In Francia essere cattolici e omosessuali
Dossier di Elisabeth Marshall e Joséphine Bataille tratto dal settimanale La vie (Francia) 31 maggio 2011, liberamente tradotto da Dino
Come accettare e vivere allo stesso tempo il proprio orientamento sessuale e la propria fede in Dio?
In che modo la Chiesa (ndr cattolica) accoglie e accompagna coloro che, fin da giovani o attraverso il loro percorso di vita, scoprono in se stessi un’attrazione, un amore per una persona dello stesso sesso? Anche se l’argomento rimane un tabù, cominciano a nascere alcune iniziative, a delinearsi alcune aperture.
(Il settimanale cattolico francese) La Vite apre un dossier e dà la parola ai suoi lettori. Omosessuali, genitori, amici, esponenti di associazioni ne sono la testimonianza.
Xavier e Benoit sono una coppia che fa parte della comunità Vita Cristiana (spiritualità ignaziana)
“In coppia da 7 anni, siamo rimasti profondamente legati alla Chiesa. Siamo attivi all’interno della comunità (CVX) o nella nostra parrocchia. Di fatto noi abbiamo totale rispetto per la posizione della Chiesa su questo argomento, quasi la comprendiamo, se si considera che essa non può fare un diverso discorso.
Noi viviamo con semplicità, accogliamo ciò che la vita ci ha riservato senza che fossimo stati noi a sceglierlo, l’unica cosa che abbiamo scelto è di accettare, sull’esempio della parabola dei talenti: spetta a noi far fruttare quello che noi siamo, dare amore per quello che possiamo e testimoniare questa fede che ci è stata trasmessa.
E cerchiamo di trasmettere questa fede ai tre figli di Xavier, quando sono a casa (durante le vacanze), e cerchiamo di condividerla anche nel CVX, nel modo più semplice e più profondo possibile, senza provocazione e senza shock… questa fede l’abbiamo manifestata al momento del nostro Impegno: quel giorno, nel 2010, abbiamo scelto di esprimere il nostro reciproco amore, che rivolgiamo anche verso coloro che condividono il nostro cammino (figli, famiglie, amici, ecc.).
Questa cerimonia, che abbiamo realizzato dopo averne discusso coi nostri parenti, non l’abbiamo voluta come un simulacro di matrimonio, non avrebbe avuto senso e, fedeli alla Chiesa, non vogliamo certo opporci ad essa, semplicemente abbiamo affidato il nostro progetto, il nostro avvenire a Dio, con l’aiuto della preghiera delle persone a noi vicine.”
Xavier e Benoit.
“Fedele alla mia fede, nonostante la mia confusione”
“Sì, sono omosessuale e cattolico. E praticante in entrambe le situazioni… Perchè non dovremmo avere il diritto, anche noi, di amare e di essere amati nella pienezza di questo sentimento? Non chiediamo compassione ma che venga presa in considerazione una realtà biologica. Un giorno durante la confessione, un prete mi ha rifiutato l’assoluzione per il semplice fatto di avergli confessato di essere omosessuale.
Che umiliazione per me! Se aggiungete a ciò il fatto che la mia situazione non è mai stata veramente accettata dalla famiglia, che conduco una vita pubblica piuttosto intensa e che abito in provincia, capirete facilmente che non sempre è facile essere omosessuali nel 2011.
I costumi si evolvono, ma non le mentalità, o per lo meno non con gli stessi tempi. Malgrado periodi di confusione e di dubbio, sono rimasto fedele alla mia fede e sono anche impegnato in parrocchia; mi adatto alla meno peggio alla mia situazione, pensando che l’amore di Dio è più forte della malevolenza degli uomini.”
