‘L’amore e basta!’ Nove coppie gay e lesbiche si raccontano
Riflessioni di Federica Mandato del gruppo Ressa
Per la giornata contro l’omofobia, c’è stata la proiezione a Trento de “L’amore e basta”, 2009, documentario-film diretto da Stefano Consiglio.
Il film racconta le storie d’amore di nove coppie gay e lesbiche. Inizia da Alessandro e Marco, due studenti universitari di Catania, e continua con le quarantenni Nathalie e Valérie (e la loro figlioletta Sasha) che vivono a Versailles.
Poco distanti, a Parigi, vivono Catherine e Christine, due sessantenni che stanno insieme da vent’anni. Poi ci sono Lillo e Claudio, che da diciassette anni vivono insieme a Sutri, un piccolo paese vicino a Roma.
Ci si sposta quindi a Berlino, dove da diversi anni vivono felicemente i quarantacinquenni Thomas e Johan. Da sette anni, altrettanto felicemente, stanno insieme Emiliana e Lorenza nella loro bella casetta, con tanto di giardino, nella Bassa Padana tra Parma e Mantova.
filmSono addirittura trenta gli anni del sodalizio amoroso e professionale di Gino e Massimo che incontriamo nel loro negozio/laboratorio di oggetti in pelle nel cuore di un quartiere popolare di Palermo.
Un’altra coppia che vive e lavora insieme da tanti anni è quella formata da Gaël e William, filmati nel loro ristorante nel 14° arondissement di Parigi. E infine le coniugi spagnole Maria e Marisol (legalmente unite in matrimonio non appena è stato possibile) che vivono in campagna a Vic, vicino a Barcellona, con la loro prole formata da un maschietto di circa otto anni e due gemelline di sei.
Al cinema Astra di Trento erano presenti circa una novantina di persone, tutto sommato non poche visto che l’informazione della proiezione è avvenuta soprattutto con passa parola e mailing-list.
Stefano, presidente di Arcigay e Michela, presidente di Arcilesbica hanno introdotto la serata e alla fine c’è stato un breve dibattito.
Forse per l’ora, forse per le molte cose che il film ha saputo suscitare, gli interventi sono stati risicati ma significativi.
Soprattutto si è voluta dare alla serata un’impronta positiva, evitando vittimismi o climi tetri, puntando piuttosto alla condivisione di vissuti quotidiani, di coppie e legami consolidati e “normali”.
E’ interessante partire dalla domanda che il regista ha posto a tutte le persone intervistate se si definivano coppia o famiglia. E che cos’è sta benedetta famiglia dunque?
Alcuni hanno tagliato corto dicendosi solo coppia, perché senza figli non ci si può definire nulla di più, altri hanno saputo riconoscere nella loro scelta d’amore un legame ‘generativo’ che, non solo e non tanto per la presenza di figli, pro-crea dinamiche relazionali e legami a lungo termine, oltre la mera vita di coppia.
Questo mi sembra molto importante. A volte nel mondo omosessuale, si è alla ricerca di modelli condivisibili e sembra spesso che il problema stia tutto nel riconoscimento civile e giuridico di un’identità, di un ‘patto sociale’, di un vincolo matrimoniale-giuridico, cosa opportuna e legittima evidentemente, ma basta questo a dirsi famiglia? Lo potremmo se volete riferire allo stesso modo all’ambito delle relazioni eterosessuali.
Il dibattito su questo potrebbe essere ampio e articolato, potremmo tirare in ballo la psicologia e la sociologia, ma riprendendo il film di ieri, mi è molto piaciuta la risposta di Emiliana e Lorenza, una coppia come tante, senza figli, nata quasi per caso, da un colpo di fulmine, forse con premesse incerte, ma che sta ormai insieme da sette anni.
Una delle due, rispondendo al regista, non ha avuto esitazioni: certo che siamo famiglia, lo siamo come lo sono tanti nuclei familiari qualunque, con un cane e un gatto, i genitori miei e i suoi, i nostri nipoti, gli amici e i legami più importanti.
La famiglia non è dunque un modello da ricercare e da incasellare come ‘modello-unico’, ogni relazione di coppia sceglierà secondo i propri modi e le proprie inclinazioni come determinare la sua capacità di apertura.
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A volte le coppie rischiano di essere un ‘egoismo a due’, non basta avere figli e la definizione ‘coniugato’ sulla carta d’identità o su qualche certificato. La rivendicazione del diritto alla scelta del matrimonio o altre modalità di convivenza che siano riconosciute anche dallo Stato è sacrosanta e imprescindibile per definire l’Italia un paese moderno e democratico, non si scappa, ma basta questo a definirsi famiglia? A fare di un UNO più UNO qualcos’altro?
Nella misura in cui questo UNO più UNO fa molto più di DUE, io + tu chiusi tra di noi, allora forse possiamo parlare di famiglia, parola logora ormai, consumata e abusata magari, ma che non perde di significato, come le nostre radici, il nostro bisogno di comunità, il senso sociale per cui siamo esseri umani aperti alle dinamiche più varie.
E questo forse è il senso più grande di ‘normalità’ che le persone intervistate nel film hanno saputo trasmettere. Come qualunque altra coppia eterosessuale, con le nevrosi di ogni rapporto profondo, con dubbi e paure, risorse e felicità condivise.
Mi verrebbe anche da sottolineare una parte spirituale, dal racconto di Gino e Massimo, insieme da trent’anni. Alla domanda del regista se si sentissero ‘abbandonati e giudicati da Dio’…Credo Gino ha risposto secco: Dio è l’unico da cui non mi sono mai sentito abbandonato, sono gli uomini ad averci creato tanti problemi semmai…
Mi porto via anche questo pezzetto, per ricordarmi quanto questo sia una conquista e lo possa essere anche per tutti coloro che credono e possono far entrare nella loro ‘famiglia’, un ‘fratello in più.
“L’amore e basta”, documentario-film diretto da Stefano Consiglio, 2009