Come la morte di Rock Hudson a causa dell’AIDS cambiò la percezione di questa malattia
Articolo di Will Kohler* pubblicato sul suo blog Back 2 Stonewall (Stati Uniti) il 2 ottobre 2016, liberamente tradotto da Silvia Lanzi
Rock Hudson (17 novembre 1925 – 2 ottobre 1985), attore hollywoodiano di punta, è diventato la prima e più importante celebrità a morire per le complicazioni dell’AIDS. L’essere amico di Ronald Reagan e di sua moglie Nancy non gli fu d’aiuto. La first lady infatti declinò una semplice richiesta fatta alla Casa Bianca per aiutare a trasferire Rock Hudson in un altro ospedale. “Solo un ospedale al mondo poteva offrire le cure per salvargli la vita, o per lo meno per alleviare le sue sofferenze” scrive Dale Olson, pubblicista e amico di lunga data dell’attore.
Sebbene, inizialmente, l’ufficiale in comando avesse negato ad Hudson l’ammissione all’ospedale militare francese, Olson scrive che pensavano che “una richiesta della Casa Bianca… potesse fargli cambiare idea” ma la first lady Nancy Reagan non diede seguito alla richiesta. Alla fine, comunque, la morte di Hudson fu il catalizzatore che cambiò l’opinione pubblica sull’AIDS e su coloro che ne erano malati. Prima della morte dell’attore, i principali media avevano praticamente ignorato la crisi dell’AIDS che, per l’opinione pubblica, era la “peste gay”.
Mentre la sua carriera si consolidava nella Hollywood degli anni cinquanta, Hudson e il suo agente Henry Willson tennero la vita privata dell’attore lontano dalle prime pagine dei giornali. Nel 1955 la rivista Confidential minacciò di pubblicare una rivelazione sulla sua vita segreta. Willson bloccò tutto dando informazioni su due altri suoi clienti: raccontò dei due anni di prigione di Rory Calhoun e dell’arresto di Tab Hunterin a un party gay nel 1950. Secondo alcuni colleghi, l’omosessualità di Hudson era ben conosciuta a Hollywood e le ex coprotagoniste dei suoi film Elizabeth Taylor e Susan Saint James dicevano di saperlo, come anche Carol Burnett. Poco dopo l’incidente con il Confidential, Hudson sposò la segretaria di Willson, Phyllis Gates, che tre anni dopo, nell’aprile 1958, chiese il divorzio per crudeltà mentale. Hudson non contestò la richiesta e la Gates prese 250 dollari di alimenti alla settimana per i dieci anni seguenti e non si risposò più.
Una leggenda metropolitana dice che Hudson “sposò” Jim Nabors all’inizio degli anni settanta. A quell’epoca, non solo il matrimonio omosessuale non era riconosciuto dalla legge in nessuno Stato americano ma, almeno pubblicamente, Hudson e Nabors erano solo amici. Secondo Hudson la leggenda nasceva da un gruppo di “omosessuali di mezza età che vivevano a Huntington Beach”, che mandavano inviti scherzosi per i loro raduni annuali. Un anno, il gruppo invitò i suoi membri a fare da testimoni al “matrimonio di Rock Hudson e Jim Nabors”, durante il quale l’attore avrebbe preso il cognome del personaggio più famoso di Nabors, Gomer Pyle, diventando Rock Pyle.
Lo “scherzo” era già risaputo fin dai primissimi anni settanta. Nel numero di ottobre del 1972 del MAD magazine, in un articolo intitolato Quando guardate la televisione potete essere sicuri di vedere…, la cronista di gossip ‘Rona Boring’ (pseudonimo di Rona Barrett) dichiara: “E non c’è nemmeno un briciolo di verità nella voce maligna che la star della TV Rock Heman e il cantante Jim Nelly siano segretamente sposati! Non fanno nemmeno coppia fissa!”. Chi non stava al gioco diffuse la voce e il risultato fu che Hudson e Nabors non si parlarono più.
Poco dopo che la stampa diede notizia della malattia di Hudson. William M. Hoffman, autore di As Is, un lavoro teatrale sull’AIDS portato sulle scene di Broadway nel 1985, dichiarò: “Se ce l’ha Rock Hudson, allora la possono avere anche le brave persone. È solo una malattia, non una sventura morale”. Contemporaneamente si citava Joan Rivers: “Due anni fa, quando ho ospitato un evento di beneficenza per l’AIDS, non avrei mai potuto pensare che una delle star più grandi potesse dire una cosa del genere… L’ammissione di Rock è un modo orrendo di portare l’AIDS all’attenzione del pubblico americano, ma così facendo ha aiutato milioni di persone. Bisogna avere parecchio coraggio per fare quel che ha fatto Rock”. Morgan Fairchild disse che “la morte di Rock Hudson ha dato un volto all’AIDS”. Nel settembre 1985, in un telegramma mandato da Hudson per un evento contro l’AIDS, Impegno per la vita, al quale era troppo malato per partecipare di persona, l’attore hollywoodiano scrisse: “Non sono felice di essere malato. Non sono felice di avere l’AIDS. Ma se può aiutare gli altri, posso riconoscere comunque che la mia sfortuna ha qualche lato positivo”.
Hudson morì nel sonno la mattina del 2 ottobre 1985, nella sua casa di Beverly Hills, per complicanze dell’AIDS. Aveva cinquantanove anni; ancora due mesi e ne avrebbe compiuti sessanta. Aveva detto di non volere funerali. Fu cremato qualche ora dopo la morte e più tardi venne costruito un cenotafio nel Forest Lawn Cemetery di Cathedral City, in California.
La rivelazione di Hudson ebbe un impatto immediato sulla visibilità dell’AIDS e sul finanziamento della ricerca medica sulla malattia. Per gli attivisti che cercarono di togliere lo stigma all’AIDS e alle sue vittime, la rivelazione di Hudson fu un evento in grado di cambiare la percezione della malattia.
* Will Kohler è un noto storico, scrittore e blogger LGBT, nonché proprietario di Back2Stonewall.com. Attivista da lungo tempo, Will ha combattuto in prima linea l’epidemia di AIDS con ACT-UP e oggi continua a combattere per l’accettazione e la completa uguaglianza delle persone LGBT. Al lavoro di Will hanno fatto riferimento importanti media quali MSNBC e BBC News, il Washington Post, The Advocate, The Daily Beast, Hollywood Reporter, Raw Story, e l’Huffington Post.
Testo originale: Gay/LGBT History Month – October 2nd: The Life and Death of Rock Hudson And His Impact On The AIDS Epidemic