Incontrando Miranda. “Ero in carcere e siete venuti a trovarmi”
Testimonianza di Luisella Audero inviataci il 15 maggio 2008
Questa mattina in qualità di referente di GayLib ho potuto finalmente fare visita a Adriana Pereira Miranda, la trans reclusa alle “Sughere” di Livorno dal 3 marzo 2008 dopo l’omicidio del suo uomo che la faceva prostituire.
Per aiutarla, visto che ha perso tutto, è partita una sottoscrizione tra persone di “buona volontà”. Ma comprati qualche vestito ed un paio di scarpe i pochi soldi raccolti sono già finiti.
Questa mattina in qualità di referente di GayLib ho potuto finalmente fare visita in carcere ad Miranda. Mi hanno concesso una sola visita per un’ora, il minimo… E’ stato un incontro che mi ha arricchito… lei è davvero molto bella, dolcissima e sembra indifesa… “Ero in carcere e siete venuti a trovarmi”, sagge parole quelle dell’evangelista Matteo… Spero che esca, anche se non so cosa l’aspetterà fuori.
Entrare in un carcere è un’esperienza da accogliere come sicuramente arricchente, per tutta una serie di motivi che forse non è facile spiegare. Si entra in un mondo chiuso, isolato e ovattato. Astratto in qualche modo e sospeso. Sospeso nel tempo e sospeso nello spazio. I rumori sono definiti, forti, i suoni rimbombano. Mentre fuori gli uccelli cantano sugli alberi e i fiori sorridono al sole, dentro si vive il dramma della propria intima solitudine.
Ho cercato di capire tutto, di analizzare, ricordare perché ogni istante fosse ben impresso nella mia anima e nella mia mente. Adriana è una donna molto bella, dolce, tenera come un fiore appena sbocciato e forte…
E’ stato bello vederla sorridere dopo aver saputo che ha pianto tanto. Le poliziotte sono gentili con lei, ma come è facilmente intuibile, le sue compagne di solitudine molto meno. C’è chi le ha fatto avances, chi l’ha minacciata e chi sa che altro non ha avuto il tempo di raccontarmi. Ci siamo tenute per le mani per un’ora, solo 60 minuti mi sono stati concessi, per noi un’enormità… fuori di lì un battito d’ali…
Ci siamo abbracciate, cercate, sorrise… ho cercato di farle coraggio, di rincuorarla, abbiamo parlato della sua mamma in Brasile che non può venire in Italia perché soffre di cuore, della cugina Vanessa che è partita per il Brasile senza salutarla, della fatica che ha fatto per incontrarmi: ha scritto 3 lettere chiedendo e scongiurando di darmi la possibilità di andare a farle visita…
Ed è con gioia, una gioia inattesa e per certi versi a me incomprensibile e dunque per questo ancora più forte, che racconto queste cose. Sono stata felice.
Felice di questi due mesi in cui ho avuto alcune ore di buio, di disperazione, in cui mi sembrava di non riuscire a fare nulla, di urlare nel deserto … felice di questi due mesi di corrispondenza fitta fitta, a volte le ho scritto tutti i giorni, a penna, andando alla posta (luogo che detesto) per comprare i francobolli, per imbucare le lettere prima della “levata” delle 12, l’ultima….
Felice delle sue parole, di vederla sorridente che mi diceva che ora stava meglio, ora che mi vedeva… finalmente. Un’attesa infinita che si è consumata in 60 minuti all’interno di una stanza di 3 metri per cinque, con il pavimento di linoleum, i tavolini di formica bianca, le sedie rosse, un orologio a muro fermo….
E’ stato un vero incontro di anime, la gioia dell’incontro, dello stupirsi nel riconoscersi così vicine, nello scherzare sul fatto che ha detto a tutti che sono la sua fidanzata e io che le ho detto che allora non occorre che la cerchi più…. si è parlato del suo cane, dei suoi vestiti, della sua casa…. della sua realtà che non c’è più…. E sono felice, veramente tanto felice di questa visita, di questa prima esperienza all’interno di un carcere.
Sono felice di aver fatto gratuitamente qualcosa e se ho dato visibilità a questo caso è solo perché c’era bisogno di farlo, altrimenti è giusto che la mano destra non sappia cosa fa la sinistra…
Sono felice di lei, perché le cicatrici dei suoi tentativi di suicidio sono punti saturati con la vita e con il sangue. Sono felice di lei perché davvero spero che possa avere un’altra vita senza più violenza, botte, senza più vendette, senza più prostituzione. Perché nessuno uomo è schiavo, ma tutti sono nati liberi e con una dignità che non ha prezzo.
Sono felice… e grazie a Gionata e a tutti quelli che in questo periodo, anche solo con un pensiero, mi hanno dato la forza di non arrendermi di fronte all’indifferenza, dandomi la forza di comunicare a lei, con le mie lettere e con i miei pensieri, la forza per non lasciarsi andare alla disperazione.
Adriana è forte, e quando uscirà dal carcere delle Sughere spero che sia profondamente diversa e desideri veramente condividere un cammino di serenità e libertà imparando un lavoro, prima di tutto, e apprezzando quello che ha….. perché ciò che abbiamo è sempre molto, basta vederlo con lo sguardo giusto, con lo sguardo di un bambino…. “Lasciate che i piccoli vengano a me”…. anche Miranda che pure ha sofferto l’inimmaginabile, nella sua anima è ancora un bambina, affettuosa, dolce, e indifesa. Ed è una donna che ha tanto amato e che è stata ripagata in un modo che vorrei definire inumano.
Ancora grazie per il vostro sostegno. E’ stato tanto, molto. Lo è e lo sarà ancora.