I cattolici e il tabù dell’omosessualità. Cosa è cambiato oggi?
Riflessioni di Luis Pérez Aguirre tratte da Revista Uruguaya de Sexología, Montevideo, a. XV, n. 2, luglio 2000, p.16-18, liberamente tradotte da Larissa A.
È un fatto positivo che la nostra società si stia aprendo pian piano a una minoranza che rimaneva clandestina o tabù. Mi riferisco a quella degli omosessuali. In Uruguay sono stati pubblicati libri, sono state organizzate conferenze, sono stati realizzati programmi televisivi, si è manifestato pubblicamente. È da un po’ di tempo che gli omosessuali (donne e uomini) si stanno riunendo in diverse associazioni.
Tutto ciò porta un’aria nuova ed è propizio affinché noi cattolici facciamo un resoconto su come ci rapportiamo con questa realtà.
E in onore alla lotta degli omosessuali per la loro dignità sembra giusto cominciare con il ricordare quello che diceva Marañón: “ non esiste un eroismo comparabile a quello di farsi superiore a un’opinione sbagliata, soprattutto se nell’errore si mescolano parole di moralità, patriottismo, ecc.”. Perché è stato intorno all’omosessualità, come in nessun’altra realtà, che si sono concentrate le più infami umiliazioni, censure, castighi, proibizioni e cose peggiori.
Se l’omosessualità è tanto vecchia quanto l’umanità, se si trova in tutte le popolazioni, culture e luoghi del pianeta e della storia, se in tutte queste istanze ci sono le vestigia della sua condanna, penso che il nuovo atteggiamento, la diversa comprensione dell’omosessualità e il cambio di atteggiamenti, si debba in gran parte al fatto che recentemente ci siamo messi a riflettere e a indagare con un po’di sincerità sulle sue cause e sulla sua condanna nelle società e nella Chiesa.
Molti di noi cattolici hanno fatto i conti con il carattere ineluttabile della “non-scelta” dell’enorme maggioranza degli omosessuali di essere tali. Sono lì, vicino a noi, e affrontano le vicissitudini della vista come un qualsiasi altro eterosessuale, hanno i nostri sentimenti o forse anche migliori, hanno gli stessi nostri diritti. Non risulta più chiaro, a questo punto, il motivo per cui vengano messi al bando, perché la Chiesa si senta a disagio di fronte all’omosessualità.
Andiamo per ordine. E’ evidente che l’atteggiamento della Chiesa cattolica è cambiato negli ultimi anni e dobbiamo essere accorti nel capire come e perché continua a condannare l’omosessualità.
Nella Lettera “sulla cura pastorale delle persone omosessuali” pubblicata a Roma l’1 ottobre 1986 dalla Sacra Congregazione per la Dottrina della Fede, appare un nuovo atteggiamento ecclesiastico secondo cui “va deplorato con fermezza che le persone omosessuali siano state e siano ancora oggetto di espressioni malevole e di azioni violente. Simili comportamenti meritano la condanna dei pastori della Chiesa, ovunque si verifichino.
Essi rivelano una mancanza di rispetto verso gli altri, lesiva dei principi elementari su cui si basa una sana convivenza civile. La dignità propria di ogni persona deve essere sempre rispettata nelle parole, nelle azioni e nelle legislazioni” (n. 10).
Anche il Catechismo della Chiesa cattolica esige che venga condannata la violenza nelle parole o negli atti contro gli omosessuali, (1992, n.2358) e lo dimostra dichiarando che gli omosessuali “devono essere accolti con rispetto, compassione, delicatezza”.
Tuttavia, nonostante questo evidente cambio dell’atteggiamento del magistero gerarchico della Chiesa dimostri una nuova linea positiva per avere un rapporto con gli omosessuali, non sono pochi a rimanere perplessi e sconcertati di fronte ad altre espressioni di questo stesso magistero, come le seguenti: “l’attuazione della tendenza omosessuale non è moralmente accettabile”, “gli atti sono intrinsecamente disordinati e non possono essere approvati in nessun caso”, “la condizione omosessuale è disordinata”, “bisogna stabilire chiaramente che l’attività omosessuale è immorale”, “le persone omosessuali che si dedicano a un’attività omosessuale rafforzano dentro di loro un’inclinazione sessuale disordinata” (Lettera citata n.3, 7, 10).
