La buona novella e l’eunuco (Atti 8, 26-40)
Testo di Roy A. Donkin* tratto da Whosoever (Stati Uniti), Marzo/Aprile 1998, liberamente tradotto da Alberto Sonego
Un uomo senza un nome… ecco cos’ero: nemmeno la vostra Bibbia mi da un nome. Sono identificato solamente attraverso ciò che sono: un uomo di colore, un cortigiano, un eunuco. Credo ci sia una ragione per cui io non abbia un nome, in questa storia; ed essa dice molto riguardo alla mia vita ed alla grazia e all’amore di Dio.
Da un alto avevo un ruolo di gran potere: ero un cortigiano e la mia parola portava a risultati concreti. Quando parlavo, infatti, la gente mi dava retta e mi ascoltava, in quanto sapeva che dietro di me c’era il potere della regina, la sovrana del basso Nilo.
Ma prima che mi dessero quel potere, si portarono via tutto: nel mio mondo, il futuro di ognuno si trovava nei figli. Ed io non ne avrei mai potuti avere. Così la gente non si preoccupava di quanta ricchezza potessi accumulare, perché non avevo nessuno a cui lasciarla in eredità: non avevo una famiglia di cui prendermi cura o da sostenere, e dunque la tentazione alla corruzione fu rimossa.
Il re poteva fidarsi di me per quanto riguardava lo stare attorno alle cortigiane, perché la mia presenza non sollevava alcun problema, e quando nasceva un bambino non vi era alcuna possibilità che appartenesse a nessun altro se non al re stesso.
Non costituivo una minaccia per la corte in nessun modo. Ero una cifra, un niente. Ero un confidente per la regina, ma non avevo una mia propria esistenza. Per un po’ questo mi stette bene. Mi divertivo ancora con tutti gli intrighi della corte. Vivevo a palazzo, e per questo quando parlavo le persone sobbalzavano.
Potevo dare la caccia alle persone più attraenti senza paura alcuna delle conseguenze, ed allo stesso modo potevo girovagare nelle camere delle concubine del re senza che nessuno mi fermasse.
Da ragazzo giovane qual ero, provavo un’incredibile sensazione di libertà a fare tutto quello che volevo, senza alcuna restrizione.
Ma come sapete, i giovani crescono, e la superficialità di quella vita cominciò a distinguersi sempre più chiaramente. Iniziai a comprendere che ero in grado di fare tutto quello che volevo solamente perché nessuno mi prendeva seriamente: alla corte, era come se non esistessi affatto.
Non ero veramente lì, quella gente riusciva a trapassarmi con lo sguardo. Anche quelli che si meravigliavano ad ogni mia parola non mi rispettavano davvero: alcuni ridevano alle mie spalle, altri si facevano beffe di me, altri ancora mi compativano semplicemente, perché conoscevano la vuotezza della mia esistenza. Questi vedevano che ero uomo senza alcuna consistenza, un uomo senza nemmeno un nome proprio.
Non fu un tempo felice, per me. Gli altri avevano preso a compatirmi, ad ignorarmi, ed io iniziai ad odiare me stesso.
Tutto ciò che riuscivo a capire era ciò che non c’era: capivo che non avrei mai avuto qualcuno che mi amasse (l’amore senza figli, al tempo, non era un’opzione minimamente considerata); realizzavo che non vi sarebbe stato nulla che avrei potuto lasciarmi alle spalle; comprendevo ancora di essere un uomo senza alcuna sostanza. Una volta morto, tutto sarebbe finito lì.
Lentamente, iniziai a realizzare che ciò di cui avevo davvero bisogno era di cercare Dio. Compresi presto che, come me, anche quelli che mi stavano attorno avevano una vita vuota, e che tutti quegli intrighi di potere e ricchezza non erano che ombre, le quali sarebbero state presto cancellate dalla luce del tempo.
Realizzai che pure la regina in persona sarebbe stata dimenticata, un giorno, poiché ci sarebbe stato qualcosa di più. Doveva esserci infatti una ragione per tutto questo, doveva pur esserci un proposito, ed ancora più precisamente qualcuno.
Sì: qualcuno che fosse più potente e più reale del re, della corte…anche di Cesare. Così presi a cercare, e ritrovai me stesso nella ricerca spirituale.
Ancora una volta, la mia posizione giocò a mio vantaggio: avevo tutte le risorse necessarie ad assistermi.
