Come può il Padre non gioire dell’amore di un figlio omosessuale?
Riflessioni di Corrado Contini del gruppo Davide per Genitori cristiani con figli LGBT di Parma
Al tavolo di dialogo tra le Diocesi Lombarde e Realtà Cattoliche Lgbt, tenutosi domenica 18 novembre 2018 al Santuario di Caravaggio, Don Pier Davide Guenzi, teologo moralista, nella sua interessantissima ed ampia relazione ci ha parlato anche di Etica Ricostruttiva (Jaen-Marc Ferry) come di un possibile modello etico. Vorrei citare brevemente.
“Il modello etico ricostruttivo si sviluppa in tre fasi per arrivare alla ricostruzione finale. La fase delle Narrazioni : ” il vissuto di ciascuno è portato, attraverso la comunicazione, alla conoscenza e al riconoscimento degli altri”.
La fase delle Interpretazioni: “strettamente collegate ai racconti personali, come il senso lo è ai fatti, la legge agli avvenimenti, la morale alla storia, potranno rivelare, al di là dei diversi vissuti, punti di vista divergenti”.
La fase delle Argomentazioni: “processi nel corso dei quali si espongono e si spiegano rispetto alla ragione e con il suo aiuto, i conflitti di interpretazione “. L’esercizio critico dell’argomentare rappresenta uno degli elementi portanti per ogni declinazione normativa relativa all’agire.
Questo per arrivare alle Ricostruzioni: “forma cooperativa di ritorno sulle narrazioni, le interpretazioni e le argomentazioni per sviscerare la dialettica del malinteso che ha potuto limitare i processi d’intesa o portato ad accentuare un modello argomentativo (o parti di esso) ritenendolo l’unico possibile, ridimensionando elementi che pure erano presenti nel percorso argomentativo….”.
Mi è parso di cogliere in questo modello etico lo stesso stile, potremmo dire lo stesso “soffio” che ha animato l’Assemblea dei credenti delle origini, e cioè l’interpretazione delle azioni che lo Spirito andava compiendo in loro e tra loro per coglierne precise indicazioni, così come leggiamo in Atti 10, 34-35 e 44-47 ed anche in Atti 11, 5-9 e infine in Atti 15, 1-12; 19-20 e 28-29. Tutto questo per dire come dalla narrazione di eventi ed azioni compiute dallo Spirito la prima Chiesa sia arrivata ad interpretare e ad argomentare le decisioni cruciali che poi verranno prese sul battesimo dato anche ai pagani e la loro non-circoncisione.
Ecco allora che a me, come credente, sposo da 43 anni, padre di tre figli di cui uno gay e nonno di cinque nipoti, che ha incontrato credenti Lgbt e le loro comunità di fede, compete la narrazione di quanto ho visto, udito, toccato, come contributo alla interpretazione e argomentazione dell’intera comunità cristiana su questa realtà e il porre due domande che mi paiono cruciali.
La prima narrazione riguarda i genitori credenti di questi figli e figlie che ho incontrato. Molto spesso sono partiti dalla disperazione del cieco Bartimeo di non vedere, di non capire, di ritenersi falliti nel loro compito o di sentirsi scartati, abbandonati dalle loro comunità come il lebbroso di Gerico. Con loro ci siamo incontrati, ascoltati, abbracciati, ognuno con le proprie storie e le proprie scoperte. Con alcuni abbiamo formato il gruppo Davide per un cammino ed un confronto stabile, sentendo poi la necessità di costruire una rete con altri genitori italiani, la rete 3voltegenitori: è stato il modo per continuare a sentirsi Chiesa; il modo di poter testimoniare anche con loro la presenza di una Chiesa accogliente; la possibilità di mantenere viva la fede stessa nella Chiesa che altrimenti molti avrebbero persa.
Abbiamo camminato insieme nella certezza che questi sono e rimangono sempre nostri figli e figlie; che su di loro è scritto come per tutti un progetto di felicità nella scoperta di essere amati e di poter amare attraverso il dono di sé, nella possibilità che è data loro, come a tutti gli altri nostri figli, di spendersi per amore con fedeltà e dedizione.
Noi che ben li conosciamo come figli e figlie, in questo loro modo di essere non vediamo una moda o una condizione desiderata o ricercata, anzi semmai spesso scoperta con sofferenza ma, quando consolidata, unicamente per quello che è: una capacità di amare diversa e particolare, che va accolta ed amata così com’è.
Ed ecco la prima domanda:
· come possiamo dire di accogliere una persona se non accogliamo il suo amore? il suo modo di amare?
Quest’esperienza ci ha resi sposi e genitori migliori, chiedendo con insistenza al Signore nella preghiera cosa volesse da noi. Abbiamo allora scoperto come si tratti di una prova che porta in sé un dono. Per questo osiamo definirci “genitori fortunati” perché “costretti” ad allargare il cuore per un di più di accoglienza e di amore, con uno sguardo di benevolenza che cerca il bene in tutti. Quello stesso sguardo che Gesù ha per ciascuno di noi e che noi, padri e madri, chiediamo alla Madre Chiesa su questi nostri figli.