Il moralista cattolico Benjamin Forcano, di fronte a questa contraddizione, si domanda “se l’omosessualità come condizione e profonda tendenza non sia scelta dall’omosessuale, se nel suo caso l’omosessualità sia parte della sua costituzione, se si rafforzi in lui come effetto di fattori anche esterni, se non sia nella sua volontà cercare di allontanare da lui questa condizione (come non sia in una persona rescindere dalla sua età, dal suo colore, dalla sua statura, ecc.). In virtù di cosa, la struttura somatico-psichica dell’omosessuale è definita oggettivamente disordinata, immorale, inaccettabile? Come si può pretendere che questi individui vivano come se non fossero omosessuali, cioè disattendendo completamente le proprie tendenze?” (1).
Perché se ci atteniamo a quello che la Chiesa afferma riguardo la condizione di immortalità intrinseca dell’omosessuale, allora si sta dicendo che questa persona racchiude in sè stessa elementi deviati della natura e oggettivamente disordinati, moralmente inaccettabili e la si sta discriminando quasi ontologicamente indicandola come indesiderata per il fatto che si senta spinta a realizzare azioni immorali (Benjamin Forcano). Non serve a niente, quindi, quella raccomandazione ecclesiastica di comprensione e rispetto nei confronti dell’omosessuale che citavamo all’inizio se in seguito si sostiene che è un essere intrinsecamente inclinato ad atti perversi della natura.
Analizzare il perché di questa condizione nel magistero ecclesiastico è fondamentale. In primo luogo bisogna ricordare che, come afferma l’eminente teologo Edward Schillebeckx, “non esiste un’etica cristiana riguardante l’omosessualità”. È un problema antropologico che deve essere risolto con un metodo antropologico.
Non ci sono regole proprie del cristianesimo che servono per giudicare l’omosessualità. È noto a tutti che la Chiesa presenta delle posizioni sostenute dai teologi e dai moralisti. Se in Inghilterra, per esempio, fu mantenuta fino al 1930 una legge che puniva gli omosessuali con lavori forzati per due anni o a tempo indefinito, è opportuno sapere che l’attuale magistero della Conferenza episcopale dell’Inghilterra nel documento del Social Welfare Commission sostiene che “la Chiesa ha la grave responsabilità di lavorare per l’eliminazione di tutte le ingiustizie commesse contro gli omosessuali dalla società. Così il gruppo che ha subito maggiormente l’oppressione e il disprezzo, cioè la comunità omosessuale ha un diritto particolare da parte della Chiesa.
Di fronte a tale affermazione e il contundersi della difesa della comunità omosessuale da parte del magistero ecclesiastico, bisogna domandarsi come s’intende allora la difficoltà che ha la Chiesa cattolica per accettare in maniera eguale una coppia omosessuale e un matrimonio eterosessuale.
Credo che la spiegazione stia nel fatto che è stato sempre insegnato che l’espressione sessuale (genitale) dell’amore è destinata, secondo l’interpretazione del piano di Dio sulla creazione, a trovare il suo posto unicamente nel matrimonio tra un uomo e una donna. Inoltre, l’espressione sessuale (genitale) dell’amore deve rimanere aperta per l’eventuale trasmissione di una nuova vita.
Il cardinale George Basil Hume, arcivescovo di Westminster e presidente della Conferenza Episcopale d’Inghilterra e del Galles (ndr Hume è stato arcivescovo di Westminster dal 1976 al 1999 e presidente della Conferenza episcopale cattolica dell’Inghilterra e del Galles dal 1979 al 1999. E’ morto il 17 giugno, 1999). afferma che “per queste due ragioni, la Chiesa non approva gli atti genitali omosessuali. Quando la Chiesa descrive questi atti come “intrinsecamente disordinati”, vuole dire che questi atti non sono coerenti con i due principi succitati” (2).
