San Filippo diacono e il Coming Out Day
Riflessioni di Mauro Ortelli (gruppo Narciso e Boccadoro) e Fabio Trimigno (gruppo Zaccheo Puglia)
Ricorre ogni anno, l’11 di ottobre, la giornata dedicata al coming out, termine che indica la dichiarazione del proprio orientamento sessuale, o della propria identità di genere, di una persona LGBT+. La giornata nasce negli Stati Uniti d’America un quarto di secolo fa, ma è stata poi adottata dai movimenti per i diritti delle persone LGBT+ di molti altri paesi.
Però l’11 di ottobre è anche il giorno che la chiesa cattolica dedica a San Filippo diacono, quel Filippo che nel libro degli Atti degli Apostoli (capitolo 6) è fra i primi sette nominati diaconi, ed è lo stesso che incontra (capitolo 8) l’eunuco, il funzionario della regina etiope Candace.
Di quest’uomo, di cui non sappiamo il nome, riconosciamo subito il colore della pelle e la lontanissima provenienza: un africano che viene da una terra posta ai confini del mondo, un paese alieno e sconosciuto.
Ma la Parola di Dio è così piena di dinamismo che sa giungere agli estremi confini della terra, toccando così anche il cuore di un etiope mentre fa ritorno nella sua terra remota.
Questa lontananza geografica dell’Etiope però racchiude una lontananza altra, una diversità ancora più profonda, perché di lui si dice che è eunuco, e questo episodio risulta rilevante per i credenti LGBT+.
Degli eunuchi si parla nella Bibbia (Levitico 21:20; Deuteronomio 23:2) per sottolineare che la loro condizione è talmente grave da escluderli dalla comunità, perché portatori di una deformità (insieme a ciechi, zoppi, nani, …). La figura dell’eunuco è stata storicamente associata, benché impropriamente, agli uomini omosessuali, e c’è chi ha interpretato le parole di Gesù «vi sono infatti eunuchi che sono nati così dal ventre della madre» (Matteo 19:12) come un riferimento agli omosessuali, non in quanto “nati senza testicoli” ma come “nati così”, ovvero nati semplicemente così. Infatti nel mondo antico (cultura ebraica inclusa) gli eunuchi “naturali” o “nati” erano associati a uomini con caratteristiche e comportamenti dello stereotipo effeminato.
Non è importante cercare verità scientifiche in queste parole antiche, però è importante sottolineare che un credente LGBT+ può riconoscersi in una figura che nell’antichità era fra le più discriminate.
Non sul piano economico forse (l’eunuco della regina Candace ne amministrava i beni), ma di sicuro sul piano della dignità religiosa e sociale l’eunuco rappresenta un elemento di estraneità, di esclusione, di lontananza dal popolo degli eletti.
Ecco allora che Filippo diventa importante, perché accoglie l’eunuco come degnamente credente e, con il battesimo, lo fa entrare nella chiesa e fra i salvati.
È questo il primo passo di una catechesi, di un cammino sinodale da compiere insieme: Filippo e l’Etiope seduti sul carro, uno a fianco dell’altro, per lasciarsi rivelare il mistero della salvezza di Dio.
E la giornata del coming out che c’entra?
Ebbene, possiamo a buona ragione far memoria di San Filippo diacono, l’11 ottobre, come colui che ha accolto il coming out dell’eunuco etiope, facendo diventare questo incontro un momento sacramentale.
Perché proprio sacramentale? Come sappiamo, il sacramento è “un segno visibile della Grazia invisibile”. Ora, il coming out, per una persona LGBT+, è una decisione spesso assai delicata, piena di timori ed aspettative.
Rivelare il proprio orientamento sessuale (che non si vede esteriormente) o la vera identità di genere implica far entrare un’altra persona in uno spazio molto intimo, che si può già considerare “sacro” e che espone la persona che si rivela al rischio di rifiuto, giudizio, gogna (se non talvolta peggio).
Incontrare un’accoglienza da parte della persona (o delle persone) a cui ci si rivela significa già incontrare una benedizione, e trovarsi nel luogo e nel momento in cui la Grazia di Dio può trasformare i cuori. Questo vale, ovviamente, anche per chi accoglie la dichiarazione del coming out.
Ecco allora che il gesto di accoglienza e di vicinanza di San Filippo, accompagnato dal sacramento che ne è seguito, diventa analogia anche per il nostro coming out.
Se l’etiope eunuco ha potuto dire “Che cosa mi impedisce di essere battezzato?”, perché dovremmo ancora aver paura di dire “Che cosa mi impedisce di fare coming out?”.