Per i cristiani LGTB è ora di non essere più ostaggio dell’omofobia religiosa
Riflessioni di Carlos Osma* pubblicate sul blog Homoprotestantes (Spagna) il 27 febbraio 2017, liberamente tradotte da Dino
Quando noi cristiani e cristiane LGTB parliamo di salvezza, possiamo evadere dalla realtà e cominciare a fare della finta teologia, come quella che riempie indigesti libri di teologia, scaffali di seminari decadenti o banchi di rispettabili chiese che servono alla “vera dottrina”. E possiamo farlo perchè desideriamo talmente tanto essere come gli altri credenti, che ci gettiamo nell’imitazione. E in realtà, dobbiamo riconoscerlo, ciò che ci salva, che ci consente di ottenere il perdono per la nostra “dissidenza” è il fatto che non ci esponiamo troppo. E così, con una voce grave, intensa, rispettabile (ma soprattutto che ripeta il mantra della Chiesa di cui vogliamo far parte), possiamo cominciare a spiegare che la salvezza è universale o solo per alcuni prescelti, che è per sempre o può essere persa, che dipende dalla fede o che necessita di qualche opera da parte nostra… e bla, bla, bla… Parole vuote e senz’anima, senza una reale esperienza.
Il fatto che cadiamo nella trappola di dover spiegare che possiamo contemporaneamente essere cristiane e lesbiche, evangeliche e transessuali, cattolici e gay, bisessuali e protestanti, già dice molto delle nostre personali insicurezze e di quanto è radicata in noi l’ideologia eteronormativa che ha imposto l’idea che se sei cristiano sei obbligatoriamente eterosessuale.
Un’ideologia che ci brucia vivi dai pulpiti delle chiese, o che ci offre bolle ecclesiastiche a patto di pagare il prezzo della sottomissione, del non discutere il suo potere, un potere che a noi si rivela come demoniaco. La nostra salvezza passa attraverso la sua accettazione, il suo rispetto, e l’aspetto più triste è che in molti noi omosessuali abbiamo creduto a tutto questo, e mettiamo tutta la nostra energia nell’accumulare opere buone agli occhi dei nostri tribunali ecclesiastici, in fondo sapendo che più che liberati viviamo soggiogati.
Nel suo commento alla Lettera ai Romani, Lutero fa alcune affermazioni sulle quali tutte le persone LGTB dovrebbero riflettere: “Quei presuntuosi che… pretendono di poter entrare solo grazie alla fede, non attraverso Cristo, ma passando di fianco a Cristo, come se dopo aver ricevuto la grazia grazie alla giustificazione, Cristo per loro non fosse più necessario. E come loro, ai nostri giorni ci sono molte persone che cercano di trasformare le opere della fede in opere della legge e quelle della lettera in proprio vantaggio: dopo aver ricevuto la fede per mezzo del battesimo e del pentimento, pretendono che ora anch’essi debbano risultare graditi a Dio di per se stessi, senza Cristo, mentre in verità sono necessari sia l’uno che l’altro: senza dubbio aver fede, ma anche nello stesso tempo e per sempre avere Cristo come Mediatore di questa fede“. E invece a volte, troppe volte, avviene che il Mediatore della nostra fede non è Cristo, ma le opere che cerchiamo di realizzare per sembrare buoni cristiani degni di essere accettati dalla nostra famiglia, dalla nostra comunità, dalla nostra Chiesa.
Per noi persone LGTB non ci sarà liberazione, salvezza, che non passi attraverso Cristo. Le nostre buone opere che soddisfano le richieste eteronormative, sono soltanto opere della legge, del legalismo. Per la nostra salvezza è necessaria la fede, ma non la fede in persone e istituzioni al servizio dell’eteronormatività, ma in colui che predicò il Vangelo, fu crocifisso e resuscitò: Cristo. Quando ci abbandoniamo tra le braccia dei desideri eteronormativi, ci allontaniamo da Cristo, ci allontaniamo dalla salvezza. E può sembrare il contrario, perchè è più facile vivere in pace con un entourage religioso che ci incita ad eseguire ciò che ci si aspetta da noi, piuttosto che seguire il Maestro, colui che antepose l’essere umano e la sua felicità a qualsiasi istituzione. E’ più facile sottomettersi, e comportarsi come se non lo stessimo facendo, come se avessimo scelto la nostra umiliazione per amore di Cristo. Ma in realtà non l’abbiamo fatto per Lui, l’abbiamo fatto per vigliaccheria, per mancanza di fede in Gesù Cristo, per questo non ci sentiamo liberati, per questo non siamo salvati.