E conclude, quindi, con il dire che “essere una persona omosessuale non è giusto o sbagliato dal punto di vista morale: sono gli atti genitali omosessuali ad essere sbagliati moralmente”…
A questo proposito pare opportuno far presenti le osservazioni del moralista spagnolo Forcano sulle posizioni del magistero ecclesiastico su questo tema. Forcano dice che se si afferma che l’omosessualità è un “disordine” rispetto all’ “ordine eterosessuale”, si dovrebbe accettare che per l’autentico omosessuale quest’ordine è in gran parte costituzionale e, pertanto, premorale. Non lo sceglie lui. Cioè, se non è un atto personale, al massimo possiamo dire che è in se stesso, nella sua oggettività, è amorale.
Allora, continuando secondo la sua logica, Forcano sostiene che se l’eterosessuale opera in maniera morale, corretta seguendo le sue inclinazioni eterosessuali, si dovrà dimostrare perché l’omosessuale non opera così quando segue le sue, che all’apparenza sono oggettivamente amorali. E ancora di più, se si dice che le inclinazioni dell’omosessuale lo inducono ad atti intrinsecamente amorali, si sta affermando che in questo la sua natura è malvagia, mal fatta, e quindi bisognerebbe concludere che, per comportarsi conformemente a lei, diventa immorale.
Ma allora, che valore ha il concetto per cui la morale consiste in attuare (essere fedele a) la propria natura? Che responsabilità avrebbe colui che, in questo caso, si allontana dalla propria? Da quale punto di vista del comportamento, qual è la sua alternativa? Pietrificare la sua attività omosessuale assumendo la castità? Rinnegare la sua condizione oggettivamente immorale infliggendosi trasformazioni fisiche, colpevolizzandosi, nascondendosi?” (3).
Il pensiero etico nella Chiesa di oggi si va allineando lentamente con l’affermazione scientifica che sostiene che l’omosessualità non sia una malattia. È una condizione la cui genesi e sviluppo si deve a numerose e complesse cause ancora non del tutto note ma sulle quali, l’endocrinologia, la neurologia e altre aree del sapere cominciano a indagare. Non è neppure un disordine morale ontologico.
La conoscenza ogni volta maggiore di questa realtà ci sta permettendo di relativizzare alcuni rigorismi e pregiudizi prescientifici. Sebbene nel caso in cui si continui a pensare che gli atti genitali omosessuali siano oggettivamente sbagliati, come afferma il magistero ecclesiastico, la stessa Chiesa mette in guardia dalle “generalizzazioni nel giudizio dei casi singoli” (Lettera citata, n.11).
Al di sopra di tutte queste contraddizioni c’è la saggia e cristiana affermazione del Cardinale Hume per cui “non c’è niente nell’insegnamento ecclesiastico che possa essere orientato a sostenere o approvare, così fosse implicitamente, le campagne contro gli omosessuali, uomini o donne che siano.
Inoltre, l’ “omofobia” non deve essere contemplata nel cattolicesimo. (…) Dio ama a tutti con un amore che più grande di tutto l’amore che un essere umano può provare nei confronti di un suo simile. In tutte le circostanze e le situazioni della vita, Dio chiama ciascuna persona, qualsiasi sia la sua orientazione sessuale, a realizzare la parte del piano deciso da Dio per lei, la sola e l’unica che lo può realizzare” (4).
_____________
(1) Forcano B., “Homosexualidad ¿Dónde radica la discriminación?”, in Éxodo, 28, 1995, pag.51.
(2) Nelle osservazioni sull’insegnamento della Chiesa cattolica in materia di omosessualità, Actualidad Pastoral, 1996, pag.221-225, 309.
(3) Vedi Forcano B., op. cit., pag.52.
(4) Hume G. B., op. cit., pag. 311.
Testo originale: Los católicos y la homosexualidad