Perchè parlare dei genitori cattolici con figli omosessuali?
Testo di Mary Ellen Lopata e Casimer Lopata tratto dal loro libro Fortunate Families: Catholic Families with Lesbian Daughters and Gay Sons (Famiglie fortunate: famiglie cattoliche con figlie lesbiche e figli gay), Trafford Publishing, 2003, capitolo I, pp.5-8, libera traduzione di Diana
Perchè parlare dei genitori cattolici con figli omosessuali? La risposta più ovvia è che esiste poco materiale disponibile che parli in modo diretto e compassionevole ai genitori cattolici con figli omosessuali. Quando mio figlio Jim fece coming out mi incoraggiò a parlare con un prete con cui aveva già condiviso questa notizia. Padre Tom conosceva abbastanza bene la nostra famiglia, mi sentii sollevata al pensiero di poter parlare con qualcuno che conoscevo. Questo significava che non dovevo pronunciare la temuta parola “gay” – o, ancora peggio, “omosessuale”.
Quando telefonai a Padre Tom dissi semplicemente: “Jim me l’ha detto” e lui sapeva di cosa si trattava. Quello che mi è rimasto più impresso della mia visita a Padre Tom sono state la sua affermazione che almeno mio figlio Jim “non aveva una malattia terminale”.
Ricordo di essere rimasta stordita da quelle parole e, forse, era questa la reazione che lui voleva. Sapevo che stava solo cercando di farmi prendere in considerazione le mie paure. Comunque non aveva idea di ciò con cui mi stavo confrontando. Non capiva che, in verità, la mia più grande paura era che stavo perdendo mio figlio. Padre Tom fece la sua pastorale nel modo migliore, ma semplicemente non riuscì ad essermi di aiuto.
Ho sentito storie simili da altri genitori che si lamentano della frustrazione e della tristezza provate: “Sono andata a parlare col mio pastore che è stato gentile e comprensivo, ma non aveva idea di come essere effettivamente di aiuto”. Man mano che emergono domande da parte dei genitori – specialmente su come la chiesa cattolica risponde ai nostri figli gay – aumenta la loro frustrazione sulla inadeguatezza di una risposta pastorale.
Alla fine ho trovato la mia strada con l’associazione PFLAG (Associazione di genitori, famiglie e amici di lesbiche e gay degli Stati Uniti). Agli incontri della PFLAG i genitori raccontavano delle loro battaglie e delle preoccupazioni sul fatto di avere un figlio gay, ma la maggior parte era anche molto chiara nel ribadire l’amore per i loro figli gay. Presto fui in grado di prevedere quali genitori – non importa quanto sconvolti all’inizio – alla fine avrebbero superato il difficile viaggio verso la comprensione, l’accettazione e il supporto dei loro figli gay.
Erano i genitori che avevano iniziato la loro storia con una dichiarazione di amore per i propri figli gay. Spesso le loro parole venivano pronunciate con singhiozzi: “Amo mio figlio, ma non so se riuscirò a ad affrontare questa cosa. Non so nemmeno se riuscirò mai ad accettarlo/la.” A volte le loro dichiarazioni avevano un suono di sfida che significava: “Non mi importa di cosa gli altri dicono o pensano, io amo mio figlio!”.
Ascoltandoli, sapevo anche di gay o lesbiche cacciati fuori di casa o di genitori che negavano l’esistenza dei loro figli gay ma erano solo una parte della realtà, forse solo una piccola parte.
Al PFLAG ebbi anche la percezione che la Chiesa cattolica istituzionale è intollerante e omofobica. Ricevetti una dose speciale di comprensione dagli incontri alla PFLAG semplicemente perché ero cattolica. Questa non era però la chiesa che avevo sperimentato personalmente.
I miei dodici anni di educazione cattolica, pur se non ignoravano i divieti, alla fine enfatizzavano l’amore inclusivo di Dio, il suo perdono senza limiti e la sua misericordia infinita. Non sono l’unico genitore cattolico ad aver avuto questa esperienza.
Desideravo ardentemente comprensione nella mia comunità spirituale. La mia fede cattolica, una parte integrante ed importante della mia vita, mi conforta nei periodi di perdita e pressione, illumina la bellezza del creato e mi dà speranza nei periodi di disperazione. Tuttavia, mentre la mia fede in Dio non ha mai vacillato quando venni a sapere che Jim è gay, l’insegnamento cattolico ha solo aggiunto confusione al mio stato di disorientamento. Da una parte, credo che la mia fede abbia giocato un ruolo importante e positivo nella mia reazione all’orientamento sessuale di mio figlio.
Non ho mai dubitato dell’amore di Dio per lui. Mi è stato insegnato che Dio ama tutti, senza eccezioni. D’altra parte, leggevo documenti che definivano l’orientamento di Jim “disordinato” e insinuavano che fosse in qualche modo moralmente sospetto e che portasse un peso morale più pesante di noi tutti, semplicemente a causa del suo orientamento sessuale. L’implicazione era che essere eterosessuale rendeva ogni persona migliore di mio figlio, o di qualunque persona omosessuale.
La scarsità di informazioni buone ed accurate e di solide risorse pastorali sull’omosessualità lascia spesso i genitori nell’ignoranza e nella disinformazione. Questo esaspera il dolore e l’alienazione dei cattolici omosessuali e, in modo subdolo, incoraggia i loro genitori a rifiutarli. Molti genitori mi hanno raccontato degli anni perduti con i loro figli, anni persi in angoscianti conflitti tra l’amore per i figli e la confusione dell’insegnamento cattolico su questo tema.
