Dove sfocerà il cammino del sinodo sulla famiglia
Riflessioni di Aldo Maria Valli pubblicate su “Europa” del 14 ottobre 2014
Non restare chiusi nelle proprie idee, ma aprirsi alle sorprese di Dio. Papa Francesco parla nella messa del mattino a Santa Marta e torna a criticare l’atteggiamento dei dottori della legge e dei farisei dell’epoca di Gesù, che non coglievano i segni dei tempi e non capivano che la legge non può mai essere fine a se stessa.
«Avevano sistemato la legge benissimo, un capolavoro. Tutti gli ebrei sapevano che cosa si poteva fare, che cosa non si poteva fare, fino a dove si poteva andare. Era tutto sistemato» e loro «erano sicuri lì».
Ma avevano dimenticato che erano un popolo in cammino e che durante il cammino si incontrano cose nuove, che «Dio è Dio della legge ma anche della storia», e si stracciavano le vesti quando vedevano che Gesù frequentava peccatori e prostitute annunciando loro la salvezza.
Francesco, che parla a nuora perché suocera intenda, introduce così la settimana finale del sinodo sulla famiglia. Parole che, unite a quelle di domenica, quando ha detto che «la missione evangelizzatrice della Chiesa è essenzialmente annuncio dell’amore, della misericordia e del perdono di Dio» e che «se la Chiesa si ferma e si chiude si ammala», riaffermano una linea precisa.
Work in progress. Questo il cartello che, secondo monsignor Bruno Forte, dovrebbe essere esposto sopra il sinodo. Ma dove si arriverà? Francesco non sembra disposto a cedere di un millimetro rispetto al progetto di trainare la barca di Pietro dalle acque fredde dell’intransigenza a quelle più accoglienti della misericordia, e anche il teologo Forte lo fa capire. «Dobbiamo essere – dice – una Chiesa che si pone accanto e fa sue le sofferenze delle persone».
Tuttavia le difficoltà ci sono e non si possono nascondere. Le due anime del sinodo si stanno contrapponendo in maniera netta, tanto che il teologo Forte sente la necessità di fare un bilancio che è anche un appello: «Un punto che va emergendo faticosamente è l’attenzione alla legge della gradualità, c’è sempre il rischio di voler tagliare le cose con l’accetta. La logica vincente non è mai quella del tutto o niente».
Il cardinale ungherese Peter Erdö, incaricato della relatio post disceptationem (sintesi delle posizioni emerse fin qui in aula e base per il dibattito dei prossimi giorni nei circoli ristretti), dice che per i divorziati risposati si può immaginare una riammissione alla comunione dopo un cammino penitenziale sotto la supervisione del vescovo e attraverso un impegno alla formazione religiosa dei figli.
Per le persone omosessuali l’indicazione è quella dell’accoglienza fraterna, da esprimere in modi e spazi adeguati, senza tuttavia «compromettere la dottrina cattolica su famiglia e matrimonio». «Le persone omosessuali hanno doti e qualità da offrire alla comunità cristiana», parole alle quali il cardinale Gerhard Müller, prefetto della Congregazione per la dottrina della fede, apertamente critico verso la linea Bergoglio, ribatte immediatamente ricordando che in ogni caso «la coppia omosessuale come tale non può essere riconosciuta» dalla Chiesa.
Dove sfocerà questo fiume di riflessioni e indicazioni? Presto per dirlo. Il sinodo numero due, è stato annunciato, si terrà fra un anno, dal 4 al 25 ottobre 2015. La strada è ancora lunga, e alla fine sarà comunque il papa a decidere.
Nell’attesa ci vorrà quello che Bruno Forte chiama «cammino di maturazione». In politica si chiamerebbe compromesso. Ma Francesco non lo vuole al ribasso.
Intanto è polemica sulla comunicazione. «Trovo che sia una vera contraddizione il fatto che fuori dall’aula sinodale i vescovi possano dare libere interviste mentre i loro interventi in aula non sono pubblici», dice il cardinale Müller, e anche fra i giornalisti accreditati crescono le perplessità. Lo schematico riassunto globale giornaliero, che riporta le idee emerse senza attribuirne la paternità, aiuta ben poco la comprensione.
Con il vecchio sistema la stampa riceveva riassunti preconfezionati ma con i nomi, adesso abbiamo riassunti veri ma senza nomi. Commento del vaticanista Luigi Accattoli, al suo ventiseiesimo sinodo: «Insoddisfacente era quello e insoddisfacente è questo».
Visto che il papa ai padri sinodali ha chiesto la parresìa, ovvero il coraggio di dirsi tutto in libertà, perché non usare lo stesso metodo per informare l’opinione pubblica?