Olivier
“Si deve intervenire presso i genitori e gli alunni”
“Il 4 agosto 1990, il nostro quarto figlio Jean-Baptiste è morto a 26 anni, nel nostro appartamento, a causa di una malattia, diagnosticata nel 1981 negli USA, e di cui allora si parlava come del ‘cancro gay’: l’AIDS. Tre anni prima, invece del servizio militare, era professore all’Università Saint Joseph di Beyrouth, in piena guerra civile. Non è stata una pallottola a colpirlo, ma l’HIV. Diceva di essere attratto allo stesso tempo dalle ragazze e dai ragazzi…
La malattia di Jean-Baptiste mi ha fatto conoscere che le persone omosessuali hanno comportamenti così vari come quelle che si dicono eterosessuali, mentre i nostri concittadini spesso non vedono altro che il lato sommerso dell’iceberg. Per esempio il reciproco sostegno e il mantenersi fedeli per anni possono essere vissuti tra due uomini in maniera altrettanto intensa, se non di più, che in molte coppie eterosessuali.
Questo non dovrebbe più essere ignorato dalla mia Chiesa cattolica, pur riservando il termine “matrimonio” alle coppie formate da un uomo e da una donna. Segnalo un significativo documento dell’Insegnamento cattolico (maggio 2010) riguardante ‘L’educazione affettiva relazionale e sessuale nelle scuole cattoliche’.
‘Un numero non trascurabile di uomini e di donne presentano tendenze omosessuali profondamente radicate. Essi non scelgono la loro condizione omosessuale. L’educazione dunque affronta qui una questione estremamente sensibile. Diverse forme di omofobia possono ferire gravemente le persone… L’educatore deve quindi fare estrema attenzione a ciò che può dire riguardo alla diversità sessuale e al rispetto incondizionato delle persone’. Per fare ciò sarebbe auspicabile che ci siano molte persone che ricevano una formazione specifica per intervenire presso genitori ed alunni: Sesame, approvato dall’Educazione nazionale.”
Un padre di famiglia
“I vescovi devono prendere in considerazione la questione”
“Ho sentito la chiamata di Dio a 12 anni, la stessa età in cui ho anche scoperto qual’era la mia sessualità. Non l’ho mai vissuta male dato che ero stato cresciuto in un ambiente molto ecumenico; ho visto che la riflessione antropologica condotta da altre Chiese consentiva di vedere il problema in modo ben diverso. In compenso, ho visto molto presto intorno a me i danni che il silenzio provocava in molti preti e seminaristi, che si tormentano a questo riguardo.
I vescovi devono assolutamente prendere in considerazione la questione dei membri del clero che ne sono interessati, e proporre loro un luogo di condivisione. E poi è necessario familiarizzare le comunità con questa realtà, e consentire a chi lo desidera di potersi ritrovare per vivere meglio la propria presenza in parrocchia.
Per molti anni ho fatto parte di un grande ordine religioso e poi, quando mi sono innamorato, ho deciso di lasciarlo, spiegando il motivo del mio andarmene. E’ stata una vera rinuncia, dato che ero un religioso soddisfatto. Questo coming out fatto alle istituzioni ha provocato una vera tempesta nel mio ordine. C’e stata una paura terribile della verità. Mi è stato piuttosto suggerito di rimanere, ma stando zitto. Ci si preoccupava soprattutto di sapere cosa avrebbe pensato la gente.
I fedeli invece mi hanno dato sostegno e capito. In compenso non ho mai rimesso in causa la mia vocazione sacerdotale, il dato del mio orientamento sessuale non mi impedisce di vivere e di espletare il mio servizio. Oggi ho ritrovato un ministero, poiché sono stato accolto in parrocchia. Il vescovo è a conoscenza della mia storia. Ho un amico che ho scelto e col quale mi sono impegnato, ma ho rinunciato ad una vita di coppia sessualmente attiva. E’ un cammino che fa fiorire e completa la mia vita. Non sono stato mai tanto equilibrato.”
François, 42 anni, prete in parrocchia.
