In Polonia la messa è finita. Quando la gerarchia cattolica abbraccia il potere sovranista
Articolo di Raffaele Orfani pubblicato su Il Venerdì di Repubblica n.1708 del 11 dicembre 2020, pp.30-33
Nel maggio 2019 il reporter polacco Tomasz Sekielski pubblica suYouTube un documentario sulla pedofilia nella Chiesa del suo Paese. L’eco è enorme, ma oltre 20 milioni di visualizzazioni su neppure 40 milioni di abitanti non impediscono all’uomo forte di Varsavia, il sovranista Jaroslaw Kaczynski, di avere una sola, gelida reazione: «Chi attacca la Chiesa, attacca la Polonia».
Un anno dopo l’intero Paese è percorso da ondate di protesta contro la sentenza della Corte Costituzionale che di fatto cancella il diritto all’aborto. Di fronte alla collera di piazza, il leader sovranista invita i suoi seguaci «a proteggere la Chiesa contro chi punta a distruggere la nazione polacca».
Kaczynski guida il Partito Diritto e Giustizia (PiS), che ha fatto dell’alleanza tra trono e altare la propria ragione sociale. Ma dopo una lunga serie di trionfi elettorali ora sembra in affanno e con lui le gerarchie ecclesiastiche sotto attacco culturalmente per l’aborto, moralmente per la pedofilia e politicamente per il sostegno ferreo al governo populista: «Ormai è saltata anche la storica contrapposizione tra città e campagna» sostiene l’antropologa dell’Università di Varsavia Agnieszka Koscianska.
«La protesta a difesa del diritto all’aborto da Varsavia è dilagata in centri minori come Limanowa, dove il PiS conta sul 78 per cento dei consensi, o in regioni conservatrici come quella di Zakopane, dove è sempre stato difficile anche solo far approvare un documento contro la violenza domestica». Una folata di laicità scuote il Paese più cattolico d’Europa, e anche tra gli uomini di fede sono sempre più numerose le voci che invitano, in toni spesso drammatici, a sottrarre la Chiesa all’abbraccio del potere sovranista.
In caduta libera
Ufficialmente la Polonia è cattolica al 92 per cento, ma secondo una rilevazione del Pew Research Center tra i giovani la secolarizzazione avanza più velocemente che in ogni altra parte d’Europa: «Da quando si è cementato il patto di potere tra gerarchia ecclesiastica e PiS, le nostre chiese non hanno mai smesso di perdere fedeli» scandisce in perfetto italiano padre Alfred Wierzbicki, teologo morale dell’Università cattolica Giovanni Paolo II di Lublino.
«Si può dire che per paura della secolarizzazione i nostri vescovi hanno finito per favorire proprio il processo di secolarizzazione». Non si tratta solo di numeri: «La Chiesa ha contribuito a fondare la democrazia polacca, ma non ha saputo proteggerla dagli attacchi di questi ultimi anni» continua Wierzbicki. «E sì che per scegliere lo Stato di diritto contro l’arbitrio sarebbe bastato rileggersi l’enciclica Centesimus Annus di Giovanni Paolo II, invece di disseminare le nostre città di bruttissimi monumenti in suo onore».
Padre Wierzbicki sa di cosa parla: la scorsa estate ha difeso la leader transgender Malgorzata Szutowicz, alias Margot, arrestata per aver assalito uno dei tanti furgoni lasciati liberi di scorrazzare in tutta la Polonia con slogan offensivi verso la comunità Lgbt. L’ultimo atto di un’odiosa campagna omofoba che ha accompagnato il Paese fino alle elezioni presidenziali dello scorso luglio: «Mi sono schierato con i diritti di questa giovane che neppure conosco perché il suo arresto preventivo mi è sembrato ingiusto» confida Wierzbicki.
«Quasi a dire che gli attivisti gay sono talmente pericolosi che non occorre nemmeno attendere il processo per metterli in galera». Le associazioni tradizionaliste non hanno gradito, e la sua università ha avviato un procedimento disciplinare a suo carico: «Attendo sereno, ma nel frattempo non ho mai smesso di insegnare».
Io accuso
Sotto la coltre del gelo sovranista, il cattolicesimo polacco cova sorprendenti energie che torneranno utili una volta superata la fase acuta degli scontri: «Purtroppo l’immagine della Chiesa polacca come un monolite conservatore non è troppo distante dalla realtà» spiega il trentenne Misza Tomaszewski, tra i responsabili del trimestrale della sinistra cattolica Kontakt.
