Seguimi come sei (Luca 5,1-11)
Riflessioni bibliche di Michael Miller, Charles Allen e Helen Tallon Russell tratte dal sito Out in Scripture (Stati Uniti) del gennaio 2013, liberamente tradotte da Giacomo Tessaro
La nostra lettura tratta da Isaia 6 ritrae il profeta in una esperienza teofanica, vale a dire rivelatrice di Dio. Isaia è sommerso dal sentimento di essere null’altro che una creatura. Nelle Scrittura non è raro che la consapevolezza di noi stessi come creature sia accompagnata dalla sensazione di essere indegni (versetto 5).
Nelle persone lesbiche, gay, bisessuali e transgender questa semplice sensazione di indegnità è spesso peggiorata da sentimenti negativi interiorizzati. Charles Allen fa notare che tutto questo sembra non interessare a Dio.
Quali che siano le deficienze di Isaia, Dio intende comunque contare su di lui per i suoi scopi. In Isaia 6,9-13 Dio ha molta più fiducia in Isaia di quanta questi ne abbia in se stesso. Il profeta è chiamato a portare un messaggio e deve rendersi conto che non verrà ascoltato! Oggi possa essere questo il messaggio: il popolo di Dio ha diritto, come tutti, di essere pienamente se stesso, di essere trattato in maniera giusta e di far sì che la sua umanità venga protetta.
Helene Tallon Russell è chiara sul fatto che la comunità LGBT ha l’immensa responsabilità di agire contro l’ingiustizia anche quando il successo è improbabile, o da procrastinare in un lontano futuro. Il motivo di lottare per la giustizia è che se smettessimo di farlo smetteremmo di essere chi siamo, chi Dio ci chiama ad essere.
Helene Tallon Russell fa notare anche quanto sia liberante udire che Dio agisce (attraverso il serafino in Isaia 6,7) per rimuovere la vergogna di Isaia e assicurargli che il suo peccato è stato cancellato.
In che modo la preoccupazione per la vostra limitatezza e indegnità ostacola la vostra comunione con Dio? In che modo tale preoccupazione vi rende difficile sviluppare qualsiasi sentimento di vocazione? Cosa volete chiedere in preghiera a Dio su voi stessi e sulla vostra vocazione?
Notare la gioia evidente nelle dichiarazioni di apertura del Salmo 137 (138). Queste dichiarazioni ci dovrebbero riempire non di esagerata fiducia in noi stessi, bensì di umiltà. Detto questo, chi vive con la vergogna che deriva dalla denigrazione degli altri e dall’indegnità può facilmente pensare con ansia che le esperienze di benessere e liberazione siano evanescenti; può trovare conforto nella richiesta finale che il Salmista rivolge a Dio perché non abbandoni l’opera già iniziata (Salmo 137,8).
I sentimenti di inadeguatezza possono essere esacerbati dalla sensazione che molti nella comunità LGBT hanno di “camminare in mezzo alla sventura” e di dover essere protetti da chi li odia (versetto 7a). Per quanto angosciante sia tutto questo, le richieste di questo Salmo sono fatte fidando in Dio, la cui caratteristica di base è l’amore, l’amore che dura per sempre (versetto 8a).
Come Dio ha trasformato l’autopercezione di Isaia attraverso il serafino, può Dio chiamarvi ad essere agenti di salute, forza e protezione per chi è stato ferito dagli altri o fa del male a se stesso? Qual è la differenza che fa l’amore di Dio nella vostra risposta a questa chiamata?
Il tema della tensione tra il nostro sentimento di indegnità e la consapevolezza della grazia continua nelle letture del Nuovo Testamento ed è il fondamento della testimonianza e delle ammonizioni di Paolo in 1 Corinzi 15,1-11. Con una reminiscenza da Isaia Paolo dichiara la sua inadeguatezza all’apostolato (versetto 9). È per grazia, dice, che lui è quello che è. Sicuramente questa parola suggerisce che essere aperti alla grazia di Dio favorisce il giusto atteggiamento verso se stessi e verso gli altri.
Le parole di Paolo ci invitano a esaminare con cura la nostra interiorità e la profondità del nostro cuore. Permettiamo alla grazia di Dio di guarirci e trasformarci veramente? Charles Allen evidenzia il fatto che talvolta la persecuzione da parte della Chiesa è collegata alle persone LGBT che odiano se stesse – alcune tra loro agiscono come se negassero la loro sessualità.
Michael Miller suggerisce che alcuni, carichi di ricordi di fallimenti e cicatrici dovute alla denigrazione del prossimo, intraprendono una ricerca spasmodica dell’approvazione altrui e fanno di tutto per ottenerla.
Notate come, avendo confessato la sua passata persecuzione contro la Chiesa, Paolo cerca di fondare una ritrovata credibilità affermando di lavorare più degli altri apostoli (versetto 10). Ecco che Paolo appare come molti LGBT che lavorano incessantemente per dimostrare alla comunità di trovarsi a proprio agio e di poter essere accettati. Fino a che punto siete stati in grado di ricevere e comunicare la grazia di Dio attraverso l’accettazione di voi stessi e degli altri?
È richiesto molto sforzo per combattere contro la violenza e l’ingiustizia, e per condividere la buona novella di Cristo. Tuttavia l’ossessione di apparire degni può dominare i nostri sforzi a tal punto da diventare controproducente e autodistruttiva. Le persone LGBT devono trovare riposo nella grazia di Dio e apprezzare il fatto di essere esattamente il tipo di persone idiosincratiche e piene di difetti che Dio ha sempre chiamato al suo servizio.
Il collegamento tra la sensazione di non valere nulla e di essere peccatori, e la chiamata di Dio viene esplorato anche in Luca 5,1-11. Simone (Pietro), pur nel compimento del suo lavoro, non ottiene nulla. Nel racconto arriva a riconoscere l’importanza di colui alla cui presenza si trova e risponde in maniera simile a Isaia e Paolo. Dichiara di essere un peccatore e tenta di allontanare Gesù (versetto 8).
Ma Gesù risponde semplicemente “Non temere; d’ora in poi sarai pescatore di uomini” (versetti 10 e 11). Gesù non colpisce Pietro con il giudizio ma lo riceve con i suoi limiti e le sue potenzialità. La speranza è che le persone LGBT sperimentino la presenza di Gesù, odano la sua chiamata e seguano l’esempio di Simone: lasciare tutto e seguirlo con fede e fiducia.
Cosa impedisce a voi e alla vostra comunità di adempiere con maggiore fede alla chiamata di Dio? Qual è la differenza che farebbe un onesto scontro con Dio nell’accettare e nell’adempiere a quella chiamata?
La nostra preghiera
Dio amorevole
liberaci perché noi sentiamo la tua presenza abitare con noi.
Nonostante le parole assordanti e aspre
che sviliscono e distruggono
apri le nostre orecchie e il nostro cuore alla tua voce accogliente.
Facce crescere nel tuo amore. Inviaci al tuo servizio.
Nel nome di colui che ci chiama a seguirlo
nel nome di Gesù, Amen.
Testo originale (PDF): 5th Sunday after the Epiphany, Year C