Potevo ordinare che venissero trovate le pergamene in grado di informarmi sulle religioni del mondo; potevo altresì ordinare che insegnanti, sacerdoti e rabbini fossero portati al mio cospetto affinché mi spiegassero i loro ragionamenti sottili e le finezze della loro comprensione del divino.
Non potreste mai credere a quante differenti religioni ci fossero in una mia sola giornata! Presi un giorno a guardare verso la storia di questa religione, di questa piccola nazione occupata dall’esercito romano.
Le sua storia era diversa dalle storie delle religioni che fino ad allora avevo studiato: queste persone parlavano di un Dio che camminava insieme a loro, che stava in mezzo a loro, ed i loro eroi erano persone con alti e bassi come tutti quelli che conoscevo, e quei racconti non tentavano di nascondere minimamente tali debolezze.
Non davano risposte semplici a domande complesse, ma si affidavano a questo loro Dio che sarebbe con loro in qualunque momento, anche se il loro passato non era tra i più facili.
Per molti aspetti mi identificavo con loro: essi erano stati schiavi, e si erano visti privati del proprio futuro e delle proprie case. Inoltre, erano stati compatiti da tutte le nazioni del mondo, pur essendo da loro trattati come nullità.
Viaggiai tanto quanto mi fu necessario per raggiungere il loro tempio a Gerusalemme al fine di conoscerli meglio, ed abbracciai della loro fede tanto quanto mi era da loro stessi concesso, perché capite bene che, in quanto eunuco, non ero bene accolto nella loro comunità. Ed ancora una volta, fui lasciato in disparte.
Pensai di aver trovato la risposta a quella mia ricerca solo per poi vedermi sbattere in faccia la porta da loro, così tornai a casa con il mio entourage.
Stando sul mio carro, mi misi a leggere per passare il tempo. Nella mia epoca, tuttavia, la parola parlata era vista come più potente di quella scritta, così leggevo ad alta voce. Stavo leggendo un passaggio tratto dal libro del profeta Isaia:
“Come una pecora fu condotto al macello
e come un agnello senza voce innanzi a chi lo tosa,
così egli non apre la sua bocca.
33 Nella sua umiliazione il giudizio gli è stato negato;
ma la sua posterità chi potrà mai descriverla?
Poiché è stata recisa dalla terra la sua vita”.
Ed improvvisamente quest’ uomo apparve dal nulla. Mi chiese se avessi compreso qualcosa di ciò che avevo appena letto. Io non avevo capito nulla… e glielo dissi.
Lui cominciò allora a spiegarmi le profezie alla luce dell’esistenza di un uomo chiamato Gesù. Mi disse che Gesù aveva guarito un malato ed aveva pure toccato un lebbroso, uno di quelli la malattia comportava una morte certa ed era trasmissibile.
Mi disse che diffondeva parole di speranza per gli emarginati, e mi riferì chi essi fossero: donne, bambini, stranieri, e tutti quelli che sono invisibili, a cui nessuno da alcuna importanza.
Quel discorso cominciò a bruciare dentro al mio cuore. Questo Gesù…era lui! Era lui quello che ci aveva mostrato l’amore di Dio, quello la cui vita mostrava la natura di Dio. Era lui, l’unico.
Il mio maestro andò avanti col discorso: mi spiegò come Gesù avrebbe guidato una rivoluzione contro Roma.
Mi confessò inoltre che alcuni dei suoi discepoli volevano che lui facesse soltanto quello, ma che lui si era rifiutato, dicendo invece che il Regno dei Cieli sarebbe giunto in un modo molto diverso.
Loro, i Romani, l’avevano crocifisso, poiché tutto quello che diceva minava in profondità le basi del loro potere. Ma Dio non l’aveva abbandonato: lo fece risorgere dalla morte, perché il potere dell’amore di Dio vince anche il potere della morte.
La storia continuò attraverso i suoi discepoli, che diffusero la buona novella dell’amore di Dio in tutto il mondo.
Quando gli uomini e le donne sentivano la buona novella e decidevano di seguire Cristo, essi rappresentavano questa loro nuova direzione di vita attraverso il battesimo: si immergevano nell’acqua per mostrare come Gesù li purificava dai loro peccati, come morti nella loro vecchia vita e vivi agli occhi di Dio. Venivano battezzati nell’acqua per mostrare a tutti ciò che Dio aveva fatto nei loro cuori.