«Ma oltre le gerarchie ci sono le sensibilità dei singoli, e alcuni gruppi come il nostro che cercano di reagire alla catastrofe di questi ultimi anni». Per Tomaszewski la catastrofe è la trasformazione della Chiesa in una sorta di corporation ideologico-finan-ziaria che difende sé stessa, appoggiandosi al partito di governo: «Lo scorso anno, quand’è scoppiato lo scandalo per gli abusi sessuali dei preti, i vescovi hanno avuto l’ultima possibilità di cambiare rotta ma l’hanno sprecata parlando di attacchi ingiusti e peccati della lobby omosessuale».
Dopo anni di idillio col potere politico, la Chiesa polacca si trova ora al centro di una tempesta perfetta che chi la osserva dall’interno vedeva avvicinarsi da anni: «Per paura della modernità le nostre gerarchie si sono rifugiate in un’idea di Stato cattolico nazionale che non ha nulla di genuinamente polacco, ma ricorda la Spagna di Francisco Franco o il Portogallo di Antonio Salazar» dice Alfred Wierzbicki. In un saggio del 2018, non per nulla intitolato Oskarzam («Io accuso»), il domenicano padre Ludwik Wisniewski ricordava come ogni posizione della Chiesa in formato PiS fosse ormai intossicata dal germe dell’ostilità: «Sono bravi solo a costruire nemici» chiosa il teologo Wierzbicki.
La «peste arcobaleno»
Negli ultimi anni i nemici sono stati soprattutto i gay, anzi «la peste arcobaleno che vuole controllare le nostre anime, i nostri cuori e le nostre menti». Quando nell’agosto 2019 l’arcivescovo di Cracovia Marek Jedraszewski pronuncia queste parole in un momento solenne come il 75esimo anniversario dell’insurrezione di Varsavia contro i nazistici domenicano Pawel Guzynski sente che il prelato non sta parlando in suo nome: «In un post su Facebook ho chiesto le sue dimissioni perché come prete non posso accettare questo grado di disumanizzazione dell’altro».
Padre Guzynski è un altro pezzetto di quella chiesa che negli ultimi anni non ha condiviso i trionfi di potere e ora non si sorprende delle proteste popolari: «La simbiosi tra gerarchie cattoliche e PiS ha favorito un uomo, Jaroslaw Kaczynski, che non si ispira a Gesù ma a Machiavelli, non crede nel messaggio evangelico ma nella tradizione e nella storia della Polonia». È il cattolicesimo nazionale di cui parla il teologo Wierzbicki.
Padre Guzynski ci aggiunge un dettaglio inquietante: «Lo scandalo delle coperture della curia ai preti pedofili ha fatto crollare il prestigio dei vescovi polacchi, tanto che per i cattolici praticanti ormai l’unica voce che conta veramente è proprio quella di Kaczynski». Di fronte a un quadro cosi desolante padre Guzynski sembra quasi sollevato di poterne parlare da Rotterdam, dove l’insofferenza dei superiori per il suo zelo riformatore ha finito per relegarlo: «Insegno ai novizi del mio ordine e va bene così» assicura. «Ma una volta al mese continuo a spedire a Cracovia la mia richiesta di dimissioni del vescovo Jedraszewski».
Svegliate il gatto
La sensazione è che a dimettersi potrebbe essere un intero sistema di valori, persone, istituzioni: «Se non si riforma, la Chiesa è destinata a sparire, perché la società polacca è già da tutt’altra parte» sostiene l’antropologa Agnieszka Koscianska. Ma se tra i giovani in piazza sembra non esserci già più partita, i cattolici del dissenso confidano in una ripartenza a distanza di sicurezza dal potere: «È molto probabile che le manifestazioni di questi mesi non porteranno all’utopia cristiana che sogno con i miei colleghi» dice il giovane intellettuale Tomaszewski.
«Ma il rischio peggiore è che prosegua quest’alleanza con una destra reazionaria che può solo diventare più estrema e violenta». Per scongiurare questo scenario cento sacerdoti hanno appena firmato una lettera-appello per una Chiesa accogliente e solidale «alle soglie del nuovo tempo»: «Qualcuno ha scritto che dopo la caduta del comunismo la Chiesa polacca si è imbolsita come un gatto grasso e pigro» sintetizza padre Wierzbicki. «Ora si tratta di darsi una mossa».