Benedizione delle coppie omosessuali: una scelta matura
Articolo di Claudia Angeletti tratto da Gioventù evangelica, rivista trimestrale, n. 199, primavera 2007, pp.17-19
Mi trovo a presentarvi una sintesi ragionata del documento prodotto dal Gruppo di lavoro sull’omosessualità (Glom) proprio mentre imperversa il dibattito (per non dire lo scontro) tra Vaticano e destre, da una parte, maggioranza di governo dall’altra sui “dico” Bindi-Pollastrini: un tentativo di regolamentazione delle unioni di fatto, anche di persone dello stesso sesso, troppo aperto per gli uni (Vaticano e altri), troppo ristretto per gli altri (movimento omosessuale, partiti della sinistra radicale).
Un compromesso tipicamente italico che, nonostante tutto il male che se ne possa legittimamente dire, ha avuto il grande pregio di aver messo a nudo a qual segno si sia spinta la pretestuosa ingerenza vaticana nei processi di legiferazione del nostro Stato, se ha saputo suscitare un comprensibile scatto di orgoglio persino in miti politici, innescando così una polemica interna al mondo cattolico; una cosa, questa, che a noi protestanti può far piacere, ma in fondo non risolve i problemi di casa nostra.
Delle chiese bmv (battista, metodista, valdese), intendo, che si lamentano (ad ogni buon diritto) della totale ignoranza delle loro posizioni da parte dei media nazionali e locali, per i quali continua a esistere in materia etica solo “la chiesa”, sottinteso cattolico-romana.
Ed è vero che invece le dichiarazioni dei nostri rappresentanti, siano il presidente della Fcei Domenico Maselli, la presidente dell’Ucebi Anna Maffei, il vicemoderatore della Tavola valdese Eugenio Bernardini, contro la violazione sistematica della laicità e dell’autonomia di Parlamento e Governo da parte della Conferenza episcopale italiana ed a (parziale) favore dei “dico” non sono state diffuse al di fuori dei nostri organi di stampa.
Le chiese: ancora nessuna posizione condivisa
D’altro canto, però, fino ad oggi le nostre chiese non hanno saputo trovare una modalità per arrivare ad esprimere una posizione condivisa su questo argomento. Posizione condivisa che indubitabilmente avrebbe più forza e di conseguenza più risonanza delle dichiarazioni di singoli.
Il fatto è che se molti evangelici sono disposti a battersi per difendere la laicità, sono purtroppo molti di meno coloro che sono disposti a battersi per difendere il diritto alla libertà di amare delle persone omosessuali. Ancora di meno quelli che sono disposti a dedicare tempo ed energie a un serio esame delle Scritture che esprimono condanna dell’omosessualità come ‘peccato abominevole”, per educare le comunità ad una riflessione non astorica, non acritica, non incoerente della Bibbia.
Rimane a nostra attenuante non solo il fatto che di questo argomento si parla nei nostri ambienti ormai da più di 20 anni, ma anche il fatto che negli ultimi sette anni è stato attivato il Glom, che ha prodotto un documento che è stato inviato alle chiese affinché ne discutessero, e ne discutano ancora, in modo che le chiese arrivino all’Assemblea- Sinodo del prossimo novembre con le idee più chiare in proposito. In quella sede poi speriamo che si possa formulare ed approvare una posizione condivisa.
La benedizione delle convivenze: una scelta di campo
Il documento del Glom si conclude con una precisa scelta di campo a favore della benedizione delle convivenze, questione che ovunque nelle chiese ha diviso i fronti. Eppure l’ultima (per così dire, che proprio non è nemmeno l’ultima) delle nostre intenzioni è quella di provocare delle divisioni, dal momento che a ciascuna e ciascuno dei componenti il gruppo sta enormemente a cuore l’edificazione delle chiese (chi perché pastora o pastore, chi perché membro attivo, fedele, impegnato, militante!).
Crediamo però che tutte le precedenti argomentazioni del nostro documento risulterebbero in gran parte vanificate se tutte o la maggioranza delle nostre chiese decidessero di opporre un rifiuto alla richiesta di una preghiera per chiedere la benedizione di Dio su quei/lle pochissimi/e candidati/e al riconoscimento del loro progetto di vita in coppia; che sono pochissimi/e, appunto: non solo perché alcuni vivono so spesi tra gli abissi del “desiderio errante” da una parte e “la volontà ipocrita di costanza” dall’altra (secondo la acuta definizione dell’amore di Ricoeur), ma anche perché degli altri, che decidono di dare una durata nel tempo alla loro relazione d’amore, pochi/e sono forti abbastanza da esporsi al rischio di sentirsi respinti dalla propria comunità.
Viste le difficoltà di vivere serenamente in quanto omosessuali in una società a misura di eterosessuali, è infatti nelle chiese che le persone omosessuali credenti desiderano sentirsi più a loro agio, è dalle chiese che si aspettano di ricevere affetto e stima, è nelle chiese intese come corpo vivo di Cristo che desiderano vivere in armonia con sorelle e fratelli, benedetti/e e aiutate/i nei loro percorsi di vita come tutte/i le/gli altri/e. Come (e forse più) degli altri credenti, hanno bisogno di sentirsi in un ambiente protetto, perché pervaso da quell’amore di Gesù che hanno sperimentato nel loro cuore.
Un amore talmente incondizionato che li ha spinti/e (inesorabilmente) ad inserirsi in un contesto comunitario che dovrebbe offrire comprensione, spazio per esprimersi, sostegno, amicizia. E dalle chiese, infine, che le persone omosessuali credenti sanno di poter ricevere un aiuto determinante per quel cambiamento di mentalità sul loro status ancora di là dall’essere realizzato nella nostra società omofoba.