“Verso un processo di accettazione della mia più profonda natura”
“Da quando ho dodici anni penso di essere cattivo. A vent’anni ho mandato a quel paese la religione. Dio non potevo volermi perché ero omosessuale. Qualche anno più tardi sono stato scelto dal suo messaggio d’amore, Lui mi amava così com’ero. Allora mi sono preparato ad una vocazione religiosa, che era molto forte, senza più pormi il problema della mia omosessualità. Probabilmente stavo rifiutando la mia realtà.
Poi ho avuto una relazione con un seminarista, ed ho preso coscienza che di fatto, il problema andava ben oltre. Con tutti questi problemi sono arrivato a fare marcia indietro per quanto riguarda la mia scelta di vita. Dio mi ha messo di fronte alle mie contraddizioni in modo sconvolgente. E’ nell’esperienza spirituale che ho compreso che avrei dovuto considerare in modo completo ciò che ero…in tutti questi anni non ero avanzato nemmeno di un passo!
Oggi ho dunque messo da parte il mio progetto religioso – che in un certo senso mi permetteva di risolvere a buon prezzo il mio problema – per intraprendere quello che considero essere un ragionevole percorso di accettazione delle mie profonde caratteristiche. La Chiesa non deve più emarginare l’omosessualità; se continua a descriverla grottescamente come una vita di perdizione, essa ci spinge al silenzio e ad una vita pulsionale nascosta, che noi non vogliamo.”
Louis, 28 anni.
“Una bomba nella nostra famiglia”
“Quando vostro figlio vi annuncia di essere omosessuale, è come se una bomba fosse caduta sulla vostra famiglia! Pensavate di essere aperti a molte situazioni, e scoprite invece che proprio questa è impossibile da affrontare con gli altri membri della famiglia, tanto è tabù. Gli altri figli non comprendono il vostro blocco, e voi siete talmente spiazzati che non trovate né il coraggio né le parole adatte per parlarne col vostro coniuge (a noi ci sono voluti sei mesi per discuterne apertamente e constatare che non era possibile fare nulla riguardo a nostra figlia di 23 anni).
Quando ne parlo con lei, ella mi dice che non è mai stata tanto felice della sua vita, anche se si è innamorata così senza che prima ne avesse mai avuto alcuna tendenza. Se le dico che non è possibile che sia omosessuale e che avrebbe potuto cercare di vivere altre esperienze, lei mi risponde che è così e che dovrei parlarne con i miei amici, la mia famiglia. Non riesco a parlarne con nessuno perché non sono affatto orgoglioso della nostra situazione familiare, mentre tutti i nostri amici sono alle prese con matrimoni e nascite!
M.B.
“Ho finalmente associati tra loro il mio spirito e il mio corpo”
“Sono cristiana, omosessuale e felice: la mia vocazione d’amore è diversa, ma non di livello inferiore. Tuttavia fin da molto giovane ho interiorizzato che gli omosessuali non fanno parte del piano di Dio. Per poter far parte del piano di Dio, ho messo in atto una scissione mentale: amavo Dio, gli altri, ero una cattolica infervorata del Vangelo, ero un’infermiera con una grande passione per i malati e molto portata all’assistenza, ma non ero una donna.
Mi sono sposata con un cristiano molto gentile. Ma nella perfetta alleanza uomo-donna-Dio ho vissuto una specie di desolazione. E’ stato un matrimonio di morte, un rapporto contro la mia natura, che mi ha fatto ammalare gravemente. Meglio morire per amare nell’eternità, dato che ero incapace di amare, mi dicevo. Infatti il mio amore non aveva trovato la sua giusta collocazione. Ho incontrato una donna; ed era quella la mia verità. Così la scoperta e l’accettazione della mia omosessualità sono state spettacolari. Alla fine sono riuscita ad associare la mia fede, la mia sessualità, il mio spirito e il mio corpo.