Volevo urlare dalla gioia: avevo udito la buona novella ed era ciò di cui avevo bisogno. La via del Signore mi aveva trovato ed essa era Cristo.
Ero pronto a seguirlo ovunque, a fare tutto ciò che mi avrebbe detto di fare. La risposta di tutti i bisogni del mio cuore stava lì, in quest’annuncio dell’amore di Dio infuso alla carne umana.
Arrivammo ad un piccolo corso d’acqua, e prima che potessi pensare a qualcosa mi chiesi: “Che cosa mi impedisce di essere battezzato?”.
Ancora le parole non mi erano uscite di bocca che subito mi resi conto di quanto stupide esse fossero. Ero un nessuno, ero un uomo invisibile…se ancora potevo definirmi “uomo”.
Gli Israeliti me l’avevano fatto ben presente: potevo pensare quello che volevo, ma avrei potuto comunque essere parte delle loro fede. Avevo ascoltato le parole riguardo Gesù, ma mi sembrava poco probabile che egli potesse amare persino uno come me.
Avevo udito l’altro messaggio, quello che diceva che non ero nulla, talmente spesso da aver paura di credere che la buona novella fosse indirizzata anche a me. Ero pronto ad abbandonare tutto per seguire Cristo, ma ero sicuro di non possedere niente che lui avrebbe voluto.
Appena queste parole mi uscirono, desiderai che la mia bocca fosse rimasta chiusa: se prima mi sentivo oppresso, questo sarebbe stato l’ultimo rifiuto.
Le mie emozioni era così confuse…da una parte credevo davvero d’aver trovato la risposta al mio tormento, ma allo stesso tempo pensavo che essa sarebbe rimasta per sempre fuori dalla mia portata.
Stavo pianificando come condividere la buona novella ed allo stesso tempo pensavo di suicidarmi se questo messaggio non fosse stato per me.
Appena il carro si fermò, pensai che egli avrebbe riso e se ne sarebbe andato via. Invece, prese la mia mano e mi condusse al fiume. Mi prese entrambe le mani e mi guardò negli occhi, chiedendomi se fossi stati pronto a seguire Cristo. Io risposi di sì, e lui lì mi battezzò.
Quando mi asciugai le lacrime, lui se ne era già andato. Se non fossi stato tutto bagnato, mi sarei certamente chiesto se quello non fosse stato un bellissimo sogno ad occhi aperti. Ma non lo era: Gesù arrivò nella mia vita quel giorno, e tutto da allora è cambiato.
Ci sono ancora quelli che ridono di me, quelli che m scherniscono e compatiscono, quelli che mi passano attraverso con lo sguardo come se non esistessi. Ci sono ancora le volte in cui mi compatisco io stesso, ma nel profondo so quanto Dio mi ama.
Al di là di tutto quello so che Gesù mi sta vicino, qualunque cosa io debba affrontare. So di essere parte del piano che Dio ha predisposto per trasformare il mondo, e che attraverso la fede ho anch’io dei figli in tutta l’Etiopia. Capirete dunque che sto vivendo e che sto diffondendo la buona novella anche nella mia vita.
La vostra Bibbia non pronuncia il mio nome…ma questo perché io potrei essere chiunque. Potrei persino essere voi.
E la meraviglia di tutto questo è che il Signore ama ciascuno di noi per quanto possa essere solo, o per quanto invisibili noi ci sentiamo.
* L’eunuco etiope è a mio parere un personaggio affascinante non solo per ciò che egli è, ma anche per il modo attraverso il quale si presenta nelle Scritture.
Il battesimo dell’eunuco mostra l’universalità della parola di Dio: egli, prima di questo, era più emarginato di quanto avrebbe mai potuto essere. Allo stesso tempo, tuttavia, riceve un trattamento molto ristretto dalle Scritture.
Ho trovato davvero interessante il fatto che Pietro sia ricordato dalla teologia cristiana per aver battezzato i Gentili, qualche capitolo dopo, mentre Filippo non riceve alcun riconoscimento per aver battezzato quest’uomo.
Si tratta di un sermone che ho scritto in prima persona, perché immagino che quest’uomo, oggi, può trasmetterci un messaggio molto forte. Il passaggio di cui parlo è trattato dagli Atti 8:26-40.