Sono state infatti le chiese ad aver bollato per secoli con l’infame marchio di “sodomia” ogni e qualsiasi forma di relazione tra persone dello stesso sesso, senza distinguere tra i rapporti pervertiti dalla violenza sessuale e quelli sbocciati da un amore ricambiato, da un’amicizia intensa e libera.
Le chiese quindi hanno la responsabilità storica e morale di riparare alloro errore di aver favorito la persecuzione, ma anche la discriminazione e il discredito che ancora condiziona negativamente la vita di molti omosessuali.
Da chi, se non dalle chiese, dovrebbe venire una riflessione teologica che, una buona volta, abbia il coraggio di affermare (come ha fatto sinceramente Paolo Ricca su Riforma, anno XV n.4, 26 gennaio 2007, p. 15) che definire l’omosessualità “un peccato” è un grave errore esegetico ed ermeneutico?
L’approccio al testo biblico: oltre il fondamentalismo
Nel nostro documento infatti si propongono due approcci al testo biblico, diversi da quello letteralistico-fondamentalista che si ferma alla evidente condanna delle pratiche omosessuali: “L’ascolto che scuote le convinzioni già formate” e “Lo studio serio dei contesti” culturali, sociali ecc. In appendice, poi, presentiamo tre sintetiche schede esegetiche su Levitico 18:22 e 20:13; Romani 1:18-27; Genesi 19:1-11.
Da queste schede risulta l’inconsistenza di una lettura tradizionale delle Scritture, ovvero viene chiarito che tale condanna: a) era espressa a riguardo di rapporti omosessuali perlopiù connotati da violenza e non consensualità; b) presupponeva e difendeva un sistema sociale patriarcale, basato sul disprezzo delle donne, cui l’omosessuale passivo era assimilato; c) aveva come scopo il mantenimento della distinzione etnica/nazionalistica/religiosa di Israele rispetto ai popoli circonvicini. Tutti criteri oggi inaccettabili e inaccettati dalle teologie riformate.
Il documento del Glom sottolinea come il messaggio della Bibbia è, fondamentalmente, non una condanna ed un giudizio (Giovanni 3:17: “Iddio non ha mandato il suo Figliuolo nel mondo per giudicare il mondo”), bensì un invito all’accoglienza ed all’amore incondizionato per tutti, tutte, “senza riguardo alla qualità delle persone” (Atti 10:34) che le chiese devono riscoprire e mettere in pratica nei confronti di tutte le (cosiddette) diversità, compresa quella di orientamento sessuale.
Uno sguardo alla comunità scientifica
Last, but not least, il nostro documento presenta alcuni dati scientifici che cercano di sintetizzare il grande dibattito medico-psicologico sull’origine dell’orientamento (o dell’identità) omosessuale, chiarendo che la posizione ufficiale del mondo scientifico nei paesi occidentali è che l’omosessualità non è altro che “una variante del comportamento sessuale umano” (secondo la definizione dell’Organizzazione mondiale della sanità) ovvero “una dimensione possibile dell’identità personale… spontanea, naturale, del tutto personalizzata ed unica”, “esito di processi di formazione in cui interagiscono in modo complesso aspetti biologici, culturali ed educativi”.
Se le nostre chiese dovessero accogliere la prospettiva che le persone omosessuali non sono né violenti pervertiti, né malati, né peccatori (in quanto omosessuali, s’intende), ma persone naturalmente diverse dagli eterosessuali quanto all’orientamento sessuale, persone quindi diverse come diverso/a è ciascuno e ciascuna di noi per mille altri tratti della propria identità… se le nostre chiese fossero disponibili (come moltissime dicono di essere) ad accogliere ed accettare qualsivoglia persona con l’amore di Cristo.., se una chiesa avesse acquisito un’adeguata preparazione biblico-teologica sui metodi di lettura delle Scritture ebraico-cristiane, che cosa potrebbe impedire di invocare Dio perché benedica la convivenza di due persone dello stesso sesso che credono in Lui e vogliono condividere la loro gioia e il loro progetto di vita in comune con i loro amici ed amiche? Come disse l’eunuco a Filippo: “che cosa impedisce che io sia battezzato?”
Proseguire il dialogo nonostante gli ostacoli
Dai contatti (convegni etc.) con alcune delle chiese, il Glom ha potuto constatare che ve ne sono ancora, di impedimenti, essendosi polarizzata in alcuni momenti di confronto la differenza di posizioni con chi sostiene che l’omosessualità sia un peccato condannato dalla Scrittura.
Questa fetta della nostra popolazione ecclesiastica (incrementatasi numericamente grazie agli/alle immigrate/i) è quindi disposta solo ad accogliere queste persone, ma non ad accettarle nella loro identità omosessuale; anzi, in nome dell’amore di Cristo per ogni peccatore, si sentono in dovere di esortarle a “non peccar più”, modificando il loro comportamento sessuale. La benedizione quindi di una convivenza omosessuale risulta improponibile, in quanto non si riconosce che possa essere buona agli occhi di Dio e che possa fare del bene agli altri.
Preghiamo e speriamo che il Dio della grazia possa aiutare le nostre chiese nei prossimi mesi a riflettere su questo tema con mente e cuore sgombri da pregiudizi, perbenismi, ipocrisie, arroganza, cosicché l’eventuale riconoscimento delle coppie omosessuali possa risultare un gesto ampiamente condiviso di chiese mature e libere.
Per approfondire:
Testo del documento stilato dal “Gruppo di Lavoro sull’omosessualità” (Glom)