Quando la Bibbia ci parla di aver fede in Cristo, non si riferisce all’accettare Gesù come salvatore, come chi ha una amuleto o un’immagine a cui si aggrappa per paura della vita e della morte. Aver fede in Cristo significa seguirlo, soltanto Cristo salva, niente di ciò che siamo o smettiamo di essere aggiunge qualcosa a questa salvezza. La nostra omosessualità, la nostra identità di genere, la nostra bisessualità… non facilita nè impedisce la salvezza di cui Gesù Cristo è intermediario. Solo seguendo Cristo possiamo ottenere la salvezza, seguendo colui che osò essere diverso dal resto, che ebbe il coraggio di mostrare un’identità diversa da quella che ci si aspettava dal Messia, che si pose al fianco di quelli che erano esclusi da parte dei buoni religiosi di quel tempo. Solamente quando siamo disposti a camminare sulle acque, a perdere tutto per la chiamata ad agire come Gesù, possiamo ottenere la salvezza che Dio desidera per noi. Una salvezza che non ha niente a che vedere con la repressione, ma con la felicità e con la vita. Perchè soltanto Cristo fu crocifisso affinchè noi avessimo la vita. Soltanto Lui è il nostro intermediario, soltanto a Lui dovremmo desiderare di far piacere.
Il seguire Cristo non è un seguire attuato individualmente, ma si realizza insieme ad altre persone, alcune delle quali può darsi che non si definiscano nemmeno cristiane. La tentazione di crearci un Cristo a nostra immagine e somiglianza scompare nella convivenza con altre persone che pure hanno la volontà di seguirlo. “Soltanto Cristo” non esclude il resto dei credenti, nè il resto dell’umanità, perchè Cristo è il luogo di incontro di tutti coloro che lavorano per la giustizia e per la vita. E questo noi persone LGTB dobbiamo tenerlo ben presente, giacchè l’esclusione che abbiamo patito o che continuiamo a patire, può essere una giustificazione per l’individualismo, per il “soltanto Cristo ed io”. E anche se non dobbiamo essere vittime delle ideologie e delle comunità cristiane che esigono da noi azioni che soddisfino le richieste eteronormative, non per questo dobbiamo credere di essere solo noi quelli che seguono Cristo in modo corretto. La comunità cristiana è un arcobaleno variegato nel quale noi non riusciamo a riflettere tutti i colori, ma che senza la nostra presenza non riesce ad essere visto completo. Ci sono sempre delle persone accanto al Cristo che noi seguiamo, se così non fosse, staremmo seguendo un’illusione, non Gesù di Nazareth. Soltanto Cristo ci salva, ma non salva soltanto noi.
Per continuare a riformare la Chiesa è imprescindibile che facciamo sentire la nostra voce, come cinque secoli fa fecero Lutero e anche altri riformatori. Una Chiesa della quale, per nostra personale esperienza, possiamo dire che si è allontanata da Cristo ed è tornata a considerare, come mediatrice tra gli esseri umani e Dio, la legge, nel nostro caso la legge che esige l’ottemperanza ai precetti eteronormativi. Ma nel cristianesimo l’unico intermediario è Gesù, un Gesù nel quale noi persone LGTB ci sentiamo riflesse, nel quale le nostre esperienze vengono discusse, nel quale il nostro amore è benedetto, e nel quale la nostra identità di genere è inclusa. Un Gesù che si è avvicinato per dirci di seguire Lui, non una religiosità imprigionata dalle opere della legge, e che nel seguire Lui, in condivisione con altri esseri umani, troveremo la salvezza. Ma non una salvezza intesa come risultato o riconoscimento personale, se cerchiamo questo è meglio continuare a restare legati alla legge, ma una salvezza che ricerca la giustizia, la liberazione e la felicità, sia personale che collettiva.
Come ha ben chiarito Agostino di Ippona “Chi è lontano da Dio è lontano da sè, alienato da se stesso e può ritrovarsi soltanto se si incontra con Dio e così… raggiugere la sua vera identità“, ma il nostro avvicinarsi a Dio non avviene quando agiamo come il resto del mondo si aspetta, le buone opere non ci avvicinano a Dio. L’abisso che ci separa da Dio, che ci separa da noi stessi e dal resto degli esseri umani può essere superato soltanto attraverso Cristo. Solo Lui è il mediatore, tutto il resto ci fa perdere la vita. Per questo noi cristiani LGTB dovremmo smettere di ascoltare ciò che l’omofobia religiosa dice di noi e puntare il nostro sguardo su Gesù, il vero donatore di vita. Soltanto Cristo salva.
* Carlos Osma vive a Barcellona (Spagna) e fa parte della Comunidad Protestants Inclusius (Comunità protestante Inclusius). Si è laureato in Matematica, Diplomato in Scienze e ha studiato il dialogo ecumenico interreligioso e culturale. Alcuni dei suoi articoli sono stati pubblicati in riviste come Lupa Protestante, Cristianos Gays o Cristianismo Protestante. E’ sposato con un uomo e ha due figlie.
.
Testo originale: Solo Cristo salva