E’ questa frammentazione di sè che rende malati. Di fronte a Dio, il mio primo amore, ho potuto rimettere insieme i pezzi sparpagliati, diventare finalmente quella che sono, liberata dal senso di colpevolezza, tranquilla e benedetta. Ogni battezzato è chiamato ad amare e a dare.”
Sophie
“Il centro Tiberiade, una famiglia per i malati di AIDS”
“Avendo accompagnato per tutta la mia vita, nello svolgimento delle mie attività professionali, persone omosessuali molto spesso marcate dall’infezione HIV, ho finito per ritrovarmi amministratore e accompagnatore di un centro di accoglienza diurno per queste stesse persone quando è venuto il momento di andare in pensione.
Il centro Tiberiade, ospitato dalla Diocesi proprio al centro del 7° arrondissement di Parigi, è stato creato da Mons. Jean Marie Lustiger su richiesta di Madre Teresa. Una squadra di volontari e di dipendenti accoglie 5 giorni la settimana persone scombussolate dalla vita, spesso isolate e malate.
Ogni anno vengono serviti più di 7.000 pasti, preparati da un gruppo di volontari. Le persone accolte spesso hanno rotto ogni rapporto con le loro famiglie.
A Tiberiade ritrovano un clima caloroso e attento nel quale possono in modo molto naturale condividere la loro quotidianità, esporre le loro angoscie e trovare ascolto e aiuto, sia sul piano psicologico che su quello terapeutico.
Vengono proposti una biblioteca, dei giochi, atività artistiche, visite, soggiorni “verdi”, senza dimenticare i primi passi di un avvicinamento alla fede cristiana e la regolare presenza di un cappellano con la possibilità di partecipare alla messa del venerdì pomeriggio. A Tiberiade si vive una vera fraternità, al punto che molte delle persone che vengono accolte affermano ogni giorno .
Michel
“Essere cattolica e transgender”
“Se la Chiesa comincia timidamente a considerare l’omosessualità, sembra invece ignorare completamente e addirittura respingere le persone transgenders o transessuali. Ed è così che, non avendo trovato fino a quattro anni fa alcun luogo di Chiesa che mi accogliesse con la mia specificità, ho camminato per più di 15 anni con un gruppo di omosessuali cristiani ‘Devenir un en Christ’ (DUEC) che mi è stato di aiuto, ma non rispondeva in modo completo alla capacità di approcciarsi in modo adeguato alla mia ‘diversità’.
Ho scoperto la Communion Béthanie. Unico luogo di Chiesa, che io sappia, a prendersi cura col CCI (Carrefour des Chrétiens Inclusifs) delle persone transidentitarie, che attualmente mi accompagna sul piano spirituale e mi aiuta a conciliare fede e transidentità.
Isabelle
“Genitori di omosessuali”
“E’ indispensabile e urgente che facciano sentire la loro voce i genitori di omosessuali che spesso si trovano in situazioni di grande sofferenza e i ragazzi che non sanno a chi rivolgersi quando comprendono di essere omosessuali. Infatti la Chiesa tratta l’argomento in modo sbrigativo, come ha fatto per la contraccezione, anche se ha cura di non condannare le persone.
Il Magistero troppo spesso parla di questo stato (perché non si tratta di una scelta, ma è uno stato di fatto) come di un disordine (nel caso migliore) o di una perversione (nel caso peggiore) e non sa fare altra proposta che quella di ‘vivere in castità’.
Il gruppo ‘Reflexion et Partage’ (Riflessione e Condivisione) del quale facciamo parte riunisce genitori coinvolti da questo problema e giovani, spesso in coppia, ed ha elaborato un opuscolo informativo sul tema ‘Orientamento sessuale e vita cristiana’.
Ci auguriamo che possano formarsi altri gruppi che propongano alle autorità ecclesiastiche un discorso sereno e costruttivo.”
Claude e Jacques
Testo originale: Témoignages. Ils sont catholiques et homosexuels