La seconda narrazione riguarda proprio i nostri figli e figlie credenti, gay e lesbiche, e lo stupore di vedere in loro una fede provata: “presso nessuno in Israele ho trovato una fede così grande (Mt8,10)”; lo stupore di chi dirà “ma come, proprio loro hanno una fede così grande?”.
Loro stanno donando alla Chiesa intera un dono prezioso: hanno custodito e coltivato la speranza, sulle orme del padre Abramo “..egli ebbe fede in Dio e gli venne accreditato come giustizia… e sperò contro ogni speranza (Rom 4,18)”. Speranza di chi continua a chiedere di essere accolto così com’è, proprio come si sente creato ed amato dal Padre. Speranza di chi si sente chiamato a testimoniare allo stesso tempo sia il proprio vissuto affettivo in ambito ecclesiale, sia il proprio vissuto di fede nel contesto del mondo.
Speranza di chi non rivendica (chi ama non rivendica ed essi amano la Chiesa!) ma di chi si mette di fronte guardando negli occhi, senza abbassare lo sguardo non smettendo di servire cioè di offrire in dono ciò che si ha perchè convinti di essere parte dell’unico Corpo: “cristiano è il mio nome!”.
Posso affermare che in questi anni di incontri sono rimasto colpito dalla presenza di Gesù nei loro cuori, misurata dall’intensità della loro preghiera e dalle opere che ho visto esprimere nella loro vita: “amore, gioia, pace, pazienza, benevolenza, bontà, fedeltà, mitezza, dominio di sé, che sono frutto dello Spirito e contro queste cose non c’è legge” (Gal 5, 22-23).
Ho visto e toccato con mano queste opere che lo Spirito ha compiuto in loro e lo Spirito per sua natura non è mai disordinato….
Sì, è vero, Paolo ci richiama anche al dominio di sé.
Nelle coppie gay credenti che ho incontrato, ho riscontrato la passione e il trasporto amoroso (cosa ben diversa e ben al di là di una amicizia profonda !!) vissuti nella fedeltà reciproca, nel dono di sé all’altro e nel prendersene cura, nel sogno e nella costruzione di un progetto futuro comune, di un ”NOI” che potesse vivere ed affermarsi. Ho visto anche la premura verso chi è nel bisogno, verso chi bussa alla loro porta. Potrei dire che ho visto l’eros unito all’agape. E questo per me è il vero dominio di sé, frutto prezioso che solo lo Spirito sa dare.
Di questo ho gioito chiedendomi con meraviglia: “A che debbo o Signore di scoprire che la Grazia di Cristo abita in loro? Perdonami o Signore perché credevo di doverti portare a loro e invece Tu eri già lì che mi aspettavi e mi dicevi: finalmente sei arrivato!! Finalmente mi hai riconosciuto!! Quanto tempo ti ho aspettato !!”.
Come può un padre non gioire per questi figli e figlie (come per tutti gli altri !!) che vivono una esperienza di coppia stabile, fedele, affettuosa, in cui la tenerezza e la misericordia reciproca sono di casa, sostenendosi e incoraggiandosi a vicenda, anziché esperienze di amore promiscuo……
Davvero mi sembra realizzato in loro il desiderio profondo di amare e di essere amati che ognuno di noi sperimenta nella propria carne. Intimità, passione, progetto, definiscono un amore stabile, maturo, duraturo. Io ho potuto vederlo nelle coppie gay e lesbiche credenti che ho conosciuto e ne gioisco e ne dico bene.
Questo perché ho visto in loro una relazione omoaffettiva ben ordinata che è cresciuta e si è alimentata anche ad opera di uno sguardo di chi sta loro accanto che è stato benevolo, di stima, di affetto, di sostegno: è lo sguardo con cui siamo guardati che ci fa essere, che sa trarre da noi il meglio di noi stessi. E anche loro hanno bisogno di questo sguardo.
Ecco allora la seconda domanda che brucia nel mio cuore di padre:
· come è possibile che io che sono un padre “cattivo” possa gioire di questo amore che vedo stabilirsi fra questi figli e figlie e non ne possa gioire il Padre di tutti padri?
“Se la chiave sociale-ecclesiologica del processo di revisione degli atteggiamenti e delle pratiche ecclesiali non può che essere la giustizia nel suo molteplice profilo” (don Guenzi) allora continuerò a compiere in tutta coscienza un atto di giustizia che definisco riparativa. Continuerò ad accompagnare le coppie cristiane Lgbt come ho fatto per anni con tutte le altre coppie, verso la scoperta della ”letizia dell’amore che si fa relazione amorosa” e continuerò a dirne bene.
A me padre cattolico, per legge naturale e per fede spetta il compito della narrazione. Ad altri nella comunità dei credenti, quello di rispondere a queste due domande che mi bruciano dentro come a numerose altre, attraverso l’interpretazione e l’argomentazione per arrivare ad una ricostruzione del rapporto fede-vita-omosessualità che sia rispettosa di quell’umano che Cristo è venuto ad abitare.