teorie psicanalitiche. Questo orientamento non è più una malattia! Anche se si è dovuto attendere maggio del 1990 affinché l’Organizzazione Mondiale della Sanità eliminasse l’omosessualità dal registro delle malattie. Oggi, nessuna organizzazione psicologica la considera più una malattia e rigettano tutte le terapie che mirano ad un cambiamento di orientamento come uno errore etico e le denunciano come pericolose, non necessarie ed inefficaci. Bisognerebbe invece torcere il collo a quella idea secondo la quale la persona omosessuale sarebbe un/a potenziale pedofilo/a. Non esiste alcun legame tra pedofilia ed omosessualità, tranne quelli fatti frettolosamente e per motivi scandalistici da alcuni media.
Non esisterebbe alcuna spiegazione dunque per giustificare “l’orientamento omosessuale”. Ma come ci domanda Padre José Davin nel suo libro “Les personnes homosexuelle. Un arc-en-ciel près des nuages” (Le persone omosessuali. Un arcobaleno tra le nuvole, editions Fidelitè, 2014), con la prefazione di Monsignor Delville, dovremmo cercare le cause?
Una sofferenza
Invece, ciò che noi potremmo ricercare, è di attenuare “le pene provenienti dall’intimo di loro stessi o suscitate da persone o situazioni esterne” (José Davin sj) che sopportano quella parte di persone gay che non sono felici ed equilibrate nel loro vissuto. Se per ciò che riguarda il dolore proveniente dall’intimo dell’individuo, nessuno di noi è in grado di farlo, tutto quello che viene prodotto da persone o situazioni esterne ci riguarda. I nostri sguardi, la nostra accoglienza, le parole che usiamo, sono tutti modi di accompagnare coloro che soffrono nella loro situazione, che vivono difficoltà a trovare un/a compagno/a (a causa della bassa percentuale di persone omosessuali) o che si sentono stranieri a casa loro.
Omofobia
C’è ancora bisogno di parlare di omofobia? Se da noi sono osservazioni, comportamenti stigmatizzanti, discriminatori o escludenti, fino ad arrivare all’omicidio come per Ishane, in altri paesi è diverso. In Africa, sono molte le legislazioni repressive e la condizione degli omosessuali resta drammatica: su 54 paesi, 38 condannano l’omosessualità (su un totale di 78 paesi che la condannano in giro per il mondo). In quattro, Mauritania, Sudan, Somalia e nel nord della Nigeria, dove viene applicata la shari’a, è prevista la pena capitale. (Le Monde- 25 febbraio 2014). Le religioni spingono sempre più spesso ad una legislazione più severa.
La Chiesa Cattolica
La domenicana Véronique Margron, specialista in materia di morale sessuale, riassume bene in un’intervista comparsa sul sito “croire.com”, la posizione della Chiesa Cattolica nei confronti della realtà dell’omosessualità. “La Chiesa non condanna l’omosessualità quanto tale. Essa è al corrente delle scoperte raggiunte nel campo delle scienze umane. Sa che l’omosessualità non è una scelta volontaria della persona, ma uno stato di fatto, un modo della realtà psicosessuale che trova la sua origine, in modo complesso, senza un’unica causa, nella prima infanzia. Il catechismo della Chiesa Cattolica distingue dunque tra le “tendenze” omosessuali, che sono involontarie e non giustifica né maltrattamenti né condanne delle persone, e “atti” omosessuali ritenuti, quelli, “disordinati” perché contrari à questa legge di differenziazione”.
Una mattinata di riflessione e dialogo
La questione dell’omosessualità e dei modi con la quale affrontarla è alle volte complessa ma anche foriera di reazioni. Spesso di mistificazioni, di rigetto, di disgusto o anche di indifferenza (questo è ciò che desiderano la maggior parte dei gay e delle lesbiche). Noi possiamo separare l’orientamento dalla partica come fa la Chiesa? Non è irrealistico? Se desideriamo che aumenti, tra di noi e nella nostra Chiesa, la comprensione e il rispetto reciproco, avremmo ben bisogno di queste ore di incontro e di dialogo. Ciascuno potrà trovare informazioni e formulare domande alle quali i relatori tenteranno di rispondere.
Testo originale: Homosexualité. Oser en parler