Articolo di Yann Henaff tratto da
Aujourd’hui l’Inde.com del 9 luglio 2009, liberamente tradotto da
Sara S.
Gli omosessuali (indiani) che celebravano il 2 luglio (2009) la depenalizzazione delle “relazioni carnali contro-natura” da parte dell’Alta Corte di Delhi, ne avevano il presentimento: la festa sarebbe stata presto guastata.
Solo una settimana dopo, l’influente guru Ramdev afferma che il verdetto minaccia le fondamenta della società indiana e presenta un’istanza alla Corte Suprema. Baba Ramdev ritiene che l’omosessualità è “una malattia curabile”
Baba Ramdev, 44 anni, sta allo yoga come Michael Jackson sta alla musica: un personaggio adorato, un talento riconosciuto dalle folle e una macchina da rupie. I suoi fedeli seguono alla lettera le sue raccomandazioni e le sue azioni.
Lo avranno seguito probabilmente anche nell’ultima: la presentazione di un’istanza mercoledì presso la Corte Suprema per contestare la depenalizzazione dell’omosessualità dell’Alta Corte di Dehli del 2 luglio (2009).
Si unisce così alla lista dei dignitari religiosi indù, cristiani e musulmani sfavorevoli a questa sentenza, che considerano l’omosessualità come un peccato, ma non come un crimine. Di tutti i guru, come Sri Sri Ravi Shankar, Amma con i suoi abbracci, o Sai Baba con i suoi “miracoli”, Baba Ramdev è senz’altro il più influente, perché il più mediatico.
Dall’India all’Europa, i programmi di Baba Ramdev raccolgono milioni di telespettatori che imitano i suoi esercizi, allo scopo di guarire praticamente di tutto. In Asia come negli Stati Uniti, le sue tournée riuniscono intere folle pronte a spendere da decine a centinaia di euro per ascoltare i suoi consigli o per vederlo fare le onde con il ventre per curare l’obesità.
Adesso vuole curare l’omosessualità. Ha dichiarato “l’omosessualità è una malattia curabile, può essere curata come qualsiasi altra anomalia congenita, con lo yoga, il pranayama (controllo del respiro) e altre tecniche di meditazione”.
“La decisione dell’Alta Corte, se entra a far parte della giurisprudenza, sortirà effetti catastrofici sulla struttura morale della società e minaccerà l’istituzione stessa del matrimonio”, scrive nell’istanza deposta presso la Corte Suprema citata dal The Indian Express, “lede la struttura del sistema indiano di valori e tradizioni ereditata dalle scritture religiose”.
Aggiunge nel documento che, con la depenalizzazione dell’omosessualità “esiste un alto rischio di esposizione, per una grossa fetta della popolazione, a malattie sessualmente trasmissibili come l’Aids”. Pretende inoltre di poter aiutare i sieropositivi, così come sostiene di poter salvare gli ammalati di cancro e gli impotenti con lo yoga, ma anche con i rimedi ayurvedici prodotti dalla sua azienda, la Baba Ramdev Inc.
Medicinali la cui composizione fu contestata nel 2006 da una deputata del partito comunista, che affermava fossero composti da ossa umane e animali: cosa da far tremare le fondamenta dei fedeli del guru, per la maggior parte vegetariani.
Una prima analisi confermò le accuse, ma subito un’altra le invalidò dopo l’aiuto di amici politici, attori di Bollywood o adepti, che nel frattempo vennero mobilitati, provocando una sommossa a Delhi.
La popolarità del guru non è stata scalfita neanche dalle accuse dei medici che denunciano le sue impossibili guarigioni. Baba Ramdev è colui che guarisce, colui che pensa che la Coca e la Pepsi sono buone solo per pulire i bagni, il guardiano della tradizione induista.
Gli omosessuali che l’apprezzano potranno provare i suoi esercizi di respirazione e meditazione per ritrovare l’amore per la donna. Gli altri dovranno sperare che la giustizia tenga testa agli assalti della società (indiana).