Molti genitori non hanno nessuno con cui parlare e mancano delle risorse per aiutarli a gestire questo aspetto dopo il coming out di un figlio.
Spesso perdono contatto col figlio e a volte non sono in grado di colmare il divario creato dall’ignoranza, dal conflitto e dall’alienazione. Io penso che tutte le chiese – non solo quella cattolica – debbano prendersi la responsabilità per questa mancanza di supporto ed educazione.
Quando mio marito Casey ed io fummo maggiormente coinvolti nel ministero pastorale cattolico n le persone gay e lesbiche ci trovammo spesso in compagnia di altri genitori cattolici con figli omosessuali. Li incontravamo alle riunioni per genitori della PFLAG, dopo le discussioni nelle parrocchie locali, nei incontri annuali di riflessione che ospitavamo e nella nostra rete dei genitori cattolici.
Parlando con questi genitori, regolarmente emergevano certe domande e preoccupazioni: timori sulla sicurezza fisica, emotiva e spirituale dei nostri figli; preoccupazioni sulle relazioni familiari; questioni sulla nostra amata chiesa, sul suo insegnamento e la sua risposta pastorale verso i nostri figli.
Il libro Fortunate Families nasce soprattuttoper i genitori cattolici di figlie lesbiche e figli gay, ma i genitori di altre credenze religiose lo troverannoutile e di supporto. Sarà anche utile per coloro che lavorano nei ministeri pastorali con queste famiglie e con chi opera nell’ambito delle famiglie, dei giovani e coi ministri.
Le storie
Le storie rappresentano una parte importante di questo cammino. Le storie ci aiutano a conoscere il nostro mondo, passato, presente e futuro e, ancora più importante, a conoscere noi stessi, la nostra umanità e il nostro posto nel mondo.
D’altra parte, le storie personali sono spesse considerate sospette e scritte con fini egoistici. Tuttavia l’esperienza sia personale, sia comunitaria è uno dei quattro componenti del tradizionale discernimento morale cristiano. Questo modello di discernimento, talvolta noto come Quadrilatero di Wesley, sostiene che le decisioni morali autentiche ci arrivano dalla riflessione sulla Scrittura; sulla tradizione, ossia l’insegnamento della chiesa; studiando le scienze fisiche e psicologiche, cioè la ragione; e considerando l’esperienza di vita – personale e comunitaria, contemporanea e storica.
Per i cattolici, almeno per quelli cresciuti prima del Concilio Vaticano II, queste componenti venivano costantemente ponderate, con la tradizione che aveva un peso maggiore, poi la Scrittura, poi la ragione e l’esperienza come quarto componente, a maggior distanza.
Infatti siamo stati incoraggiati a svalutare, se non a tener in pochissimo conto, la nostra esperienza personale in relazione alle decisioni morali – sarebbe stata la chiesa a dirci cosa fare, indipendentemente dalle circostanze.
Dal Vaticano II è riemersa l’importanza della nostra esperienza in relazione al nostro percorso di fede. Dopo generazioni in cui la nostra esperienza veniva considerata sospetta, ora stiamo recuperando.
Purtroppo le storie che ho raccolto non rappresentano uno spaccato delle diverse famiglie cattoliche. Rappresentano piuttosto il tipo di genitori che hanno voluto partecipare alla mia indagine. La maggior parte dei genitori erano compresi nella fascia di età dalla fine dei 40 anni all’inizio dei 60 anni, quando hanno saputo dell’orientamento sessuale dei loro figli, i loro figli erano all’inizio dell’età adulta (18-30). Sono genitori i cui figli sono cresciuti da soli col proprio modo di essere. Sono genitori che possono essere in attesa – o stanno sperimentando con ansietà – la pensione imminente. A volte i timori – per una disoccupazione forzata o una gravidanza in questo periodo della loro vita – sono in agguato, proprio sotto il loro radar emotivo.
Se tutto va bene, comunque, i genitori in questo stadio della loro vita si sentono come se potessero cominciare a concentrarsi su se stessi e sull’altro coniuge, forse col desiderio della gioia di aver dei nipoti. Vedono i loro figli giovani adulti con un senso di sollievo, poiché finalmente sta diminuendo la loro soverchiante responsabilità genitoriale. Questo è il contesto generale in cui si svolge il racconto delle vite di questi miei genitori bianchi di mezza età.
[…] Fortunate Families racconta le storie di genitori cattolici che lottano per amare e servire Dio amando e allevando i loro figli. Nell’esperienza che ho maturato con più di 200 genitori cattolici, attraverso lettere, conversazioni e nei dati dell’indagine ritroviamo la profondità dei loro sentimenti per i loro figli, comprendiamo quanto è importante la religione per loro ed ascoltiamo ciò di cui hanno bisogno nella loro chiesa.
Forse la nostra esperienza condivisa crescerà in una comprensione condivisa che creerà una nuova saggezza popolare – una saggezza che richiede che i genitori, di ogni tradizione religiosa, amino, incoraggino ed allevino il loro unico figlio, questo loro figlio omosessuale, come una benedizione per la famiglia. Se preghiamo e compiamo insieme questo viaggio diventeremo tutti “Famiglie fortunate”.