Il sinodo dei vescovi spariglia le carte
Articolo di Marie-Lucile Kubacki pubblicato sul sito della rivista cattolica “La vie” (Francia) il 14 ottobre 2014, traduzione di finesettimana.org
Sorpresa a Roma: spinti da papa Francesco, che ha liberato la parola, i vescovi cambiano linea sulla famiglia. “Scisma pastorale”, “bomba”, “colpo di scena”… Gli osservatori non hanno trovato parole abbastanza forti per definire la relatio, sintesi dei contributi dei 191 padri dall’inizio del sinodo, resa pubblica a Roma il 13 ottobre.
Contiene quasi tutte le questioni scottanti: divorziati risposati, convivenze prima del matrimonio, accoglienza degli omosessuali nella Chiesa. Ed un tono radicalmente nuovo.
Una svolta a 180° da Giovanni Paolo II
Certo, è solo una sintesi a metà percorso e i padri sinodali devono ancora “approfondire” le piste citate, come ha dichiarato il cardinale Peter Erdo, arcivescovo di Budapest e relatore generale del sinodo, che, una settimana prima degli incontri, presentava una sintesi pre-sinodale diametralmente opposta. Ma il tono è dato, e sembra che l’appello del cardinale Walter Kasper che, su richiesta di papa Francesco, aveva aperto la riunione preparatoria un anno fa, invitando ad un “cambiamento di paradigma”, sembra essere stato ascoltato.
L’idea forte è che si debba uscire dal “o tutto o niente” nella pastorale familiare e osare l’azzardo di “scelte coraggiose”. “Riconfermando con forza la fedeltà al Vangelo, si legge nella relatio, “i Padri sinodali, hanno avvertito l’urgenza di cammini pastorali nuovi, che partano dall’effettiva realtà delle fragilità familiari, riconoscendo che esse, il più delle volte, sono più “subite” che scelte in piena libertà”.
Ma, prosegue il testo, “ pensare a soluzioni uniche o ispirate alla logica del “tutto o niente non è saggio”. Non si parte più dalla verità e dalla dottrina per andare verso la gente, si parte dalla gente, in qualunque situazione si trovi, per accompagnarla verso la verità della Chiesa e del Vangelo. È quello che già accade in molti luoghi. Ma è la prima volta che l’istituzione, a così alto livello, riconosce così chiaramente lo stato di fatto.
Una parola potrebbe riassumere lo spirito di questa sintesi: pragmatismo. Una proposta torna in maniera ricorrente: riconoscere degli “aspetti positivi” nelle situazioni di convivenza prima del matrimonio e nei matrimoni civili. “Una sensibilità nuova della pastorale odierna, consiste nel cogliere la realtà positiva dei matrimoni civili e, fatte le debite differenze, delle convivenze.
Occorre che nella proposta ecclesiale, pur presentando con chiarezza l’ideale, indichiamo anche elementi costruttivi in quelle situazioni che non corrispondono ancora o non più a tale ideale”.
Rispetto all’esortazione apostolica Familiaris consortio di Giovanni Paolo II, frutto del precedente sinodo sulla famiglia nel 1981, è una svolta a 180°. Sulla convivenza, il papa polacco esortava le comunità ecclesiali, certo, a “conoscere bene tali situazioni e le loro cause concrete, caso per caro”, ad “avvicinare con discrezione e rispetto coloro che convivono”, ma per “dare loro una testimonianza familiare cristiana, in altre parole tutto ciò che li può avviare verso la regolarizzazione della loro situazione”. Le parole hanno un senso e ‘regolarizzazione’, parola usata allora da Giovanni Paolo II e che presupponeva l’irregolarità, non appare da nessuna parte nella sintesi del 2014.
Sul matrimonio civile tra cattolici, la stessa differenza. Nel 1981, Giovanni Paolo II, pur constatando “un certo impegno in uno stato di vita preciso e probabilmente stabile”, concludeva che, “nonostante questo, la Chiesa non può più accettare questa situazione”. Nel 2014, il problema non è più sapere se bisogna accettare o no il matrimonio contratto solo civilmente.
Poiché la situazione esiste, bisogna riconoscerla, anche se i pastori non devono rinunciare ad accompagnare le coppie verso il matrimonio cristiano: “Anche in tali unioni è possibile cogliere autentici valori familiari o almeno il desiderio di essi. Occorre che l’accompagnamento pastorale parta sempre da questi aspetti positivi”, afferma la relatio.
Prime obiezioni al documento
Più avanti, sta scritto che “le persone omosessuali hanno doti e qualità da offrire alla comunità cristiana”, anche se la posizione della Chiesa sul fatto che “le unioni fra persone dello stesso sesso non possono essere equiparate al matrimonio fra uomo e donna” è confermata. Per quanto riguarda l’ammissione ai sacramenti dei divorziati risposati, è seriamente studiata una possibilità in questo senso, al termine di un “cammino penitenziale – sotto la responsabilità dal vescovo diocesano –, e con un impegno chiaro in favore dei figli”. Distinguendo tuttavia le “vittime” della separazione dagli “autori”.
Con un tale ribaltamento di prospettive, e tenuto conto dell’atmosfera tesa del sinodo, è evidente che è un elettrochoc per tutti coloro che erano fissi sulle posizioni di Giovanni Paolo II. Infatti le prime obiezioni non sono tardate. Fin dalla prima sessione di lavoro dopo la pubblicazione della relatio, alcuni padri sinodali hanno “deplorato la quasi-assenza della parola peccato, e ricordato quanto Cristo abbia fortemente condannato il pericolo di cedere alla mentalità del mondo”. Il presidente della conferenza episcopale polacca, Stanislaw Gadecki, ritiene personalmente la relatio “inaccettabile” per diversi vescovi.
Francesco si smarca da Benedetto XVI
Ci si potrebbe accontentare di spiegare questo ribaltamento con una volontà di parlare diversamente, di non far fuggire i cattolici delle periferie rivolgendosi a loro in termini dissuasivi. La prima settimana, alcuni vescovi hanno infatti invitato a bandire espressioni come “mentalità contraccettiva” o “vivere nel peccato”. Ma si sbaglia nel ritenere che qui si tratti solo di un fatto di stile o di una strategia di comunicazione.
Se Francesco confermasse questi orientamenti nell’esortazione apostolica che dovrebbe pronunciare nel 2016, si tratterebbe di un’inversione di prospettiva, in linea con l’esortazione apostolica Evangelii Gaudium, suo programma di pontificato.
Dichiarava allora: “Preferisco una Chiesa accidentata, ferita e sporca per essere uscita sulle strade, piuttosto che una Chiesa malata per la chiusura e la comodità di attaccarsi alle proprie sicurezze”. Così, là dove Benedetto XVI faceva della carità una conseguenza della verità, Francesco sembra voler partire dalla carità per condurre verso la verità.
Testo originale: Le Synode des évêques renverse la table